LA VAMPIRA DI MARRAKESH

Questa è la storia di un bizzarro cortometraggio “di vampiri” e del suo ancor più bizzarro regista, entrambi poco noti anche agli appassionati del genere. Il cortometraggio si intitola Quest of the Perfect Woman: The Vampire of Marrakesh, diretto e interpretato da Tom Terriss nel 1934. Per capire quanto sia curioso l’autore di quel corto basti anticipare, come vedremo tra poco, che Terris ha conosciuto di persona Bram Stoker, ha intervistato Bela Lugosi, ha lanciato la “danza dei vampiri”, portandola a teatro e sullo schermo, e sosteneva di aver presenziato all’apertura della tomba di Tutankhamen.

Tom Terriss

Prima di arrivare a The Vampire of Marrakesh è quindi utile fare la conoscenza con Tom Terris, per decenni famosissimo soprattutto in America e oggi dimenticato.

La sua vita è quanto meno romanzesca. Nato a Londra nel 1872, era figlio di William Terriss, celebre attore scespiriano che ha fatto parte della compagnia di Henry Irving al londinese Lyceum Theatre. Sì, si tratta proprio della compagnia per la quale lavorava come manager Bram Stoker, l’autore di Dracula.

La sua fantasiosa biografia vuole che Tom da giovanissimo abbia studiato a Oxford, sia stato apprendista marinaio, allevatore di pecore in Australia, minatore nel Colorado, rimanendo intrappolato in una tormenta sulle Montagne Rocciose dove i riflessi della neve gli danneggiarono permanentemente la vista, e impiegato alla Borsa di Londra (così si legge, ad esempio, in John Parker, The New Dramatic List. Who’s Who in the Theatre, Small, Maynard and Company, Boston 1914). Seguendo le orme del padre, nel 1890 fa il suo esordio teatrale nella parte di Osric in Amleto, al Globe Theatre di Londra, poi per tre anni recita al Theatre Royal. Nel 1897, però, nella sua vita irrompe una tragedia: il padre è ucciso a coltellate da un pazzo, in un episodio che colpì molto l’opinione pubblica. Per decenni, dopo il delitto, si è vociferato che il fantasma di William Terriss apparisse nella stazione della metropolitana di Covent Garden e all’Adelphi Theatre.

L’amico di Bram Stoker

Il padre di Tom Terriss è un personaggio molto interessante. Dopo aver cercato fortuna alle isole Falkland come allevatore si era dedicato al teatro, diventando uno degli attori principali che lavoravano con Irving e di fatto il “numero due” del Lyceum. William Terriss era forse l’unico che si poteva permettere di dare consigli a Irving, uomo notoriamente dal carattere molto forte. Irving aveva tale stima di Terriss che gli consegnò un reperto storico in suo possesso, la spada impugnata dal grande attore inglese Edmund Kean nella messa in scena del Riccardo III nel 1814, a lui tramandata. Irving e Terriss insieme furono ricevuti dalla Regina. Una volta, Stoker chiese a Terriss di sostituire per il Re Lear il grande Irving in persona, a letto con l’influenza, ma William rifiutò quel compito troppo impegnativo. Terriss suscitò anche l’interesse della figlia di Karl Marx, Eleanor. Nei suoi articoli sul teatro per la rivista “Time” si leggono molte parole di apprezzamento di Eleanor Marx per Terriss (e si scopre anche un accenno a Bram Stoker, da lei definito “il principe dei manager teatrali”).

William Terriss dichiarava di possedere misteriosi poteri ipnotici che mise alla prova in presenza di Stoker, inscenando una fittizia seduta di ipnosi con la complicità della giovane attrice Jessie Millward, sua partner a teatro e nella vita privata.

Lasciato il Lyceum, Terriss divenne l’attore di punta dell’Adelphi Theatre di Covent Garden, continuando una prestigiosa carriera. Ed è proprio uscendo dall’Adelphi che troverà la morte, il 16 dicembre 1897: un uomo lo colpisce al cuore e alla schiena con un coltello da macellaio. A ucciderlo è un altro attore, Richard Archer Prince, convinto che Terriss ostacolasse la sua sfortunata attività sui palcoscenici. Prince aveva recitato in piccoli ruoli sulle scene britanniche, ma si trovava in miseria ed era noto nell’ambiente teatrale come “Mad Archer” per il suo comportamento folle, tra accessi di rabbia, dedizione all’alcol e dichiarazioni deliranti (sosteneva spesso di essere Gesù Cristo). È curioso che quel personaggio inquietante, ben conosciuto sicuramente da Stoker, si chiamasse Archer, cognome molto simile all’Harker protagonista del romanzo Dracula.

