PANDEMIA DI VAMPIRI A FUMETTI: l’universo bonelliano

La Sergio Bonelli Editore, colosso del fumetto italico, in questa estate 2021 sta puntando molte carte sui vampiri. Oltre alla sua testata eminentemente vampiresca, “Dampyr”, ha avviato una saga di “Zagor” che durerà per cinque albi fino a novembre 2021, e un’avventura di “Martin Mystère” in due parti. Come sappiamo, un’epidemia provocata da un contagioso virus non può che riattivare l’interesse per il vampiro, emblema per eccellenza del contagio e delle paure ad esso connesse.
Cogliamo l’occasione per analizzare, in più puntate, i vampiri dell’universo bonelliano, significativo esempio di innesto del gotico e del fantastico nell’immaginario italiano, iniziando proprio dai primi albi a tema vampirico, quelli di “Zagor” a partire dal 1972.

Il primo vampiro che appare nei fumetti di Sergio Bonelli è il barone Bela Rakosi, destinato a diventare un avversario ricorrente di Zagor, “lo spirito con la scure” che agisce in un contesto western spesso contaminato da elementi fantastici.
I tre albi che presentano per la prima volta Bela Rakosi escono nell’estate del 1972, su testi di Guido Nolitta (pseudonimo di Sergio Bonelli, figlio del Bonelli creatore di “Tex”) e disegni dell’artista genovese Gallieno Ferri. Bonelli e Ferri sono i padri di Zagor, che hanno firmato insieme le sue avventure per anni.
I vampiri godono di una certa popolarità, in quel 1972. La Hammer ha appena sfornato i suoi tre film sulla vampira Carmilla e ha addirittura dedicato il titolo di una sua pellicola all’anno in corso: 1972: Dracula colpisce ancora!. I fumetti, in Italia, hanno conosciuto il successo della sexyvampira Jacula, la cui saga è iniziata nel 1969, e a settembre 1972 uscirà il primo numero di “Zora”. Non è strano, quindi, che Bonelli decida di far lottare il suo Zagor con un vampiro proprio nel 1972.

A Ocean City nel Maryland, Zagor e il suo partner Cico incontrano il loro vecchio amico Buddy Parkman e si prestano ad accompagnarne il figlio Albert in un viaggio come capo-carovaniere (“Zagor” n. 85, Angoscia). Tra i carri della carovana, uno è guidato da tre zingari ungheresi, Molnar, Bator e Toth, che si tengono sempre in disparte. Nel corso del viaggio un cane è trovato dissanguato e con due ferite alla gola, poi la carovana è attaccata da una tribù di indiani che accusano i viaggiatori di aver ucciso una ragazza del loro accampamento: anche la ragazza ha due segni sul collo. Non riconoscendo l’aggressore tra i membri della carovana, gli indiani si ritirano. Ma le sorprese del viaggio non sono finite: due malviventi rubano il carro degli ungheresi e Zagor si mette sulle loro tracce. Recuperato il carro, Zagor trova uno dei due ladri morto, con i consueti segni sul collo, e l’altro impazzito. Zagor, Cico e Albert giunti alla loro destinazione, Fairmont, devono recarsi dal barone Bela Rakosi per consegnare il carro degli ungheresi e farsi pagare il viaggio. Il barone vive in una vecchia chiesa abbandonata, nel cuore della foresta, accudito dal servitore Zoltan. Prima di incontrare il barone Rakosi, viene scaricata dal carro degli ungheresi una grossa cassa e i cavalli si imbizzarriscono (n. 86, Zagor contro il vampiro). Il maltempo costringe Zagor, Cico e Albert a passare la notte nella chiesa, dopo una cena alla presenza del barone. Rakosi, apparentemente cordiale e gentile, spiega che si occupa di scienza e botanica e che ha lasciato l’Ungheria per le troppe complicazioni politiche. Nella notte, Cico spuntandosi i baffi si ferisce al volto e suscita la sete di sangue del barone. Tra umoristiche gag, il vampiro tenta inutilmente di mordere Cico. Intanto Albert sta male: è pallido e privo di forze, tormentato da incubi popolati di pipistrelli. I tre amici devono quindi rinviare la partenza e alla sera Zagor e Cico conversano nuovamente con il barone. La mattina dopo Albert è peggiorato e Zagor decide di recarsi a Fairmont per parlare con il medico locale, il dottor Metrevelic, di origine jugoslava. Nel frattempo, Cico trova nella cripta della chiesa una bara dove riposa Rakosi: seguono altre gag con Rakosi che cerca di mordere Cico, ma il messicano allontana involontariamente il vampiro cucinando dell’aglio. Zagor torna alla chiesa con il dottor Metrevelic che visita Albert e spiega la sua teoria: si è occupato a lungo di vampiri, in patria, e ritiene che Albert sia vittima di un non-morto succhiatore di sangue. Convinto dal dottore, Zagor si apposta nella camera di Albert e ferma Rakosi prima che possa nuovamente mordere il giovane. Zagor lotta con Rakosi e riesce a trattenerlo fino al sorgere dell’alba (n. 87, Alba tragica): il vampiro sotto i raggi del sole si dissolve e restano solo il suo mantello e le ceneri, mentre Zoltan dà fuoco alla chiesa. Eliminato il vampiro, Albert sta subito meglio e viene affidato alle cure della figlia di Metrevelic, la bella Alina.

