UN ALTRO PALETTO “POLITICAMENTE CORRETTO” CONTRO I VAMPIRI

Come preannunciato dalla serie First Kill e dal film The Invitation, un’altra strage di vampiri in nome del politically correct si è realizzata con la serie tv Interview with the Vampire, appena uscita nelle prime due puntate. Solo che questa volta a farne le spese sono i gloriosi vampiri creati da Anne Rice, e celebrati dal film di Neil Jordan del 1994.
In virtù del nuovo corso “inclusivo” della serialità televisiva statunitense (e del cinema di Hollywood) cosa c’era di meglio di una trasformazione in afroamericano di Louis, il personaggio interpretato sul grande schermo da Brad Pitt? E cosa di meglio che inscenare sodomie virtuali, oltre che baci e morsi, tra i due protagonisti principali?

I due attori che incarnano Louis e Lestat sembrano usciti dalla serie tv a tema “vampiri gay” The Lair (2007–2009) o dal film Vampire Boys, che almeno avevano l’alibi dell’ingenuità e del basso budget. Non è per altro nuova la colorazione gay del vampirismo, del resto presente nel mito dei succhiasangue fin dall’Ottocento. Ora però si assiste a una banalizzazione senza precedenti, che rende palese quello che era insinuato o ambiguo. Si cerca il consenso di un settore specifico di pubblico, utilizzando spregiudicatamente vari luoghi comuni.
La bellezza formale di alcune scene (comunque ormai consueta nelle serie tv d’oltreoceano che possono disporre di finanziamenti adeguati) si scontra con l’inefficacia della sceneggiatura. Il primo episodio, della interminabile durata di un’ora e 11 minuti, è infarcito di sequenze inutili, per tratteggiare la vita privata di una famiglia di ricchi afroamericani nei primi anni del Novecento. Con un sol colpo si presume di attrarre il pubblico, appunto, afroamericano e Lgbtq.
Il pezzo forte della prima puntata dovrebbe essere l’iniziazione di Louis, con tanto di nudo integrale e simulazione di una sodomia in assenza di gravità: probabilmente si cercava un espediente “poetico” per unire omosessualità maschile e morsi vampirici, condito da musiche orchestrali da soap opera. Anche la scena iconoclasta in chiesa (chissà cosa ne avrebbe pensato la Rice, fanatica religiosa negli anni precedenti alla scomparsa) non decolla, a parte un divertente momento splatter.

Il mascellone biondo che interpreta Lestat (l’attore australiano Sam Reid) non si avvicina minimamente per perfidia e fattezze a Tom Cruise nel film di Jordan. Jacob Anderson nella parte di Louis, viceversa, si esibisce in una serie di smorfie ridicole durante la vampirizzazione come mai visto prima nemmeno nei film vampireschi in forma di commedia.
Aggiungiamo, infine, che il furore del politicamente corretto impone anche una Claudia, la bambina vampiro che resta tra le ideazioni immortali della Rice, a sua volta afroamericana (e non bambina, ma adolescente), come preannunciano i preview delle puntate successive. Se qualcuno avesse ancora dei dubbi, confermo: sì, questa è una stroncatura senza appello della prima puntata e delle anticipazioni del prosieguo di Interview with the Vampire versione tv. La follia del politicamente corretto ormai non ha più limiti e tenta di fagocitare ogni espressione della cultura e dell’immaginario, con risultati grotteschi.

Le smorfie di Louis vampirizzato
Lestat e Claudia nella serie tv Interview with the Vampire