L’assassino fu catturato subito e sfuggì al linciaggio. Irving e Stoker si recarono a porgere personalmente le loro condoglianze sia alla vedova che all’amante del defunto, Jessie.

L’assassinio di William Terriss in un’illustrazione dell’epoca

Il delitto fece molto scalpore e il figlio della vittima, il nostro Tom Terriss (con il vero nome Thomas Lewin), sarà chiamato a testimoniare al processo. Per Archer si aprirono le porte del manicomio criminale, dove durante la detenzione allestiva spettacoli teatrali e musicali.

Della vicenda Stoker tornò a occuparsi un paio d’anni dopo, perché l’assassino inviò dal manicomio una lettera a Irving che secondo i giornali conteneva minacce di morte (giurava che, appena rilasciato, per prima cosa avrebbe ucciso Irving). Stoker precisò al quotidiano scozzese “The Dundee Courier” (6 aprile 1899), interessato alla vicenda perché l’assassino era nato proprio a Dundee, che la lettera era piena di accuse al mondo teatrale, senza però contenere minacce di morte nei confronti di Irving.

I nomi di William Terriss e Bram Stoker erano quindi strettamente legati, in quella fine del secolo. L’anno dopo la morte di Terriss, inoltre, una sua biografia fu pubblicata dallo stesso editore del Dracula di Stoker, Constable. I due erano considerati “amici”, ma le poche citazioni del nome di Terriss nei libri scritti da Stoker non sono tutte lusinghiere (sui rapporti tra i due, vedi tra l’altro David J. Skal, Something in the Blood, Liveright, New York 2016). Nella corrispondenza di Stoker conservata alla Brotherton Library dell’Università di Leeds ci sono lettere del 1893 dove Terriss lamenta di essere stato sottopagato per un tour in America, accusando poi Stoker di averne messo al corrente Irving. L’attrice Jessie Millward nelle sue memorie (Myself and Others, Hutchinson, London 1923) ricorda che proprio durante quel tour furono Terriss e Stoker a convincere la polizia di New York al rilascio di un membro della compagnia, arrestato per offese a pubblici ufficiali.

Il nesso tra Terriss e Stoker è stato anche preso a pretesto, nel 2004, per uno spettacolo dell’Equity Theatre di Tampa, in Florida: Sherlock and Shaw: The Adventure of the Missing Vampire Diaries di Aubrey Hampton. Nel testo teatrale si immagina che il corpo di Terriss fosse stato prosciugato dal sangue e che Bram Stoker avesse consegnato all’attore una copia del suo presunto manoscritto Vampire Diaries, sparito misteriosamente dopo il delitto.

La danza della vampira

Usufruendo dell’eredità ricevuta alla morte del padre, molto ricco grazie ai successi teatrali, Tom Terriss si dedica alla sua passione per i viaggi, scrivendo reportage, ma prosegue il lavoro di attore diventando noto per le messe in scena dei racconti e romanzi di Charles Dickens (era tra l’altro nipote del prestigioso storico George Grote che conosceva Dickens di persona), in particolare legandosi al personaggio di Ebenezer Scrooge dal racconto di fantasmi A Christmas Carol.

Nel 1909 Tom conosce una giovane ballerina e la sposa. Nata in America nel 1884, era stata una delle ragazze dei primi spettacoli di vaudeville Ziegfeld Follies. Per liberarsi del suo vero cognome, un troppo banale Smith, aveva scelto uno pseudonimo con almeno quattro varianti: Mildred De Vere, Devere, Deveres, Deverez.

Con quest’ultimo pseudonimo, Deverez, insieme al marito si appassiona a un tema molto in voga all’inizio del nuovo secolo: i vampiri, o meglio “la” vampira, intesa come donna fatale che porta alla distruzione il maschio, depredandolo di beni ed energia. Non tanto i vampiri soprannaturali del Dracula di Stoker, ma creature femminili portatrici di disastro che avevano ottenuto grande popolarità grazie a un quadro e a una poesia.

