ALLE FONTI DEL VAMPIRO MODERNO / 4

Le Vampire di de Vylars e Souvestre

Tra le pagine di uno dei primi testi di moderna vampirologia, The Vampire: His Kith and Kin (K. Paul, Trench and Trubner, London, 1928), il reverendo Montague Summers citava uno spettacolo che pochissimi studiosi dell’argomento hanno preso in considerazione: The Vampire, rappresentato al Paragon Theatre di Londra lunedì 27 settembre 1909.

Summers segnalava che lo spettacolo “era stato accolto molto bene” e riportava il commento di “The Stage” (30 settembre 1909): “È una piccola opera teatrale scritta magistralmente e concepita alla maniera del Grand Guignol”. Il riferimento al Grand Guignol, il teatro parigino specializzato in spettacoli violenti e macabri, non era casuale perché The Vampire era in realtà l’adattamento in inglese di un’opera teatrale andata in scena un anno prima a Parigi: Le Vampire, dramma in due atti di Mme. C. de Vylars e Pierre Souvestre. Dell’autrice de Vylars daremo conto più avanti, mentre Souvestre era uno scrittore destinato a grande popolarità e che presto diventerà celebre per il suo personaggio Fantômas, creato con Marcel Allain.

Il cast di The Vampire (da The Era Almanack and Annual 1910)

Il testo risulta perduto, ma la trama di Le Vampire può essere ricostruita grazie alle recensioni di allora (in particolare una estesa sintesi su “Comoedia”, 5 agosto 1908).

Atto primo. Christian è inconsolabile, perché convinto di aver provocato la morte della sua amante Sonia, abbandonandola: la donna, infatti, si è suicidata. Su indicazione di uno strano medico, Christian chiede allo spiritista indù Suratshin di evocare lo spirito della defunta. Suratshin acconsente, ignorando che si tratti di una suicida, dato che le regole dell’occultismo vietano di evocare chi si è tolto la vita. Una seduta spiritica evoca così lo spettro di Sonia: lo spirito predice a Christian che diventerà pazzo. Christian è ossessionato dalle parole di Sonia, perde vitalità e ragione. Jacques, un avvocato che si sente in parte responsabile per la morte di Sonia, dato che Christian l’aveva lasciata su suo consiglio, vuole salvare l’amico e liberarlo dal terrore che lo attanaglia. Si rivolge quindi a Suratshin per inscenare una nuova seduta spiritica.

Atto secondo. Jacques chiede alla giovane attrice Nelly, sua fidanzata, ma che Christian non conosce, di prestarsi a un piano per far rinsavire l’amico: durante la seduta spiritica deve indossare veli per sembrare un fantasma e apparire a un segnale di Jacques, facendo credere di essere la reincarnazione di Sonia, perdonando Christian e garantendogli che non impazzirà. Il piano è messo in atto e Christian crede davvero di avere di fronte la reincarnazione di Sonia. Colto da una folle rabbia nei confronti della donna che tanto lo ha fatto soffrire, spara un colpo di pistola a bruciapelo uccidendo Nelly, convinto che sia lo spettro di Sonia.

Come nella poesia The Vampire di Kipling, non ci sono riferimenti diretti alla sottrazione di sangue ai vivi da parte di un nonmorto. Il significato prevalente della parola “vampiro” in quegli anni si conferma quello metaforico e allusivo, lontano dalle creature leggendarie succhiatrici di sangue. Il fatto che il “vampiro” della vicenda sia di sesso femminile si inserisce certamente nella moda delle donne fatali lanciata dalla poesia The Vampire, ma si accentuano gli elementi soprannaturali, sostanzialmente assenti in Kipling, perché la donna che porta alla rovina un uomo è una defunta tornata dalla morte grazie a una seduta spiritica. La caratteristica più originale del testo teatrale era di unire spiritismo e vampirismo, con la figura di un medium che mette in contatto con i morti. Come vedremo tra poco, il connubio spiritismo-vampirismo si deve alla coautrice de Vylars, direttamente interessata alle teorie spiritiste, ma non va dimenticato che il testo teatrale prendeva origine da un breve racconto dell’altro autore, Souvestre, intitolato Soirée dans le Monde e apparso su “Comoedia” il 10 febbraio 1908. Il racconto contiene alcuni dei personaggi e delle situazioni di Le Vampire, senza la figura dello spiritista indù. Il russo Dimitri soffre di allucinazioni in cui gli appare la fidanzata Sonia da poco defunta: “La rivide una sera, minacciosa, vendicatrice e si immaginò che gli dicesse: ‘Infame Dimitri, tu mi hai tradita!’. (…) Ormai la vedeva ogni notte, non importa dove, al ristorante, al ballo, a casa…”. Nel racconto, è il fratello di Dimitri a reclutare l’attricetta Nelly Roval per fingersi il fantasma di Sonia, ma la conclusione è simile a quella del testo teatrale: Dimitri crede di avere di fronte lo spettro e uccide Nelly con un coltello.

