ALLE FONTI DEL VAMPIRO MODERNO / 7

La Vampira di Kipling invade il cinema

Quando nel 1897 Rudyard Kipling scrisse la poesia The Vampire per il quadro di Philip Burne-Jones, il cinema era ancora ai suoi primi passi. Nel giro di pochi anni, però, le produzioni cinematografiche e le sale per proiezioni erano aumentate: era inevitabile che l’ondata di interesse per la figura vampirica proposta da Kipling si presentasse anche sugli schermi.

Come abbiamo visto in un articolo precedente, l’unione tra vampiro leggendario e donna fatale ha una prima espressione al cinema nel 1905, grazie al corto Loie Fuller, prodotto dalla Pathé Frères.

Loie Fuller, della durata di un minuto e mezzo, colorizzato a mano, si avvia con le immagini di un pipistrello che vola su una terrazza e che un semplice effetto di montaggio fa tramutare in una donna dall’ampio abito. Alzando le braccia, la donna rende il costume simile ad ali di pipistrello e inizia una danza facendo vorticare il vestito, che cambia continuamente colore, nella tipica modalità delle rappresentazioni di Loïe Fuller. Dopo essersi completamente avvolta nell’abito, la donna scompare in una dissolvenza.

Il cortometraggio Loie Fuller (1905)

Non è certo che nel filmato sia ripresa proprio la Fuller o un’altra ballerina che esegue le sue tipiche danze, né c’è conferma che il regista fosse Segundo de Chomón, il cineasta spagnolo grande esperto di colorizzazione delle pellicole e di trucchi visivi. Secondo gli storici del cinema Loie Fuller si contende il ruolo di primo film sui vampiri con Le manoir du diable (1896) di Georges Méliès. Di certo entrambi condividono le immagini della trasformazione di un pipistrello in un essere umano, ma il corto di Méliès è incentrato su un tipico diavolo dal berretto piumato, non su un vampiro, per quanto arretri alla vista di una croce come i suoi colleghi succhiasangue.

Gary D. Rhodes (Vampires in Silent Cinema, Edinburgh University Press, Edinburgh 2024) assegna il primato a Loie Fuller, mentre David Annwn Jones (Vampires on the Silent Screen. Cinema’s First Age of Vampires 1897-1922, Palgrave Macmillan, London 2023) gli ha contestato che la caratteristica necessaria per definire un “vampiro” è il consumo di sangue, del tutto assente nel corto del 1905.

Loie Fuller si collega comunque a un immaginario che fonde il vampiro soprannaturale e la donna, sicuramente influenzato dalla Vampira sorta dalla duplice opera di Burne-Jones e Kipling che, come abbiamo visto, avrà di lì a poco un’affermazione decisiva proprio nella danza. A essere evocato dal corto Loie Fuller non è tanto il “vampirismo” (inteso come atto di succhiare il sangue da parte di un nonmorto), quanto un generico “vampiro” (figura soprannaturale e minacciosa) associato al pipistrello. La parentela tra vampiro e pipistrello era già ben radicata all’inizio del Novecento, grazie soprattutto alle arti grafiche che, ad esempio nelle illustrazioni di satira politica, mostravano da decenni il pipistrello come animale feroce e spesso gigantesco impegnato ad attaccare il collo di esseri umani per suggerne il sangue. Nel cinema, l’associazione tra pipistrello e vampiro in quello stesso 1905 era evidenziato dalle donne con ali da chirottero nel corto L’antre infernal di Gaston Velle.