Il quadro era The Vampire di Philip Burne-Jones (figlio del più noto pittore preraffaellita Edward Burne-Jones) in mostra, proprio mentre usciva Dracula nelle librerie, durante la primavera 1897 alla New Gallery di Londra: una donna in sottoveste bianca, i lunghi capelli scuri sciolti, si erge predatrice su un uomo coricato, esanime (il dipinto è perduto, ma ne sopravvivono riproduzioni dell’epoca in bianco e nero). Nel catalogo della mostra era contenuta una poesia con lo stesso titolo del quadro, scritta dal cugino dell’artista, Rudyard Kipling: è il lamento misogino di un uomo che si sente devastato da una donna spietata. Quadro e poesia avevano poi dato origine nel 1906 a un testo teatrale di Porter Emerson Browne intitolato con le stesse parole con cui iniziava la poesia di Kipling, A Fool There Was, e dall’autore trasposto in forma di romanzo nel 1909. Browne immagina la storia che fa da premessa al quadro, narrando di un diplomatico portato alla rovina da una donna senza scrupoli (A Fool There Was, trasformato in film, nel 1915 lancerà la figura della “vamp” grazie all’interpretazione di Theda Bara).

Nel 1909 lo spettacolo teatrale di Browne ebbe il massimo successo e anche la “danza della vampira” era diventata popolare in quell’anno, grazie a un breve balletto ispirato al quadro di Burne-Jones, intitolato The Vampire e rappresentato nel luglio 1909 a New York da Alice Eis e Bert French (della “Vampire Dance” nell’immaginario durante il passaggio tra Ottocento e Novecento ci occuperemo specificamente in un successivo articolo).

Tom Terriss e Mildred Deverez decisero di replicare quel successo con un loro balletto per il vaudeville ispirato a sua volta alla figura della donna vampiro. Il 29 novembre 1909, così, si verifica a Londra una sfida tra due “danze di vampiri”. Quel giorno esordiscono contemporaneamente sulle scene londinesi la “Vampire Dance”di Eis e French, all’Hippodrome, e quella di Mildred Deverez e Tom Terriss al Tivoli.

Una pagina di “The Sketch” dedicato alla danza vampiresca di Terriss-Deverez

Il ballo di Deverez e Terriss può essere immaginato in base alle descrizioni della stampa di allora (ad esempio su “Auckland Star”, 5 febbraio 1910, e “Wairarapa Daily Times”, 4 maggio 1910). All’alzarsi del sipario si vede una donna (Deverez) appoggiata a una colonna, il corpo avvolto in un velo rosso semi-trasparente. Lentamente si toglie il velo, mentre una voce melodiosa declama la poesia di Rudyard Kipling. Tolto il velo si scopre una donna bellissima dai lunghi capelli rossi, in abito quattrocentesco. Inizia a danzare, sensuale, quando entra in scena un giovane pittore (Terriss) che si siede meditando su una sua opera. La vampira lo vede e corre silenziosa lungo il palcoscenico “come una pantera verso la sua vittima”. Il ballo tentatore affascina l’uomo che però tenta di distrarsi ricominciando a lavorare sui suoi schizzi. Lei lo attrae nuovamente a sé con i suoi poteri ipnotici e lui resiste, poi lentamente torna da lei. Con la sua danza che si fa più selvaggia lei lo soggioga, l’artista tenta di allontanarsi, ma poi bacia la donna sulle labbra e cade inerme ai pedi della vampira che lo morde alla gola. Il giovane rotola lungo una scala, morto. Lei ride e balla, in attesa di un’altra vittima. Il momento del morso fatale era illuminato da una luce verde, proprio come accadrà un ventennio dopo con le rappresentazioni teatrali di Dracula interpretate da Bela Lugosi.

Il duplice balletto sulle vampire di quel novembre 1909 fece scalpore e Mildred Deverez da allora continuò a proporre delle variazioni sulla sua “Vampire Dance” sia in America che in Europa, prima di ritirarsi dalle scene negli anni Venti. In The Poison Kiss, pantomima ambientata in una Venezia del Cinquecento e rappresentata nel 1911, la Deverez è Lucrezia, decisa a vendicare la morte della sorella, causata dallo spregiudicato Giovanni, mettendosi del veleno sulle labbra e scoccando un bacio micidiale. Un anno dopo la Deverez è ancora una femme fatale in The Love Dream, dove un ufficiale della marina è sedotto alle Hawaii dalle danze di una donna del luogo. Sta per rinunciare a tornare sulla sua nave, poi riesce a trovare la forza di liberarsi dall’incanto della donna. In questo caso, come in Madama Butterfly, è la donna a morire, piantandosi un coltello nel cuore.