Si può aggiungere che Souvestre all’epoca era in procinto di pubblicare il suo primo romanzo, scritto con Marcel Allain, Le Rour (uscirà come feuilleton tra gennaio e marzo 1909 e in volume a maggio), che contiene alcune suggestioni vampiresche: il diabolico dottor Wumpt ha inventato ali da pipistrello che gli permettono di volare (si notano nell’illustrazione della copertina originale) e vuole creare un essere femminile artificiale dotato di immortalità.

La copertina di Le Rour e una recensione di Le Vampire su “Comoedia” (2 agosto 1908)

Se oggi Le Vampire pare completamente dimenticato, oltre che ignorato dalla saggistica recente sui vampiri, alla sua comparsa sui palcoscenici fece sensazione e la sua notorietà si prolungò per anni, tanto che Ernest Jones, nel suo fondamentale On the Nightmare (Hogarth Press, London 1931; trad.it. Psicoanalisi dell’incubo, Newton Compton, Roma 1978), citava Le Vampire di de Vylars e Souvestre tra i testi fondamentali a tema “necrofilo”, accanto a Justine di D.A.F. de Sade e Le Vampire di Charles Baudelaire.

Quando lo spettacolo Le Vampire fece il suo esordio al teatro parigino Little-Palace nell’agosto 1908 suscitò grandi emozioni. “Nonostante il periodo e le numerose partenze per le località marittime, una folla elegante si è accalcata, ieri sera, nella graziosa sala di rue de Douai”, scriveva “L’Auto-vélo”, giornale al quale collaborava Souvestre, appassionato di automobilismo. Lo spettacolo era definito “tra i più eclettici” e “degno di lodi”, un “dramma occulto” che si era rivelato il grande evento della serata: “I due atti toccanti del Vampire hanno fatto rabbrividire a volontà il pubblico. Tutta Parigi vorrà vedere quest’opera che provoca emozioni supreme” (2 agosto 1908). Aggiungeva “Le Triboulet” (9 agosto 1908): “Questo dramma ben strutturato ed efficace ci ha fatto passare qualche momento pieno d’angoscia”. Il giornale radical-socialista “Le Radical” (7 agosto 1908) si sperticava in elogi, affermando che lo spettacolo “ha ottenuto il massimo successo che si possa immaginare, perché era contemporaneamente un successo di curiosità, un successo di emozione e un successo d’arte”. Gli interpreti, raccontava il giornale, sono stati applauditi a lungo alla fine di ogni atto e l’attrice Magda Maguéra nella parte di Nelly “ha fatto attraversare la sala da un immenso brivido di spavento quando, colpita in pieno cuore da un proiettile sparato dall’infelice impazzito, crolla all’improvviso: non si potrebbe unire meglio la cura per il verosimile con quella per l’estetica”. Non mancavano gli apprezzamenti per la coautrice: “Mme de Vylars ha messo la sua conoscenza approfondita delle scienze occulte al servizio del dato pittoresco fornito da quell’eccellente narratore che è Pierre Souvestre”.

Anche la versione inglese del 1909, The Vampire, ebbe successo, tanto che tornò sul palcoscenico sei anni dopo, il 16 agosto 1915, al Garrick Theatre di Londra durante una affollata rassegna estiva di Grand Guignol. Dalle recensioni dell’epoca, parrebbe che nell’adattamento per il pubblico inglese sia stato modificato il finale. Nell’originale francese tutto si conclude con la morte della giovane attrice, mentre nella versione londinese l’assassino è a sua volta ucciso dall’amico. Nell’allestimento londinese cambiano anche alcuni nomi dei personaggi: Christian diventa Harry Le Strange, Jacques diventa Jack Harringer, Nelly diventa Olga, solo Sonia e Suratshin mantengono lo stesso nome.