La trasformazione da pipistrello a diavolo in Le manoir du diable (1896)

The Vampire (1910)

Loie Fuller non faceva alcun riferimento diretto alla figura della Vampira popolarizzata dalla poesia omonima di Rudyard Kipling. Ma dopo pochi anni, nel 1910, la Vampira di Kipling e Burne-Jones arriva sugli schermi del cinema in modo chiaro e diretto, in particolare dopo il successo a teatro di A Fool There Was e della “Vampire Dance”. Il produttore William Nicholas Selig si inserisce nella nuova moda vampiresca e a novembre 1910 porta nelle sale The Vampire, esplicitamente ispirato alla poesia di Kipling. “The Film Index” (29 ottobre 1910) rende più che evidente l’omaggio a Kipling e Burne-Jones illustrando una segnalazione del film con il celebre quadro e aggiungendo ampie citazioni dalla poesia.

Recensione per il film The Vampire su “The Film Index” (29 ottobre 1910)

Il regista di The Vampire è ignoto, mentre la direzione della fotografia era attribuita a William C. Foster. Secondo un commento dell’epoca (“Moving Picture World”, 26 novembre 1910) il film poteva essere capito solo da chi conosceva il quadro di Burne-Jones e la poesia di Kipling, mentre “non è abbastanza chiaro per lo spettatore medio”.

Guy Temple (Charles Clary) si sposa con Emily, ma dopo il matrimonio è attratto dalle arti seduttive di Loie (Margarita Fischer): per lei si rovina e le regala gioielli. John Temple, fratello di Guy, ricorda grazie a un sogno di aver già visto la perfida Loie: aveva distrutto la vita del padre di Emily, portandolo alla morte. John cerca invano di convincere Guy a lasciare la Vampira e le offre del denaro per abbandonare l’America. Tutto è inutile e Guy precipita nell’abisso della distruzione, mentre la Vampira festeggia sul suo corpo inanimato.

Pubblicità per The Vampire (1910) e un fotogramma dalla scena finale

The Vampire è un film perduto, ma nel febbraio 2013 il blogger doctor kiss annunciava su tapatalk.com di averne scoperto un brevissimo frammento, trovandolo in una scatola di vecchie pellicole di un disegnatore tedesco. È la scena finale, con la Vampira che incombe sul corpo della sua vittima. Il ritrovamento è importante perché permette di visualizzare il riferimento del film alle scenografie delle “danze della vampira” diventate popolari dal 1909, caratterizzate proprio da una scala ai cui piedi soccombe l’uomo vampirizzato.

L’onda lunga dei versi di Kipling sulla Vampira si riverbera anche in un film distribuito nell’ottobre 1911, A Woman’s Slave, probabilmente girato in Francia, dato che è una produzione Urban-Eclipse: il produttore angloamericano Charles Urban, infatti, era legato alla società parigina Eclipse, capace di realizzare 150 film all’anno. Il debito nei confronti di Kipling era dichiarato da “Moving Picture World” (11 novembre 1911): “Forse questo film può essere considerato una corretta rappresentazione della famosa poesia di Kipling, The Vampire. La donna è mostrata come un essere senza cuore che induce l’uomo al furto per ottenere gioielli con cui ornarsi. Lui si salva dalle sue grinfie grazie al costante amore della madre e alla benevolenza di un gioielliere. C’è qualcosa di sconvolgente nel freddo egoismo e nella crudeltà della donna”.

Alice Hollister

Alice Hollister, la prima diva vamp(ira)

Ormai il termine “Vampire”, applicato alla donna fatale, era garanzia di successo e nel 1913 si mise in cantiere un’altra pellicola con lo stesso titolo del film realizzato tre anni prima dalla Selig, The Vampire, prodotta dalla Kalem per la regia di Robert G. Vignola e di cui abbiamo parlato in un articolo precedente perché conteneva la celebre Vampire Dance del duo Eis-French. Il film lanciava anche la prima diva vamp(ira), Alice Hollister nel ruolo della donna che porta alla perdizione, cui si aggiungeva Alice Eis come “vera” vampira che uccide l’uomo dopo un ballo seduttivo.