Nella sua presentazione alla ristampa di questa avventura di Zagor (Oscar Best Sellers, n. 627, 1995), Sergio Bonelli dichiarava che si tratta “di una storia a me particolarmente cara”, dove aveva voluto riproporre situazioni che lo attiravano e terrorizzavano nelle sale cinematografiche, apportando le variazioni che gli sarebbe piaciuto vedere sullo schermo.

I suoi riferimenti sono senz’altro legati al cinema, come spiegherà nella ristampa dell’avventura in “TuttoZagor” nel 1991: “La mia storia del barone Rakosi (tutti i vampiri, si sa, hanno preferibilmente nomi romeni o ungheresi, ossia transilvani) è stata un voluto omaggio al cinema di vampiri. Io vado pazzo per i vampiri: li sogno, li amo e persino li invidio; i vampiri sono immortali, affascinanti, eleganti, nottambuli e sanno volare (sia pure trasformati in pipistrelli, che sono comunque bestiole graziose, ancorché calunniate). Forse, chissà, non mi spiacerebbe essere un vampiro, da grande. Il mio unico rimpianto è che, per quanto mi sforzi, non riesco davvero a credere alla loro esistenza. Solo di tanto in tanto, quando dormo tutto solo nella mia casa cli campagna, preferibilmente con una bella luna che fa capolino tra i cipressi e con sinistri ululati di cani in lontananza, l’immaginazione mi permette di intravedere Dracula avvolto nel suo nero mantello tra i cespugli del mio giardino. Per un secondo avverto un fugace brivido… e ne sono felice! Ecco perché ho dato il mio meglio nella storia di Rakosi, mettendoci dentro un collage vampirico di tutto ciò che libri, film e fumetti mi avevano raccontato sui misteriosi signori della notte, dall’aglio, alle croci, alle bare, ai paletti di legno… La storia è venuta ricca di movimento e lunga quasi trecento pagine. Se non l’ho fatta durare cinquecento è soltanto perché contavo di realizzare un ‘ritorno del vampiro’. Il ‘ritorno’ poi c’è stato, ma, dati gli impegni del sottoscritto, è stato realizzato da Alfredo Castelli. In quanto alla fusione di umorismo e suspense, come sapete questa alchimia è una costante della saga di Zagor, inoltre volevo rendere così omaggio ai miei film di vampiri preferiti, che non sono i pur grandi Nosferatu o Dracula, ma quelli dove si rabbrividisce e si ride allo stesso tempo: come i lungometraggi della coppia Gianni e Pinotto (che incontrano, oltre a Dracula, tutti i mostri possibili), l’irresistibile Per favore non mordermi sul collo di Roman Polanski e il simpatico Amore al primo morso di Stan Dragoty (altro regista dal nome vampiresco!) in cui Dracula, aristocratico demodé, s’innamora di una scatenata giovane fotomodella. Come recita l’antico detto: ‘Il riso fa buon sangue’. E’ vero. Di queste cose i vampiri se ne intendono”.