L’adattamento e la traduzione per il pubblico britannico erano di un uomo di teatro che dedicò molti anni al progetto di importare in Inghilterra il successo del Grand Guignol. Si tratta di José G. Levy che inizialmente riuscì a rappresentare opere grandguignolesche in varie sale, gestendo poi dal 1920 il Little Theatre di Londra e trasformandolo in un punto di riferimento per gli appassionati del Grand Guignol. Era stato lo stesso Levy ad adattare in lingua inglese L’Angoisse, altra opera macabra di Mme C. de Vylars, e proprio a Levy si dovrà l’allestimento teatrale, nel 1927, del Dracula di Hamilton Deane con Raymond Huntley nel ruolo del vampiro e lo stesso Deane come Van Helsing. Fu proprio quell’allestimento prodotto da Levy che fu visto da Horace Liveright, talmente entusiasta da realizzarne immediatamente una versione per Broadway, con Bela Lugosi nella parte di Dracula, aprendo un altro capitolo decisivo nella storia del vampiro moderno.

Rare immagini dall’allestimento parigino di Le Vampire

Alla scoperta della misteriosa Cilia de Vylars

Chi era Mme C. de Vylars, coautrice con Souvestre di Le Vampire? Di lei è molto difficile trovare notizie. Dietro quella C. non è chiaro quale nome si celasse. Sulla stampa dell’epoca il suo nome è riportato in svariate forme: Célia, Céline, Célier, Coelia, Ceylia, Cilia, Cilla, Cylia, Lilia, Ciliade… Nei testi che scriveva per i giornali si firmava sempre Cilia e qui così la chiameremo.

Quale sia il suo vero nome è difficile stabilire, così come la sua data di nascita. Si può presumere che fosse ventenne nei primi anni del Novecento e il suo cognome fosse Ikelheimer, dato che risulta sorella di Marc Ikel, direttore di “Echos Parisiens” e membro della Association de la presse judiciaire parisienne, il cui vero nome era Marcel-Anatole Ikelheimer, nato nel 1879. Marc Ikel compare nell’elenco di ebrei attivi nelle professioni e nell’amministrazione statale (Etat Statistique des Juifs en 1914, a cura di G. de Lafont de Savines, Revue Antimassonnique, Paris 1914) e la carriera di Cilia si avviava in anni difficili per gli ebrei francesi, in un paese scosso dal caso Dreyfus, quindi si può supporre che come il fratello avesse optato per un “nome d’arte”. La scelta del cognome de Vylars rimanda a una vera famiglia di ascendenze nobiliari che a sua volta ha infinite varianti ortografiche, spesso inopinatamente applicate a Cilia dai giornali: Villar, Viller, Villier, Villiers, Villers, Villis, Villars e, appunto, Vylars. I de Vylars, in particolare, erano una nobile famiglia britannica nota almeno dal Duecento (un Nicholas de Vylars si registra in Sussex nel 1327). A quella famiglia dai tanti nomi, originati da un riferimento a località francesi, risalgono anche gli antichi nobili normanni dei Villiers de L’Isle-Adam e non si può escludere che Cilia abbia scelto il suo pseudonimo in omaggio allo scrittore simbolista Auguste de Villiers de L’Isle-Adam, autore dei Racconti crudeli (Contes cruels, 1883) e del romanzo Eva futura (L’Ève future, 1886).

Con un’attenta indagine nelle emeroteche si scopre, non senza fatica, il percorso intellettuale di Cilia, dal 1902 alla sua morte nel 1911, l’unico periodo che pare documentabile attraverso articoli e citazioni.

Le prime apparizioni del suo nome risalgono ad alcune recensioni teatrali che firma nel corso del 1902 per “La Lanterne de Boquillon”. Escono anche i suoi primi racconti, come la novella Superstition per la rivista “La Famille” e la triste favola macabra Rose fanée; coeur brisé per “Gil Blas illustré”. Avvia nello stesso periodo la sua attività di autrice teatrale con la commedia Le Suiveur, in scena al teatro Tour Eiffel da giugno a dicembre 1902, scritta con l’allora sessantenne Henri Le Verdier, prolifico autore di romanzi ambientati nel mondo vizioso di Parigi. Per l’occasione, proprio “La Lanterne de Boquillon” scrive che quella “curiosa fantasia” in un atto era “originale ed elegante come Mme Cilia de Vylars, che ne è coautrice, nostra davvero affascinante collaboratrice”. Il sodalizio tra la giovane esordiente e l’autore già affermato è molto produttivo: Cilia insieme a Le Verdier scrive tra l’altro i racconti La Torte per “Le Journal du dimanche” (28 dicembre 1902) e La bonne Etoile per “Le Petit Soleil” (21 marzo 1903), il breve pezzo teatrale sul divorzio con tre personaggi Pourquoi ils divorcent per “La Caricature” (30 agosto 1902), il romanzo Très Femme e un feuilleton, Le cercle rouge, che appare nella primavera del 1903 sul quotidiano “Le Rappel”. A febbraio 1903 aveva ripresentato Le Suiveur per un evento del quotidiano “Le Journal”, organizzando per l’occasione con Le Verdier una festa di beneficenza.