Vista la buona accoglienza del loro The Vampire, la Kalem tornò a occuparsi di una Vampira con il corto di 26 minuti The Vampire’s Trail (1914), diretto ancora da Vignola in collaborazione con T. Hayes Hunter e di nuovo con Alice Hollister nel ruolo della donna fatale (alcune filmografie sui vampiri riportano un cortometraggio dallo stesso titolo datato 1910, ma non risulta alcuna informazione sulla sua esistenza).

Il giornalista americano dedito ai gossip John Dugan (Robert Walker) e una cantante spregiudicata, Rita Caselli (Alice Hollister), si alleano per compromettere un ricco uomo sposato, Horace Payne (Tom Moore). Rita fa amicizia con l’uomo e riesce a farsi invitare a casa sua, dove conosce la moglie Laura (Alice Joyce) e il loro figlio neonato. Il bambino si ammala di difterite e Rita deve restare in quarantena nella casa, tentando ancora di sedurre Horace. Laura scopre la tresca, il marito chiede perdono e Rita si pente.

La Vampira è qui sottoposta a un processo di “normalizzazione”, perché non trionfa come nella tradizione teatrale ispirata alla poesia di Kipling, ma viceversa giunge al pentimento in un classico happy end. Il nome italiano dato al personaggio della Vampira segnala inoltre che era arrivata oltreoceano l’influenza del sorgente fenomeno tricolore delle Dive, spesso simili alle donne fatali di Hollywood (della fugace presenza di Vampire nel cinema muto italiano tratteremo in un prossimo articolo).

Pubblicità per The Vampire’s Trail (1914)

Dopo il successivo boom delle Vamp/ire grazie a Theda Bara, la Kalem riproporrà ancora Alice Hollister in un ruolo vampiresco per The Lotus Woman, nel 1916, presentando l’attrice come “the original screen vampire”. Scriverà “The Moving Picture World” (24 giugno 1916): “Quando uno storico del cinema arriverà al capitolo dedicato alla mania per le vampire, dovrà assegnare una menzione speciale a Alice Hollister, in quanto ‘vampira originaria del cinema’. La star della Kalem sarà ricordata come ‘la’ vampira del cinema prima che quel tipo di personaggio diventasse una fonte comune di ispirazione per scrittori e produttori di film”. Sempre nel 1916 la casa produttrice Kalem prenderà in giro se stessa con una parodia della Vampira, An Innocent Vampire, un corto comico dell’allora famosa “Sis Hopkins” interpretata da Rose Melville: per una serie di equivoci, Sis appare a tutti come una cacciatrice di uomini che sottrae alle rispettive mogli e fidanzate, ma alla fine si scopre la sua buona fede.

Rose Melville in An Innocent Vampire (1916)

La Vampira attraversa l’Europa

Il personaggio della Vampira kiplinghiana e delle danze relative doveva presto varcare l’oceano e riverberarsi nel cinema europeo. Nell’ottobre 1911 una Vampira compare in Germania nel cortometraggio (218 metri) dal titolo Der Vampyr, grazie al produttore tedesco Oskar Messter. Distribuito in America nel gennaio 1912, per l’ennesima volta con il titolo The Vampire, il corto è così sintetizzato da “Moving Picture World” (20 gennaio 1912): “Un giovane milionario dopo l’incontro con una donna vampira sogna che lei entri nel suo appartamento e disprezzi i doni che le getta ai piedi. Il giovane si contorce per la sofferenza, fino a che cade sul pavimento e si sveglia rendendosi conto che è stato tutto un sogno. Allora si toglie dalla mente l’immagine di lei e torna a essere un uomo assennato”.

Qualche anno dopo Messter riproporrà il tema producendo il corto di 36 minuti Vampirette (1916), dove la perfida pianista Adele (Wanda Treumann) tenta il suicidio sdraiandosi sui binari del treno, ma è salvata dalla giovane Hertha (Claire Praetz): come ricompensa per il suo gesto generoso, Adele le seduce il marito (Viggo Larsen) e Hertha si uccide coricandosi a sua volta sui binari.