Dopo aver lanciato la “danza della vampira” nelle sale britanniche, Tom Terriss decide di lasciare l’Inghilterra e porta in America e Canada i suoi spettacoli ispirati a Dickens. Con l’avvento del cinema si trasferisce a New York e diventa regista, dirigendo The Chimes (1914), ancora tratto da Dickens, e poi oltre 40 film d’avventura, romantici e drammatici (in alcune delle sue prime pellicole fece recitare anche la figlia di quattro anni Millie). Nel 1915 progetta una sua casa produttrice, due anni dopo ottiene la cittadinanza americana. Come attore appare tra l’altro accanto a Charles Chaplin in Sunnyside (Charlot in campagna, 1919). La “danza della vampira” rimarrà un dato caratterizzante dell’attività di Terriss, anche al cinema. Nel 1915, infatti, unisce l’esotismo al vampirismo femminile, dirigendo il film Flame of Passion, ambientato in Giamaica: una donna fatale del luogo porta al disastro un ricco americano. Una foto superstite del film evoca chiaramente il quadro di Burne-Jones all’origine della “Vampire Dance”. Nella parte della vampira, tra l’altro, Terriss fa recitare sua sorella Ellaline, come lui famosa attrice di teatro e moglie di Seymour Hicks, autore teatrale e produttore.

Ellaline Terriss in Flame of Passion (1915)

Tom Terriss e Tutankhamen

Nel novembre 1922, secondo le sue dichiarazioni, Terriss vive un’esperienza eccezionale: assiste all’apertura della tomba di Tutankhamen con la squadra di Lord Carnarvon. Terriss era in Egitto in quei giorni, impegnato a preparare il film di produzione britannica Fires of Fate (uscirà nel 1923 e un anno dopo negli USA con il titolo The Desert Sheik), tratto dal romanzo di Arthur Conan Doyle La tragedia del Korosko (The Tragedy of the Korosko, 1898) che racconta le vicissitudini di alcuni turisti in viaggio sul Nilo presi prigionieri dai dervisci. Terriss ha sostenuto in differenti circostanze di essere stato invitato a quell’evento straordinario oppure di essersi “infiltrato” spacciandosi per giornalista (espediente strano, dato che c’era una rigida esclusiva a “The Times”), unendosi alle 15 persone, o 24 secondo alcune fonti, che presenziarono all’apertura della tomba (molti dettagli su Terriss e Tutankhamen si trovano in Matthew Coniam, Egyptomania Goes to the Movies, McFarland & Company, Jefferson 2017).

In un’intervista rilasciata alla regina del gossip cinematografico Louella Parsons (“Morning Telegraph”, 23 settembre 1923), Terriss raccontava le sue sensazioni: “Lo scavo della tomba è stata l’esperienza più emozionante che io abbia mai avuto. Il battere dei martelli sulle mura era una sorta di rumore soprannaturale che risuonava con forza nella silenziosa stanza dove non si diceva una parola. Eravamo in una grande camera che portava proprio al luogo di sepoltura di Re Tutankhamen. Ci aspettavamo di trovare un’altra stanza enorme. Al contrario il sarcofago era appoggiato in verticale al muro. Il freddo getto d’aria che seguì l’apertura del muro è stata l’esperienza più strana che io abbia mai vissuto. Era esattamente come se qualcuno ci avesse colpito la spina dorsale con un getto di acqua gelata”.

Non c’è nessuna conferma che il racconto sia vero, ma Terriss ha continuato a ripeterlo (fornendo varie versioni dell’episodio) per tutta la vita. Mancano riscontri, nessuno dei testimoni di quel giorno ha mai fatto il suo nome né esiste documentazione a riguardo. In un’occasione Terriss lasciò intendere che girò delle immagini dell’apertura della tomba, ma non ne esiste traccia.

Ovviamente anche Terriss doveva fare i conti con la cosiddetta “maledizione di Tutankhamen”. Si disse che era uno dei pochi sopravvissuti alla maledizione e lui stesso alludeva a una grave malattia che avrebbe contratto subito dopo aver partecipato all’apertura della tomba del re egizio. Sui giornali si arrivò a scrivere che Terriss era uno dei soli quattro superstiti, sfuggiti alla vendetta del faraone. Per sfruttare queste voci, nel 1934 Terriss tentò, senza esito, di realizzare un film sulla maledizione di Tutankhamen.