Una piccante vignetta illustra un pezzo teatrale di Cilia de Vylars e Henri Le Verdier (“La Caricature”, 30 agosto 1902)

Nel corso del 1903 Cilia scrive la pièce in un atto Fruit vert, rappresentata al Théâtre Rabelais da luglio a dicembre, e sempre a luglio firma i tre atti di Mimi Pinson (ispirati al racconto omonimo di Alfred de Musset, 1845) per il teatro Villerville, poi riproposto al Théâtre de la Bodinière nel 1904. Dello stesso 1903 è anche La Reconnaissance, un atto rappresentato al Rabelais dal 19 novembre. Nel frattempo continua a scrivere per i giornali: firma recensioni teatrali per “Le Petit Sou” e pubblica su “Le Supplément” (15 agosto 1903) la poesia erotica Volupté, una sorta di ode ai “preliminari” nei rapporti sessuali.

Dopo il sodalizio con Le Verdier trova un nuovo partner di scrittura, avviando una stretta collaborazione con Gaston Berthey, giovane giornalista destinato a diventare suo marito. Con lui firma À l’ombre de Kali, una pièce in un atto e in versi, e il testo teatrale La bonne œuvre, allestito in più riprese al teatro Nouvelle Comédie e poi nell’estate 1906 al Théâtre des Arts. In un’occasione, Cilia si improvvisò attrice per sostituire una delle interpreti, dimostrando “un felice talento e convinzione, nonostante fosse la prima volta che calcava una scena” (“Le Soir”, 17 giugno 1906).

Cilia è molto presente nel mondo culturale parigino. Sappiamo che era interessata a temi occulti e seguace dello spiritismo, molto in voga nella Francia di allora e diventato dottrina filosofica grazie alle teorie di Allan Kardec, ma non ci sono testimonianze dettagliate su questo suo interesse. Più evidente, invece, il suo legame con ambienti socialisti e femministi.

Il 7 marzo 1905 tiene una conferenza in cui auspica “una maternità volontaria e ragionata”, nella sede della loggia massonica “La Raison Triomphante” nota per l’appoggio alle istanza femministe. È inoltre sostenitrice della rivista “Carnet de la femme” promossa dalla Contessa Marcelle Weissen-Szumlanska, archeologa ed etnologa.

Le tematiche sociali emergono anche nel suo testo Dans la Boue, “studio dei bassifondi parigini”, rappresentato nel giugno 1906 al Théâtre-Municipal. Nello stesso mese pronuncia un discorso a un evento dell’associazione di beneficenza “Dotation des mères françaises” dove analizza i rapporti tra famiglia e società. Frequenta inoltre il cenacolo intellettuale della rivista “Le Grillon”, mensile “littéraire et satirique” diretto da Edmond Teulet, poeta e chansonnier. L’impegno di Cilia si evidenzia infine nel breve poema drammatico a tema esplicitamente sociale Vers la Force (Lafolye, Vannes 1905), scritto con Gaston Berthey e più volte rappresentato nel 1907: due operai discutono della loro condizione, uno ha scelto di dimenticare i suoi problemi ricorrendo all’alcol, l’altro non rinuncia a lottare per i suoi diritti, restando fedele a un ideale. Entrambi sono destabilizzati da un’operaia che lamenta di essere dimenticata da loro: “Sopporto, più ancora di voi, le iniquità sociali”. I due operai la invitano a unire le forze tra sfruttati: “Vieni con noi, vieni a far sentire la tua voce, e dalle nostre miserie unite e solidali creeremo una nuova forza”.

