VAMPIRI ALL’ITALIANA

I vampiri di Riccardo Freda

E’ appena uscito il secondo fascicolo di “Journal of Vampire Studies”, la nuova rivista curata da Anthony Hogg e pubblicata dalla Vampire Studies Association. All’interno del numero c’è la mia recensione di un recente libro sul cinema di vampiri in Italia: Vampires in Italian Cinema, 1956–1975 di Michael Guarneri (Edinburgh University Press, 2020). Ne riproduco qui di seguito una versione leggermente diversa, per il lettore italiano.

Va subito detto che il libro di Michael Guarneri, molto documentato, riempie un vuoto. Tra le molte indagini sui film di vampiri, anche in anni recenti, nessuna si è focalizzata sui film a tema vampirico prodotti dall’industria cinematografica italiana. Guarneri mette in luce gli elementi tematici di un sottogenere affascinante del nostro cinema popolare, che ha prodotto alcuni horror capaci di grande influenza. Il suo obiettivo è di “identificare la specificità nazionale del cinema italiano di vampiri” (p. 23).

Dopo un breve sommario degli studi sui vampiri, Guarneri analizza 33 film italiani di vampiri tra il 1956 e il 1975, da I vampiri (1957) di Riccardo Freda, considerato il primo film horror italiano, fino alla commedia di Lucio Fulci Il cav. Costante Nicosia demoniaco, ovvero: Dracula in Brianza (1975). L’autore esclude i vampiri come semplici cammei, i vampiri psichici e le vamp (Guarneri considera come film di vampiri “solo quelle opere che hanno come personaggi principali degli esseri umani o soprannaturali che vivono di sangue umano”), ma presta attenzione alle parodie horror e alle avventure storico-mitologiche di peplum come Ercole al centro della Terra (1961) di Mario Bava e Maciste contro il vampiro (1961) di Giacomo Gentilomo, aggiungendo anche alcune co-produzioni italo-francesi e italo-spagnole che tuttavia non hanno vere radici nella cultura cinematografica italiana (in quanto prodotte esclusivamente per ottenere fondi dai finanziamenti governativi). Guarneri sottolinea anche l’influenza dei romanzi pulp a tema vampiresco (come le serie da edicola “KKK” e “I racconti di Dracula”) e dei fotoromanzi, negli anni Sessanta, poi dei fumetti per adulti come Jacula e Zora nel corso degli anni Settanta.

Christopher Lee in
Ercole al centro della Terra

Nei capitoli di apertura Guarneri mette in evidenza la natura inizialmente “derivativa” del cinema italiano di vampiri, dopo il successo del Dracula di Terence Fisher (1958). Altra caratteristica importante è che, in quanto film destinati all’esportazione, i film italiani di vampiri degli anni Sessanta avevano spesso come interpreti dei noti attori stranieri. E’ il caso di Tempi duri per i vampiri (1959), regia di Steno, e La cripta e l’incubo (1964) di Camillo Mastrocinque, entrambi con Christopher Lee, così come dei due film di Mario Bava La maschera del demonio (1960), con Barbara Steele, e I tre volti della paura (1963), con Boris Karloff. La prima fase del cinema italiano di vampiri si ferma alla fine degli anni Sessanta. Era il periodo di film gotici come L’ultima preda del vampiro (1960) di Piero Regnoli, L’amante del vampiro (1960) di Renato Polselli, La strage dei vampiri (1962) di Giuseppe Tagliavia (alias Roberto Mauri) e Il mostro dell’Opera (1964) ancora di Renato Polselli.

Locandina per l’edizione americana di
I tre volti della paura

Dopo il 1969, il cinema italiano di vampiri tende a essere più sessualmente esplicito, a volte con tematiche lesbiche e offrendo spesso nudi femminili integrali, come in La notte dei dannati (1971) di Filippo Walter Ratti (alias Peter Rush), La notte dei diavoli (1972) di Giorgio Ferroni, Il plenilunio delle vergini (1973) di Luigi Batzella (alias Paolo Solvay), Riti, magie nere e segrete orge nel Trecento… (1973) di Renato Polselli (alias Ralph Brown) e soprattutto in Dracula cerca sangue di vergine… e morì di sete!!! (1974) di Paul Morrissey e Antonio Margheriti. Inoltre, Guarnieri rivela l’esistenza di tre film di vampiri che non vennero mai realizzati, resi noti grazie alle sceneggiature conservate in biblioteche e istituzioni (Il teschio del vampiro, 1962; Dracula terrore d’oltre tomba ovvero Una vergine per Dracula, 1973; Sangue per il vampiro, 1974).

Udo Kier in Dracula cerca sangue di vergine…

Il libro di Guarneri si articola per temi, senza analizzare i singoli film cronologicamente. A questo scopo dedica molta attenzione alla nostra industria cinematografica, utilizzando ampiamente i documenti originali di istituzioni statali come la Direzione Generale dello Spettacolo e la Commissione per la Revisione Cinematografica, mettendo in luce anche l’influenza del Vaticano e del suo “ufficio censura”, il Centro Cattolico Cinematografico.

Nella seconda e terza parte del volume è discusso il contesto sociale e storico nel quale erano prodotti il film italiani di vampiri. Secondo Guarneri i vampiri italiani riflettevano il “national zeitgeist” del miracolo economico alla fine degli anni Cinquanta e l’austerità alla metà dei Settanta, “vent’anni di grandi cambiamenti politici e socio-economici”.

