ALLE FONTI DEL VAMPIRO MODERNO / 7ter

I vampiri invadono la Russia

L’influsso della poesia The Vampire di Rudyard Kipling, e del quadro di Philip Burne-Jones che l’aveva ispirata, nei primi anni del Novecento si spinse fino alla Russia. Contaminò la cultura e il nascente cinema, per quanto in modo limitato e circoscritto. In Russia la creatura che in occidente era definita con il termine vampiro si chiamava upyr’. Dagli inizi del XX secolo, però, anche in Russia si adotta il termine occidentale per descrivere creature soprannaturali che succhiano il sangue o donne fatali che sottraggono energie.

A dimostrazione di quell’influsso, dai risvolti anche lessicali, nel gennaio 1906 avvia le pubblicazioni a San Pietroburgo una rivista settimanale “artistica e satirica” dal titolo “Vampir’”, chiusa dopo otto numeri. Il periodico, con le sue eleganti illustrazioni e le sue invettive politiche, si inseriva nella vivacità culturale seguita alla rivoluzione antizarista del 1905. Ne era caporedattore Benedikt Avraamovich Katlovker, che tra i tanti suoi pseudonimi si firmava “Upyr’” (tra il 1909 e il 1917, invece, sotto lo pseudonimo B. Reutsky pubblicò la serie di romanzi neri e d’avventura “Dalle note di uno psichiatra”).

Non è un caso poi che Vsevolod Mejerchold abbia tradotto in russo l’opera teatrale di Frank Wedekind Erdgeist (Lo spirito della terra), dove compare il personaggio della donna fatale Lulu, dandogli il titolo Vampir (volume pubblicato da Shipovnik, Sankt-Peterburg 1908).

Copertina del primo numero della rivista “Vampir” (1906)

Per quanto riguarda il cinema russo, un primo esempio di influenza della Vampira kiplinghiana può farsi risalire al dicembre 1912, quando esce nelle sale Tajna doma n. 5 (Il mistero della casa n. 5), pellicola di circa mezz’ora realizzata dalla sede moscovita della francese Pathé. Diretto da Kai Gansen, il film si avvaleva della fotografia suggestiva di Alexandr Levitsky (Premio Stalin nel 1949).

Tajna doma n. 5 risulta conservato negli archivi russi del Gosfilmofond, senza didascalie, ma ne sono stati diffusi solo i primi 15 minuti (esisterebbe anche una copia ungherese, dal titolo Az 5-ös számú ház titka). Inoltre, a maggio 1913 il film uscì in Francia come Le Mystère de la rue Donskaya ed è stato restaurato nel 2021 dalla Fondation Jérôme Seydoux-Pathé che ha ripristinato le musiche di accompagnamento composte da Stephan Oliva. Anche questo restauro non è disponibile al pubblico, ma dalla sceneggiatura della versione francese, conservata alla Bibliothèque National de France, si desume la trama precisa del film.

Una donna che frequenta i circoli nobiliari, Elsa (Vera Pashennaya), viene lasciata dal ricco conte Darski (Boris Piasetski) per un’altra donna. Mossa dalla vendetta, Elsa orchestra una trappola con il suo ex amante Dobrov (Mikhail Doronin) e convince Darski a passare per sfida una notte in una casa abbandonata che si ritiene infestata dal fantasma della proprietaria, morta misteriosamente: secondo le dicerie, il suo ritratto a mezzanotte prenderebbe vita per uccidere qualsiasi uomo si trovi di fronte. Quando Darski si reca nella casa, Elsa si veste in abiti ottocenteschi e si finge il dipinto della defunta padrona di casa, appeso a una parete, per terrorizzare il conte. Poi il complice Dobrov spara a Darski ed è simulato un suicidio, lasciando un biglietto accanto al corpo: “Non avendo la forza di sopportare più a lungo tanto orrore, metto fine al mio supplizio”. La mattina dopo, Darski è trovato morto dalla ragazza che lo amava e la perfida Elsa gode della vendetta (“il dolore della rivale raddoppia la sua soddisfazione”, si legge nel materiale pubblicitario).