La scena cruciale di L’Angoisse in una vignetta da “Comoedia” (23 febbraio 1908)

Il successo al Grand-Guignol

Quella parentesi di attivismo radicale e femminista sembra chiudersi quando, nel 1908, arriva finalmente un notevole successo teatrale grazie al testo che rimarrà il più famoso nella breve carriera di Cilia de Vylars, L’Angoisse, firmato con Pierre Mille e in scena il 20 febbraio 1908 al Théâtre du Grand-Guignol di Parigi.

Così “Comoedia” (23 febbraio 1908) riferisce della prima al Grand-Guignol: “Ecco la bellissima Cylia de Vylars, responsabile di L’Angoisse, suo complice Pierre Mille. Anche lei sembra in grande angoscia, la bella Cylia, e ritrova un po’ di calma solo per mormorarmi all’orecchio: ‘Sapete, sono felice: a Mendès [Catulle Mendès, influente scrittore di quegli anni] è piaciuta molto’”.

La trama di L’Angoisse evocava Edgar Allan Poe. Uno scultore allestisce il suo atelier nello studio che era appartenuto a un collega americano, sparito nel nulla. Ogni sera le lampade si spengono misteriosamente e strane presenze ossessionano lo scultore. Una giovane modella, medium senza saperlo, cade in trance e racconta ciò che è avvenuto in quei locali: l’artista americano aveva ucciso la moglie a martellate e sigillato il corpo in un blocco di gesso, ancora abbandonato in un angolo dello studio. “È là!”, urla la ragazza. Lo scultore rompe il blocco di gesso e trova al suo interno il cadavere mummificato.

Lo spettacolo sarà riproposto nel luglio 1914, nel gennaio 1916 e ancora nel settembre 1922 (con la celebre star del Grand-Guignol Paula Maxa, “la donna più assassinata del mondo”). Poco dopo i primi successi parigini, il Grand-Guignol de Paris portò lo spettacolo a Londra, allo Shaftesbury Theatre, e nel 1912 è Jose G. Levy ad adattarlo in lingua inglese, come farà per Le Vampire, presentandolo con il titolo The Medium e riproponendolo per molte stagioni fino al 1932.

La popolarità dello spettacolo indusse Vernon Sewell, regista britannico da riscoprire, ad acquistarne i diritti e a girare ben quattro film ispirati a L’Angoisse: il cortometraggio The Medium (1934), i film Latin Quarter / Frenzy (L’amante della morte, 1945) e Ghost Ship (1952), infine l’episodio televisivo House of Mystery (1961) della serie “Kraft Mystery Theater”. Sewell, ricordiamo, ha diretto un film vampiresco con Peter Cushing, The Blood Beast Terror (Mostro di sangue / Una bestia vestita di sangue, 1968), dove una donna si trasforma in un mostruoso lepidottero ematofago, promosso con lo slogan “The blood lust of a frenzied vampire!!” (La brama di sangue di uno sfrenato vampiro!!).

Poster per il film di Vernon Sewell tratto da L’Angoisse

La buona accoglienza di L’Angoisse e il tema “orrorifico” portano pochi mesi dopo Cilia ad avventurarsi nuovamente nel genere con Le Vampire, in scena al Little-Palace dal primo agosto 1908 e scritto con Pierre Souvestre, ennesimo e prestigioso coautore. Mentre Le Vampire e L’Angoisse mietevano successi, Cilia continua a produrre. Il 17 giugno 1908 la sua poesia L’Eternelle Prostitute è letta in una serata letteraria e teatrale al Nouveau Théâtre d’Art.

Prosegue inoltre la collaborazione dell’autrice con il teatro Little-Palace, scrivendo il balletto Ivanowska in scena a settembre. “Comoedia” (3 settembre 1908) saluta i brividi d’orrore regalati al pubblico e gli applausi trionfali: “Mme C. de Vylars eccelle nelle situazioni drammatiche di una spaventosa semplicità, tanto più atroci quanto più sono semplici”.

Lo spettacolo narra la storia di una ballerina che versa del veleno nella coppa del governatore Potenief, beve da quella stessa coppa per sviare i sospetti e danza perdutamente, torturata da atroci sofferenze, comunque con il sorriso alle labbra, fino a che il tiranno beve infine a sua volta e muore. “La Vie théâtrale” (25 settembre 1908) scrive che Ivanowska “ci permette di applaudire una nuova forma del talento di questa autrice tanto affascinante. Vi ritroviamo il segno potente dell’Angoisse e del Vampire”.