L’albo a fumetti Famous Funnies (1953) ricostruisce la storia di Terriss e Tutankhamen

La fatale marocchina

Arriviamo infine al cortometraggio The Vampire of Marrakesh che discende direttamente dall’attrazione per l’orientalismo e l’esotico maturata da Tom Terriss con l’esperienza egiziana. La vera popolarità Terriss la ottiene all’inizio degli anni Trenta, quando si specializza in “travelogue”, diari di viaggio filmati e conditi di fiction, girati con la sua troupe dotata di cinepresa e microfoni per immortalare le voci del nativi e le loro musiche. Dal 1927 aveva raccontato i suoi viaggi in giro per il mondo alla stazione radio KFI di Los Angeles e due anni dopo porta sugli schermi la stessa idea di fondo. Terriss da attore e regista del cinema muto si trasforma in esploratore, realizzando un’infinita serie di corti della durata di circa 10 minuti (una bobina), caratterizzati da una miscela di avventura esotica, commedia e accenni di nudo.

Noti come Vagabond Adventures, i filmati erano inizialmente prodotti e distribuiti con il sostegno della Pathé, e poi RKO, da Alfred T. Mannon e Amedee Van Beuren, pionieristico produttore di film, cortometraggi e cartoni animati (vedi Hal Erickson, A Van Beuren Production, McFarland & Company, Jefferson 2020). La formula era semplice: riprese di luoghi insoliti, inserti drammatizzati, una voce fuori campo. A volte Terriss appariva di persona, più spesso era la voce narrante. I corti uscivano ogni due settimane e in seguito una volta al mese. Alcune scene di pura fiction erano girate in California con attori professionisti da Elmer Clifton, già assistente alla regia di D.W. Griffith e caduto in disgrazia nel 1923 quando un’attrice era morta bruciata sul set di un suo film.

Nei cortometraggi di Terriss sono ricorrenti i riferimenti a leggende macabre, come in Glacier’s Secret (1931), dove si racconta di una donna rimasta intatta nel ghiaccio per quarant’anni, e nell’analogo The Frozen Bride (1946) imperniato su una leggenda svizzera relativa a una donna conservata perfettamente dai ghiacci per mezzo secolo. Gli intrecci tra i documentari di Terriss e l’immaginario nero non finiscono qui. A lui si deve un corto con la sua voce narrante girato per la RKO-Pathé, The Song of the Voodoo (1931), dove si assiste a una cerimonia voodoo nell’isola di Haiti. Secondo gli studiosi di cinema fantastico sarebbe il primo film in assoluto a occuparsi di voodoo, dato che anticipa White Zombie, la pellicola con Bela Lugosi uscita nel 1932. E a proposito dell’attore ungherese, Terriss nel 1931 ha intervistato Lugosi per il cinegiornale “Voice of Hollywood”, chiedendogli quale effetto abbia avuto su di lui recitare il ruolo di Dracula (l’attore rispose che lo considerava una sfida e si diceva molto lieto che si fosse conclusa, evidentemente ancora ignaro del suo imminente destino di identificazione totale con il personaggio). Durante il periodo d’oro della sua notorietà come “regista vagabondo”, Terriss progetta una serie di 13 cortometraggi, lo stesso numero di tante odierne serie tv, con il titolo Quest of the Perfect Woman (Alla ricerca della donna perfetta). Agli inizi del 1934 annunciava il completamento di due episodi, The Vampire of Marrakesh e The Veiled Dancer of El Oued. Del terzo episodio, North of Sahara, non si hanno notizie a parte che era ambientato in Etiopia e di certo la serie non ha poi avuto seguito. I primi due episodi sono tuttora disponibili e The Vampire of Marrakesh è apparso nel 2002 come extra nel DVD del film Doctor Gore della Something Weird.