Clara Wieth in Vampyrdanserinden (1912)

Messter era un produttore che tentava di competere con le potenti ditte cinematografiche scandinave, a loro volta dedite a sfruttare l’interesse per le donne fatali vampiresche. Nel 1912 esce il film danese Vampyrdanserinden (Ballerina vampira), della casa produttrice Nordisk e con regia di August Blom, distribuito un anno dopo per il pubblico anglofono come Vampire Dancer – A Tragedy of the Stage. È uno dei pochi film della saga sulla Vampira di inizi secolo che non è perduto.

Silvia Lafont (Clara Wieth, vero cognome Pontoppidan) è una ballerina famosa per la sua “Danza della vampira”. Il suo nuovo compagno di ballo, Oscar Borch (Robert Dinesen), si innamora di lei, ma la giovane è fidanzata e lo respinge. Disperato per il rifiuto, Oscar si avvelena e muore mentre balla la “Danza della vampira” con Silvia.

Clara Wieth e Robert Dinesen in Vampyrdanserinden

Vampyrdanserinden fece scalpore soprattutto per la danza vampiresca, a conferma della popolarità di quel ballo in tutta Europa e non solo in America. Ed è importante notare che la raffigurazione cinematografica di quella danza, con la Vampira che strangola e poi morde la sua vittima, precede di un anno il film americano The Vampire della Kalem dove si reclutarono Eis e French per lo stesso ballo.

Va ricordato che la Danimarca aveva già proposto il tema della donna fatale nel 1910, con Afgrunden (L’abisso) dove Asta Nielsen si esibiva in una Apache dance (che il quotidiano “Nationaltidende” del 13 settembre 1910 definiva esplicitamente “vampyrdans”) e poi uccideva il suo compagno. Non a caso, Georges Sadoul si è spinto ad affermare che “la vamp è una creazione danese” (Histoire générale du cinéma, Tome III, primo volume, Denoël, Paris 1946).

Le suggestioni di Vampyrdanserinden sono state ribadite in anni recenti dallo scrittore svizzero di lingua tedesca Christian Kracht nel suo romanzo Die Toten (2016; trad. it. I morti, La nave di Teseo, Milano 2021). Il protagonista del libro, Nägeli, negli anni Trenta si reca alla sede della Nordisk per farsi mostrare il film Vampyrdanserinden, ma la pellicola durante la proiezione prende fuoco e si deve ricorrere a un estintore: “Nägeli ne rimase incantato, restò seduto profondamente toccato nell’animo dall’ipnotico caleidoscopio magenta, verde, blu, giallo, turchese sullo schermo davanti a lui, prodotto dal fascio di luce del proiettore che trapassava la schiuma antincendi”.

Il morso della vampira in Vampyrdanserinden

Anche la cinematografia rivale della Danimarca, quella svedese, mette in cantiere un film melodrammatico sulla Vampira. Nel febbraio 1913 esce in Svezia il film di 43 minuti Vampyren, noto anche con il sottotitolo En kvinnas slav (Lo schiavo di una donna), scritto e diretto da Mauritz Stiller, uno dei più prestigiosi registi svedesi. L’interprete principale era Victor Sjöström, in procinto di passare dietro la macchina da presa per diventare celebre con film come Körkarlen (Il carretto fantasma, 1921). L’attrice che interpretava la Vampira tentatrice di turno era la danese Lili Bech che un anno dopo si sposerà con Sjöström.

Il tenente Roberts (Victor Sjöström) si invaghisce di Theresa (Lili Bech), un’avventuriera senza scrupoli che lo deruba e lo costringe a falsificare una cambiale. Scoperto, Roberts è costretto a fuggire dalla polizia e lo scandalo fa morire di crepacuore sua madre (Anna Norrie). Roberts anni dopo trova impiego come lavorante in un teatro americano di varietà, dove si esibisce proprio Theresa. Respinto dalla donna, Roberts tenta di ucciderla. Quando Roberts cade rovinosamente durante il suo lavoro, Theresa lo soccorre e si pente.