L’inquietante balletto Ivanowska (da “La Vie théâtrale”, 25 settembre 1908)

Nel 1909 Cilia, in qualità di poetessa, ha l’onore di alcune pagine di apprezzamento da parte di Jules Bertaut, critico letterario di grande prestigio. Nel suo libro La littérature féminine d’aujourd’hui (Librarie des Annales, Paris 1909), Bertaut scrive: “Vorrei citare una giovane donna, Mme Cylia de Vylars, che ha già mostrato felici disposizioni per la scena e che avrà successo, ne sono certo, perché ha saputo svincolarsi da un femminilismo eccessivo. Del resto, basta sfogliare le sue poesie per capire che tende verso la poesia baudelairiana, verso la poesia di idee e non solamente verso un semplice connubio di parole, di epiteti e di sensazioni”. Per avvalorare le sue tesi, Bertaut riportava varie strofe di una poesia di Cilia, La Gloire, dove la gloria diventa una sorta di vampiro che porta alla distruzione morale chi ne è alla ricerca, straziando chi non la ottiene.

Uno stringato trafiletto su “L’Éclair” del 31 dicembre 1909 (notizia poi ripresa da “Le Figaro” l’8 gennaio 1910) annuncia: “J. H. Rosny aîné e Mme Cilia de Vylars stanno terminando una pièce in tre atti dal titolo Les Enlisés”. Dopo Le Verdier, Berthey, Mille e Souvestre, forse Cilia aveva trovato un nuovo partner intellettuale in Rosny, grande scrittore del fantastico e pioniere della fantascienza moderna. Purtroppo il progetto non risulta mai concretizzato, ma sarebbe stato interessante assistere alle creazioni in tandem dell’autrice di Le Vampire e del futuro autore di La jeune vampire(1920).

Il 4 novembre 1910 Cilia sposa Gaston Berthey. Dopo il matrimonio la sua attività creativa sembra svanire, forse per gravi problemi di salute. Vive nel cuore di Parigi, a rue de la Rochefoucauld, ma il suo nome non compare più nei teatri o sulla stampa. Si riparla di lei solo sabato 8 luglio 1911, in un necrologio del giornale “Le Rappel”: “Si annuncia la morte di Madame Gaston Berthey, in letteratura Cilia de Vylars, sorella del nostro collega Marc Ikel della cronaca giudiziaria. Le esequie saranno celebrate venerdì. Ci si riunirà al colombarium del Père-Lachaise. Cilia de Vylars ha collaborato a numerosi periodici e il teatro del Grand-Guignol ha rappresentato con successo un atto drammatico che aveva firmato con Pierre Mille”.

Gaston Berthey sopravvive a lungo alla moglie. Si stabilisce nel 1926 al Cairo, come corrispondente del giornale “Le Matin”, viaggia in Brasile e scrive per riviste brasiliane, collabora nel 1930 a “Le Journal des débats” e prosegue la sua vita in Egitto con una nuova e giovane moglie, giornalista. Gaston continuò a dedicarsi alla scrittura: legge i suoi versi nel maggio 1945 a un evento degli Amis de la Culture Française en Egypte, pubblica il romanzo Une vie atatons (Éditions de la Revue du Caire, 1948). Nel 1926 aveva dato un ultimo omaggio a Cilia, organizzando una recita al Cairo della pièce poetica che avevano scritto insieme, À l’ombre de Kali: a interpretare il poema furono due famosi attori francesi che si trovavano in tournée in Egitto, Henri Rollan e Véra Sergine, quest’ultima, va segnalato, madre di Claude Renoir che sarà direttore della fotografia per il film vampirico di Roger Vadim Il sangue e la rosa (1960).

Una scena da L’Angoisse (“Le_Monde_illustré”, 14 marzo 1908)

Cilia e gli Spiriti

Più di vent’anni dopo la morte, Cilia de Vylars torna a manifestarsi, come uno spettro, in un articolo scritto da quel Pierre Mille che aveva firmato con lei L’Angoisse. Giornalista, saggista e romanziere, Mille era stato anche incaricato governativo nel Madagascar. La sua penna salace si dedica nel 1934 a un articolo sarcastico, dove enuncia tutto il suo scetticismo verso i fenomeni soprannaturali e ricostruisce con accenti cinici e distaccati la sua collaborazione con Cilia de Vylars (Des rapports du Spiritisme avec le théâtre, “Le Temps”, 1 aprile 1934).