La copertina del n. 86 di “Zagor” presenta un’ombra che ha la silhouette di Nosferatu, ma il principale riferimento di Bonelli sembra essere il film di Terence Fisher Dracula il vampiro (1958), rimasto impresso nella memoria italiana a oltre un decennio dall’uscita nei cinema. Nell’avventura di Zagor gli omaggi allo schema e alle situazioni di quel film della Hammer sono numerosi. E’ vero che Bela Rakosi prende il suo nome sicuramente da Bela Lugosi, precursore di Christopher Lee come Dracula cinematografico per eccellenza. Ma le fattezze di Rakosi sono direttamente ispirate a quelle di Lee, così come l’abbigliamento. Tra l’altro, Rakosi appare per la prima volta dall’alto di una scala, proprio come Christopher Lee in Dracula il vampiro. Da parte sua Cico per scacciare il vampiro crea una croce unendo un bastone e un grosso cucchiaio, una versione umoristica dell’espediente usato da Peter Cushing/Van Helsing in Dracula il vampiro, dove usava due candelabri con lo stesso scopo. La morte di Rakosi, disintegrato dal sole, è un ennesimo tributo al film del 1958. Viceversa, nel contesto comico delle schermaglie tra Cico e Rakosi emerge un’allusione al vecchio Dracula del 1931: quando il grasso messicano si accorge che Rakosi non si riflette in uno specchio, il vampiro scaglia a terra lo specchio distruggendolo, allo stesso modo di Bela Lugosi nel film di Tod Browning. Inoltre, i duetti comici tra Cico e Rakosi rimandano a Tempi duri per i vampiri (1959), con Renato Rascel e Christopher Lee.

Bonelli/Nolitta si rivela un lettore attento di testi vampirologici, citando Brucolachi, Vrolok e Vukodlak. I suoi vampiri seguono pedissequamente le “regole” del vampirismo sedimentate nell’immaginario tramite la letteratura e il cinema, come evidenziano le spiegazioni del dottor Metrevelic, versione un po’ buffa di Van Helsing e delle sue lezioni di vampirismo nel Dracula di Bram Stoker: “Si tratta di anime dannate il cui corpo, anche dopo la morte non riesce a trovare pace! Durante il giorno devono riposare nella stessa bara in cui sono stati sepolti la prima volta, ma, dopo il tramonto, riprendono vita fino all’alba, e, per ottenere il necessario vigore fisico, succhiano il sangue dalle vene dei malcapitati che trovano sulla loro strada! Pare che durante la loro vita notturna, acquistino una forza muscolare sovrumana, oltre alla facoltà di soggiogare le loro vittime con una sorta di ipnotismo che sprigiona dal loro sguardo! Dicono anche che possano trasformarsi in pipistrelli, per meglio insinuarsi nelle stanze della povera gente!”
Dalla tradizione filmica il vampiro zagoriano si discosta però per un particolare: Rakosi mangia e brinda con i suoi ospiti, al contrario del Dracula di Lugosi che notoriamente si sottraeva sia alla cena che ai brindisi (“Io non bevo mai… vino”).
Questa prima avventura che narra lo scontro tra Zagor e il barone Rakosi è stata più volte ristampata, anche a colori. Con il titolo “L’ombra del vampiro”, infatti, riappare nella Collezione storica a colori – I fumetti di Repubblica e L’Espresso nel 2012. Purtroppo la colorizzazione delle tavole non si presta ai chiaroscuri di Ferri, che perdono molto del loro fascino (più adatta al colore si rivelerà una successiva storia zagoriana, Vampyr, illustrata da Raffaele Della Monica e colorizzata per la stessa collana nel 2014).