I titoli di testa di The Vampire of Marrakesh indicavano come produzione la Hammer Pictures Inc. Forse siamo di fronte al primo film di vampiri della famosa casa produttrice britannica che realizzerà molti anni dopo Dracula il vampiro (Dracula, 1958) e una serie di indimenticabili pellicole gotiche? Pare proprio di no: il produttore Arthur Hammer, che si occupava dei cortometraggi avventurosi di Quest of the Perfect Woman, non ha nulla a che fare con l’azienda cinematografica che nasceva in Inghilterra nello stesso periodo. Non si tratta nemmeno di una versione ridotta del già citato Flame of Passion, come sostengono alcuni, dato che contiene sì temi simili, ma si svolge in tutt’altra ambientazione.

Una scritta in apertura di The Vampire of Marrakesh spiega: “Esiste la donna perfetta? Forse una tale rarità la si può trovare non dove la civilizzazione ha creato valori artificiali, ma nei paesi più primitivi dove la semplicità e la natura dominano supreme?”.

Tom Terriss e il suo amico Jimmy nella loro ricerca della donna perfetta si recano a Marrakesch, definita “barbaric city”. Dopo qualche ripresa di panorami marocchini, il giorno successivo all’arrivo Tom si presenta dall’amico con il viso stanco e racconta l’esperienza appena vissuta con quella che descrive come “la creatura del male”, una “vampira”.

Rielaborazione video della scena cruciale di The Vampire of Marrakesh

Un flashback mostra la sua avventura. Per introdursi in un edificio principesco, convinto che nasconda un harem, Tom entra di nascosto nel giardino del palazzo, dove una donna dai lunghi capelli scuri prende il sole nuda accanto a una piscina (il nome dell’attrice è ignoto). Lei lo vede: “I suoi occhi mi tentavano, invitandomi a seguirla”. Tom nel palazzo trova altre donne in succinti abiti orientali che lo osservano senza parlare. In un cortile, la donna che lo aveva attratto è adagiata su un divano e assiste a uno spettacolo di musica e danze. Tom si inginocchia e bacia la mano della donna (“I suoi occhi erano come fuoco opalescente”), che ha i seni scoperti e gli porge un bicchiere. “Dopo che ho bevuto la sua voce è diventata come il distante tintinnio di una campana d’argento”. Tom si risveglia in un’altra stanza e mentre riprende conoscenza la donna si avvicina a lui danzando, le gambe avvolte in un velo trasparente e i seni nudi coperti solo dai capelli corvini: “Ho capito dagli occhi e dai denti aguzzi tra le rosse labbra che ero alla mercé di una vampira”. La donna si china su di lui, coricato, in una sorta di rielaborazione del dipinto di Burne-Jones. Il flashback finisce e Tom racconta di essersi risvegliato in mezzo a una strada.

Una donna araba che porta sventura ritorna nel successivo episodio, The Veiled Dancer of El Oued, dove Terriss accresce lo stile “realistico”, da documentario: Tom e Jimmy parlano agli operatori, seguiti dalle cineprese della troupe. Il corto ripropone una femmina pericolosa, capace di affascinare gli occidentali e portare loro disgrazia, per quanto senza accenni al vampirismo. Tom Terriss e il suo amico Jimmy sono in Algeria. Tom è attratto da una seducente algerina che danza in strada a seno nudo. La fanciulla, però, si rivela anche in questo caso insidiosa, perché indica agli abitanti del luogo la troupe cinematografica così che possano rapinarla. Dopo l’aggressione, Tom e Jimmy finiscono in ospedale, accuditi da una bella infermiera (per altro molto simile alla ballerina di strada) che potrebbe forse essere la vera “donna perfetta”, finalmente individuata.

Concluso l’esperimento precocemente interrotto di Quest of the Perfect Woman, Tom Terriss continuerà la saga delle Vagabond Adventures con altre produzioni, fino alla metà degli anni Quaranta, portando il suo format anche alla radio della NBC e facendo apparizioni sul piccolo schermo all’alba della televisione. I suoi cortometraggi documentaristici in terre esotiche gli avevano portato la celebrità, quasi un anticipatore di odierni programmi come l’italiano Freedom. E si rese talmente noto al pubblico angloamericano appassionato di viaggi e avventure da diventare protagonista dei fumetti, fino agli inizi degli anni Cinquanta, con gli albi Tom Terriss the Vagabond Adventurer, nella collana Famous Funnies: in un episodio (n. 206, 1953) si ricostruisce la sua ipotetica partecipazione all’apertura della tomba di Tutankhamen e la relativa maledizione.

Tom Terriss è morto ultranovantenne nel 1964. Un mese prima era morta sua moglie Mildred, la vampira della danza.