Il film Tajna doma n. 5 univa luoghi comuni dell’immaginario macabro, come la casa infestata e il ritratto che prende vita, togliendo però ogni aspetto soprannaturale alla vicenda. Il principale personaggio femminile è indubbiamente accostabile alle donne vampiro che si erano profilate nel cinema americano ed europeo. È significativo che in Tajna doma n. 5 la Vampira resti impunita e, nonostante palesi dei rimorsi in alcune espressioni nella parte finale del film, sia fiera del suo trionfo criminale. Questa protovampira del cinema russo non è inquadrata in una postura simile al quadro di Philip Burne-Jones, ma si erge vittoriosa, in piedi, accanto al cadavere della sua vittima. A interpretare la vampiresca Elsa era Vera Pashennaya che resterà un’attrice molto attiva e apprezzata anche nel periodo sovietico.

La Vampira nel ritratto (a sinistra) e poi trionfante sulla sua vittima in Tajna doma n. 5 (1912)

L’influenza della moda occidentale per la Vampira kiplinghiana, e in particolare per i balletti che aveva ispirato, si affaccia in Russia nel 1914 con il corto di circa tre minuti Tanez vampira (Danza del vampiro) della casa produttrice Tieman e Reinhardt. Le riprese erano ancora una volta di Alexandr Levitsky, qui sotto la direzione di Yakov Protazanov (da ricordare, tra l’altro, per la sua regia del celebre film sovietico di fantascienza Aelita, nel 1924). La danza era eseguita da V. Laskina e da Richard Boleslawski, all’epoca attore teatrale e ballerino, poi regista di varie pellicole di successo a Hollywood.

Il cortometraggio è perduto e apparteneva al genere allora popolare in Russia del film-balet, brevi riprese cinematografiche di numeri danzanti. La rivista “Sine-Fono” dedicò due brevi segnalazioni al film (15 febbraio 1914; 1 marzo 1914), definendo la Danza del vampiro “degna rivale del Tango”.

L’esempio più eclatante di Vampira nel cinema russo compare un anno dopo, nel 1915, con Zagrobnaia skitalitsa (Vagabonda dell’aldilà), noto anche come Zhenshchina-vampir (La donna-vampiro). Secondo Gary D. Rhodes (The First Feature-Length Vampire Film in gdrhodes.medium.com, 28 ottobre 2023) sarebbe “il primo lungometraggio sui vampiri nella storia mondiale del cinema”, perché mette esplicitamente in scena una vampira soprannaturale, tornata dalla morte per succhiare il sangue, e non una semplice femmina che insidia energie e beni del maschio.

Il film è perduto e restano oggi a disposizione solo cinque foto. Diretto e interpretato da Viacheslav Turzhanskii (una volta emigrato in Europa, dopo la Rivoluzione sovietica, prese il nome di Viktor Tourjansky), Zagrobnaia skitalitsa vedeva nella parte della Vampira l’attrice Olga Baclanova che continuerà a interpretare bionde donne fatali anche dopo il suo trasferimento in America nel 1925, in film come The Man Who Laughs (1928) di Paul Leni e Freaks (1932) di Tod Browning.

La giovane Vera (Olga Baclanova) si è innamorata dell’artista Amosov (Viacheslav Turzhanskii), ma si toglie la vita quando scopre che l’uomo la considera solo un passatempo tra un’avventura amorosa e l’altra. Nella morte, l’anima di Vera si fonde con quella di una ragazza che le assomiglia. Vent’anni dopo, la reincarnazione di Vera è una donna felicemente sposata. È però consumata da una strana malattia che i medici non sanno spiegarsi. Per sopravvivere, Vera di notte si nutre di sangue umano. Uno spiritista scopre la verità e grazie all’evocazione di un’entità dell’oltretomba la Vampira è neutralizzata.