Il pubblico parve gradire il film, affollando le sale, poi intervenne la censura per le implicazioni sessuali di alcune scene. I critici, da parte loro, dedicarono scarsa attenzione a Vampyren, pur lodando gli interpreti e in particolare Lili Bech. Vampyren è oggi un film perduto, ma nel 1980 sono riemersi 8 secondi di pellicola, il primo piano di un bacio tra Sjöström e la Bech.

Lili Bech e Victor Sjöström in Vampyren (1913)

Hiawatha, la danza della Vampira

Nel 1913 ancora la Germania offriva un riferimento alla “danza della vampira” con un film in due bobine della casa produttrice Colonia, Hiawatha, uscito in contemporanea con Der Student von Prag (Lo studente di Praga), il grande classico del cinema tedesco nato dalla collaborazione tra Hanns Heinz Ewers, Stellan Rye e Paul Wegener.

A interpretare Hiawatha erano Joe Biller e Hild Hadges, una coppia di ballerini piuttosto nota sulla scena europea per la “danza della vampira”: nel dicembre 1913, ad esempio, portano la loro  “vámpírtánc” a Budapest e nell’aprile 1915 saranno in Italia con le loro “danze acrobatiche” al teatro Fenice di Trieste. Si leggeva su “Il Piccolo”(22 aprile 1915): “Hild Hadges e Joe Biller, i bravissimi danzatori americani, ottennero anche ieri vivo successo e furono alla fine della suggestiva ‘Danza del Vampiro’ chiamati ripetutamente alla ribalta. Spettacolo davvero magnifico”. Il legame di Biller con l’Italia doveva durare a lungo, se nel novembre 1933 si esibiva ancora in un “trio di danze” al Rossini di Venezia.

Recensendo il film Hiawatha, il quotidiano “Metzer Zeitung” (7 marzo 1914) affermava che “lo stesso imperatore Francesco Giuseppe I e l’erede al trono l’arciduca Francesco Ferdinando d’Este hanno ammirato l’arte della coppia Joe Biller e Hild Hadges”. Secondo quanto si desume dalla stampa dell’epoca, il film presentava una Vampire dance dove la donna, per gelosia, durante il ballo bacia violentemente il partner e poi lo morde al collo, uccidendolo. Hiawatha fu vietato ai minori dalla polizia di Monaco e Berlino e poi censurato.

Pubblicità da “Lichtbild-Bühne” n. 33,1913

Il primo a segnalare Hiawatha come film di vampiri è probabilmente Denis Gifford nel suo Movie Monsters (Studio Vista, London 1969), ma non è stato preso in considerazione negli studi sul genere, anche a causa di un fraintendimento: il caso volle che nello stesso anno uscisse in America un film dall’identico titolo Hiawatha, ispirato a un noto poema di Henry Wadsworth Longfellow e incentrato sui nativi americani. Si è così creato un equivoco, testimoniato da innumerevoli filmografie, che ha “fuso” i due film e i loro interpreti a detrimento della pellicola tedesca. Il film americano diretto da Edgar Lewis, infatti, è rimasto celebre per essere il primo interpretato da veri nativi, oscurando così involontariamente l’esistenza dell’omonimo tedesco dal ben diverso contenuto.

Nel settembre 1913 anche in Gran Bretagna appare una Vampira cinematografica, nel cortometraggio della Searchlight Films dal solito titolo The Vampire, perduto e di cui si sa pochissimo. Ambientato in India, vedeva un esploratore uccidere la donna che aveva portato alla morte un suo amico, poi la femme fatale resuscitava, si trasformava in serpente ed eliminava anche l’esploratore. Il film ottenne persino un remake con Heba, the Snake Woman (1915), a sua volta perduto, imperniato su una principessa azteca con le stesse attitudini alla trasformazione in serpente. L’argomento era stato peraltro già affrontato nel 1912 nel film americano di 52 minuti The Reincarnation of Karma, diretto da Van Dyke Brooke, con la donna fatale interpretata da Rosemary Theby che sarà poi la fata Morgana in A Connecticut Yankee in King Arthur’s Court (1921).