Mille torna al lontano 1907 quando, mentre è indaffarato nel suo studio, gli viene annunciato che alla porta c’è una dama intenzionata a incontrarlo. Nel biglietto da visita c’è il nome sconosciuto “Mme C. de Vylars”.

“Era una donna molto piccola e magra, con un grande naso”, scrive Mille (ma sappiamo che altri articolisti dell’epoca la definivano “bellissima” e “affascinante”). La donna avrebbe spiegato con queste parole il motivo della sua visita: “Monsieur, sono malata, molto malata. Condannata a morte. Mi sostengono solo con del siero di sangue di capra. Sto per morire, ma non mi importa, perché sono spiritista. E gli Spiriti mi hanno detto: ‘Prima di morire, avrai un giusto motivo di gioia e di fierezza perché scriverai un testo teatrale in collaborazione con Pierre Mille e quella pièce sarà portata in scena!’”.

Mille nel suo articolo racconta di averla creduta folle: “Sono sempre molto cortese con i folli, non li contrario mai, perché ne ho paura”. Così, per timore delle sue reazioni, accettò la proposta anche se, pur già affermato scrittore, non aveva mai avuto nessun desiderio di cimentarsi con il teatro. Cilia disse che gli Spiriti le avevano indicato anche il soggetto della pièce, un breve racconto dello stesso Mille, La peur.

Tre settimane dopo Cilia si presentò con un manoscritto, due atti intitolati L’Angoisse. Mille si limitò a qualche aggiustamento e quando il testo parve definitivo, Cilia disse: “L’ho letto agli Spiriti. Ne sono contenti, molto contenti. Sapete, amano che si parli di loro. E mi hanno detto che il signor Choisy, direttore del Grand-Guignol, non ha niente in questo momento per la sua stagione e quindi prenderà certamente questo testo, se andate a portarglielo voi stesso”.

Lo scrittore esegue, ma Choisy lo accoglie con freddezza. Mille credeva che il progetto fosse fallito, però quindici giorni dopo viene invitato alle prove dello spettacolo, in procinto di andare in scena. Mille non rimase favorevolmente impressionato e apprese poi con grande stupore che lo spettacolo era stato un grande successo e che nel pubblico si erano verificati vari malori per il terrore. I due autori dell’opera ricevettero una cospicua somma per il testo teatrale, ma tra loro non ci furono più contatti. Mille apprese solo dai giornali, tre anni dopo, della morte di Cilia.

Nel 1915 un’altra sorpresa: Mille riceve la somma del tutto imprevista di svariate migliaia di franchi per i diritti di L’Angoisse, grazie alla traduzione in inglese destinata alla versione da rappresentare in Gran Bretagna e in America. Sapeva di dover dividere gli introiti con gli eredi della sua coautrice, ma non aveva nessun recapito o contatto e ignorava che fosse sposata (“nessuno sapeva niente di lei”, sottolinea).

Due anni dopo, nel 1917, ecco un’altra visita inattesa nella sua abitazione. È un uomo che vuole conoscere lo scrittore perché sa che aveva collaborato con la sua defunta moglie. Si tratta di Gaston Berthey, di passaggio a Parigi dopo un viaggio dalla sua residenza egiziana.

Per quanto vedovo ormai da sei anni, Gaston parla con affetto della moglie, definendola una donna geniale e una sposa incomparabile. “Ma non importa”, aggiunge quasi con le stesse parole di Cilia nella sua prima visita a Mille, “sono spiritista e continuo a parlare con lei. Anche lo Spirito è rimasto in comunicazione quotidiana con lei, il cui genio si è ulteriormente accresciuto da quando si è disincarnata”.

Il racconto di Mille continua, con un distacco ironico quasi irritante. “Per caso gli Spiriti, e quello di Madame in particolare, vi hanno fatto sapere che io vi devo del denaro?”, chiede lo scrittore al vedovo. Alla risposta negativa di Gaston, Mille gli firma un assegno per saldare la parte di diritti per L’Angoisse che spettavano alla moglie.

La storia raccontata da Mille può essere certamente fantasiosa, se non inventata, ma contiene diversi elementi che hanno riscontri e comunque fornisce un ritratto unico di Cilia de Vylars. Scrittrice, poetessa, autrice teatrale e spiritista, la storia del vampiro moderno deve qualcosa anche a lei, caduta nell’oblio.