Indagando il vampiro come metafora, l’autore sottolinea le implicazioni politiche e sociali presenti soprattutto in …Hanno cambiato faccia (1971) di Corrado Farina, dove un capitalista si chiama “Nosferatu”. Guarnieri nota i riferimenti al Dracula di Stoker e alla situazione politica italiana del tempo, sintetizzandoli in questo modo: “Alberto Valle, un impiegato di basso livello nel colosso dell’industria pesante Auto Avio Motors, è inviato dal suo capo in un viaggio d’affari verso una remota villa nella campagna piemontese, per incontrare il padrone della Auto Avio Motors, l’ingegner Giovanni Nosferatu. Il viaggio verso la villa dell’ingegner Nosferatu rispecchia chiaramente il viaggio di Jonathan Harker verso il castello di Dracula nel romanzo del 1897 (non a caso il diretto superiore di Valle in fabbrica si chiama Harker), ma il vampiro di …Hanno cambiato faccia ha più somiglianze con il padrone della FIAT, l’avvocato Giovanni Agnelli, che con il Conte di Stoker: sia Giovanni Nosferatu che Giovanni Agnelli sono capitani d’industria con i capelli bianchi, formalmente esterni al mondo della politica parlamentare eppure capaci di controllarla attraverso pressioni economiche e l’uso dei mass media di loro proprietà” (pp. 156–7).

Nel suo approccio politico, Guarneri mette in evidenza come alcuni film peplum che uniscono horror e avventura evocassero l’occupazione nazista dell’Italia nella Seconda guerra mondiale e alludessero al risorgere del neofascismo nel dopoguerra. Inoltre, esplicita un aspetto distintivo del cinema italiano di vampiri: se le vampire anglo-americane sono eminentemente delle predatrici sessuali, le vampiresse italiane riflettono invece l’emancipazione femminile nell’Italia del dopoguerra. Al contrario, il vampiro maschio italiano è un “latin lover ipersessuato, ipervirile, e aggressivamente predatorio, sulla falsariga di Casanova o Don Giovanni, che in un modo o nell’altro si prende tutte le donne che vuole” (p. 113).

La strage dei vampiri

Se c’è un punto debole nel libro di Guarneri, soprattutto per il lettore italiano, è che troppe pagine si concentrano in una panoramica, tra l’altro piuttosto discutibile, della storia d’Italia nel dopoguerra. Tuttavia, mi pare interessante il suo tentativo di collocare il cinema italiano di vampiri nel contesto industriale e politico nazionale.

Il volume rielabora in gran parte una tesi di dottorato dell’autore. Purtroppo non ha conservato per il libro tre interessanti interviste incluse nella tesi, con Corrado Farina, Ernesto Gastaldi e Fabio Frizzi (Sanguisughe Sexy: Vampires in Italian Genre Cinema between 1956 and 1975, PhD thesis, University of Northumbria at Newcastle, 2018; https://core.ac.uk/display/218199166).

E’ curioso, poi, che il primo libro interamente dedicato al cinema italiano di vampiri sia scritto per un pubblico di lingua inglese e pubblicato in Gran Bretagna. Tra l’altro l’autore è italiano (nato a Cremona nel 1988), anche se scrive e pubblica prevalentemente in inglese. La nostra editoria evidentemente soffre ancora del vecchio pregiudizio contro la letteratura e il cinema fantastico: troppo spesso chi vuole affrontare seriamente i nostri generi trova più ascolto all’estero che da noi. Nonostante la nostra abbondanza di folklore soprannaturale, ancora oggi c’è una carenza di considerazione per le declinazioni nazionali dell’horror nella letteratura e nel cinema.

In conclusione, il lettore italiano troverà molto utile la ricostruzione storica di un nostro sottogenere decisivo nel cinema gotico e dell’orrore. Se siete interessati al vampiresco tricolore e potete affrontare il prezzo proibitivo di questo libro (circa 64 euro), Vampires in Italian Cinema, 1956–1975 merita di essere letto.

3 thoughts on “VAMPIRI ALL’ITALIANA”

  1. Caro Fabio, sono l’autore della monografia in questione. Volevo ringraziarti per aver recensito il mio libro. Sono molto contento che lo hai trovato utile e meritevole di essere letto. Fortunatamente, a breve uscirà un’edizione paperback a un prezzo molto più abbordabile (20-25 sterline), ho da poco firmato il contratto.

    I tuoi lettori potranno trovare le mie interviste a tema vampirico con Corrado Farina, Ernesto Gastaldi e Fabio Frizzi (più altri materiali vampirici d’epoca) su https://cinepugno.home.blog/

  2. Caro Fabio, sono l’autore della monografia in questione. Volevo ringraziarti per aver recensito il mio libro. Sono molto contento che lo hai trovato utile e meritevole di essere letto. Fortunatamente, a breve uscirà un’edizione paperback a un prezzo molto più abbordabile (20-25 sterline), ho da poco firmato il contratto.

    I tuoi lettori potranno trovare le mie interviste a tema vampirico con Corrado Farina, Ernesto Gastaldi e Fabio Frizzi (più altri materiali vampirici d’epoca, in italiano e inglese) su https://cinepugno.home.blog/

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