Il sacerdote indiano Karma (Courtenay Foote) resiste alle tentazioni sessuali messe in atto dall’incantatrice Quinetrea (Rosemary Theby), capace di trasformarsi in serpente. Secoli dopo Quinetrea riappare al giovane Leslie, che è la reincarnazione di Karma, e fa cadere in coma la sua fidanzata (Lillian Walker).

The Reincarnation of Karma (1912)

Altre Vampire kiplinghiane

Se gli scandinavi Vampyrdanserinden e Vampyren, l’inglese The Vampire e i tedeschi Der Vampyr e Hiawatha non dichiaravano il loro debito nei confronti di Kipling, in America il riferimento alla fonte letteraria era ancora efficace. Nel 1913, la Vitagraph produce The Vampire of the Desert (1913), cortometraggio in due bobine diretto da Charles L. Gaskill che la pubblicità definiva come “adattamento della ben nota poesia di Kipling” (“Moving Picture World”, 10 maggio 1913). La “vampira del deserto” aggiungeva ulteriori capacità sovversive alla figura della donna fatale: la distruzione della famiglia tradizionale da parte della Vampira comportava in questo caso la seduzione di padre e figlio.

The Vampire of the Desert è perduto, ma può essere dettagliatamente immaginato grazie a una novelization di Norman Bruce, basata su una copia del film inviata dai produttori e apparsa sulla rivista “Motion Picture Story” (giugno 1913).

La fascinosa Lispeth (Helen Gardner) vive in una capanna nel deserto con un uomo che la ama follemente, Ishmael (Harry T. Morey), e con la vecchia madre di lui, Hagar (Flora Finch). Il ricco banchiere William Corday (Tefft Johnson), in viaggio con la moglie (Leah Baird) e il giovane figlio Derrick (James Morrison) accompagnato dalla fidanzata Ethel (Norma Talmadge), si imbatte nella capanna durante una gita. William subisce subito il fascino di Lispeth che ne approfitta per unirsi al gruppo di turisti e sfuggire alla sua insoddisfacente vita nel deserto. Il banchiere è deciso a lasciare la sua famiglia per amore di Lispeth, ma il figlio scopre i suoi piani. Lispeth seduce anche il giovane Derrick e scatena la rivalità tra padre e figlio. Quando la situazione sta per precipitare, ecco apparire Ishmael che riporta di forza Lispeth nel deserto e la uccide.

La novelization di The Vampire of the Desert su “Motion Picture Story” (giugno 1913)

Poco prima di The Vampire of the Desert era uscito in America un altro film, Red and White Roses, che prendeva ispirazione non tanto da Kipling, ma dal testo teatrale e dal romanzo A Fool There Was di Porter Emerson Browne, associando come in quei due antecedenti la Vampira alle rose (ovviamente rosse, mentre quelle bianche sono riservate alle “donne per bene”). La trama era molto simile alle due opere di Browne e se in A Fool There Was il protagonista maschile era impegnato in importanti attività diplomatiche per il governo, qui c’è un politico in carriera, Morgan Andrews (William Humphrey), che si fa sedurre e portare alla distruzione da una donna.

Il personaggio della storia di Browne era felicemente sposato, così come Andrews ha una fidanzata di buona famiglia, Beth (Leah Baird), che lo adora. A sovvertire la situazione interviene l’attrice Lida de Jeanne (Julia Swayne Gordon, già Lady Godiva in un corto del 1911), capace di far perdere la testa a Andrews. In questo caso, però, la Vampira agisce in nome di un vero e proprio complotto politico, manovrata dal fratello che è un avversario di Andrews. La relazione tra Andrews e Lida finisce sui giornali e l’uomo perde le elezioni. Dopo lo scandalo, Andrews teme che la fidanzata lo lasci, rovinando anche la sua vita privata: quando vede Beth priva di sensi, ma in realtà solo addormentata, è sconvolto e il giorno dopo viene trovato morto.

Red and White Roses (1913)

Parodie di Vampire

La Vampira kiplighiana era ormai tanto famosa che poteva diventare oggetto di parodia, come dimostrano tre cortometraggi comici del 1914. A marzo esce A False Beauty, in una bobina, prodotto dalla Keystone di Mack Sennett, il “re della commedia” che era in procinto di lanciare il successo di Charlie Chaplin. Il film, diretto e interpretato da Ford Sterling, mette in ridicolo la donna fatale e sarà riproposto nelle sale nel 1918 con il più esplicito titolo A Faded Vampire. Una copia è conservata alla Library of Congress.

Un uomo (Ford Sterling) spasima per una fanciulla dai molti corteggiatori (Alice Davenport) e la copre di doni. Quando, spiandola dalla finestra, scopre che la ragazza ha una parrucca e i denti finti tenta di riprendersi i gioielli che le ha regalato.

Pubblicità e un fotogramma di A False Beauty / A Faded Vampire (1914)

A giugno 1914 è la volta di Universal Ike Jr. and the Vampire, uno dei corti comici di ambientazione western che avevano come protagonista il personaggio del cowboy Alkali Ike, talmente famoso che si produssero dei pupazzi con la sua immagine. L’attore che lo interpretava, Augustus Carney, era passato dalla casa di produzione Essanay alla Universal e così il personaggio cambiò nome, diventando Universal Ike Jr.

Nel corto Universal Ike Jr. and the Vampire, Ike contende ad altri pretendenti l’amore di una fanciulla, ma la Vampira lo depreda di tutti i suoi beni. Il ruolo della Vampira era affidato a Louise Glaum, presenza ricorrente nei film di Ike come tipica “ragazza del West”. In breve la Glaum si specializzerà in parti di vamp, tanto che quando nel 1916 interpreta una donna fatale in The Wolf Woman, è proclamata “the greatest vampire woman of all time.”

Louise Glaum, “the greatest vampire woman of all time” (da “Photoplay”, dicembre 1914)

Nel settembre 1914 esce poi un altro cortometraggio comico dal titolo A Fool There Was, scritto, diretto e interpretato da Frank C. Griffin. Era una presa in giro dei film sulla Vampira rovinauomini, qui interpretata da Mabel Paige, un’attrice che diventerà molto attiva nel cinema muto e continuerà la carriera fino alla tarda età con varie apparizioni televisive. In una parte minore recitava anche Oliver Hardy. Dopo l’uscita del film omonimo con Theda Bara si dovette cambiare il titolo, trasformandolo in She Wanted a Car.

George (Jerold T. Hevener) si innamora di una ragazza, Bess (Mabel Paige), che vuole a tutti i costi un’automobile. Per non perderla, l’uomo impegna tutti i suoi beni e acquista un’auto, ma investe un poliziotto (Oliver Hardy) e finisce in prigione. Assume poi un autista (Frank C. Griffin), sempre per accontentare la sua bella, e quello fa la corte a Bess fino a soppiantare George e a sposarla.

Apparentemente, la Vampira cinematografica partorita dalla poesia di Kipling stava arrivando alla sua fase finale, ormai stereotipo oggetto di parodie. Invece il 1915, a quasi vent’anni dalla poesia The Vampire, porterà una sorpresa sconvolgente, grazie al film con Theda Bara A Fool There Was che aprirà una lunga fase caratterizzata dalla immortale figura della vamp. Ne parleremo in un prossimo articolo.

Pubblicità per A Fool There Was (1915)