Con Zagrobnaia skitalitsa / Zhenshchina-vampir abbiamo la prova che la Vampira, nel 1915, non era appannaggio solo del cinema americano, dato che nello stesso momento anche in Russia un personaggio analogo (e per di più direttamente connesso alla tradizione dei nonmorti) era al centro di un film. I critici russi non si distanziarono molto dai loro colleghi americani nel liquidare frettolosamente una pellicola che affrontava temi sensibili per il perbenismo, definendola sia “vergognosa” sia incapace di spaventare davvero. Il sindaco di Pietrogrado (oggi San Pietroburgo) proibì le proiezioni del film. Del resto, la garanzia che Zagrobnaia skitalitsa avrebbe fatto scandalo veniva dal nome dell’autore del soggetto, Anatolij Kamenskij, all’epoca celebre scrittore estremo, tanto che ancora nel 1976 la storica del cinema Neja Zorkaja stigmatizzava “l’esecrabile produzione del belletrista erotico Anatolij Kamenskij” (Sfondi e requisiti. La pornografia sugli schermi degli anni Dieci, ora in Letteratura e cinema nel Modernismo russo, a cura di Claudia Criveller e Anita Frison, WriteUp Books, Roma 2022).

Zagrobnaia skitalitsa / Zhenshchina-vampir (1915)

Nello stesso 1915 di Zagrobnaia skitalitsa, il cinema muto russo ci offre un’altra Vampira in Posle smerti (Dopo la morte) di Evgeny Bauer, ispirato a un racconto di Ivan Turgenev. Può sembrare una forzatura definire Vampira lo spettro al centro del film, ma sicuramente molte sequenze indicano un riferimento alla vampiresca donna distruttiva, presentando un uomo vinto e consumato da una figura femminile che torna dalla morte.

Il giovane scienziato Andrei Bagrov (Witold Polonsky), dedito solo ai suoi studi, rifiuta l’amore dell’attrice Zoya Kadmina (Vera Karalli) e la ragazza si avvelena. Leggendo il diario della suicida, Andrei comincia ad avere allucinazioni in cui vede Zoya vestita di bianco, il volto angelico e sofferente, che gli indica l’Aldilà. Col protrarsi delle visite dello spettro, il giovane deperisce, sta sempre più male. “Hai vinto… Prendimi! Sono tuo…”, esclama infine. Dopo l’ennesima apparizione, Andrei muore nel suo letto.

Il film Posle smerti è sopravvissuto, in ottime condizioni, permettendoci di valutare le effettive assonanze con il vampirismo. Per quanto immateriale, il fantasma al centro del film assomma le caratteristiche del vampiro: avvicina la bocca al collo del suo amato, lasciando intendere il desiderio di un morso, e lo sovrasta mentre è privo di sensi. Una scena fa sorgere il dubbio che Zoya sia un essere concreto, come i vampiri leggendari, perché Andrei dopo una delle apparizioni si risveglia e si trova tra le mani una ciocca di capelli della ragazza.

L’attrice Vera Karalli che interpretava la pseudovampira ha avuto una notevole carriera durante il cinema muto e il suo nome è legato a una vicenda importante della storia russa: era quasi certamente presente, anche se non è stato mai ammesso dai testimoni, nel palazzo del principe Feliks Jusupov quando, in una notte del dicembre 1916, venne ucciso con veleno e colpi di pistola Rasputin, il famoso consigliere dello zar. La Karalli era l’amante di uno dei cospiratori che eliminarono il “monaco nero”, il granduca Dmitrij Pavlovič Romanov, cugino dello zar Nicola II (e aspirante al trono).

Lo spettro vampiresco di Posle smerti (1915)

Per quella catena di coincidenze bizzarre che connota a volte il “vampirismo” dell’immaginario, uno degli attori di Posle smerti, Georgij Azagarov, nel 1917 scrive e dirige il film Zhenshchina vampir (La donna vampiro) che esce in sala nei giorni della Rivoluzione bolscevica. Era l’adattamento cinematografico del racconto Ubiystvo (Omicidio; in Sobraniye sochineniy, vol. 7, 1906) di Vlas Doroshevich, prolifico giornalista e scrittore che vantava oltre cento pseudonimi.

Il testo di Doroshevich è un’agghiacciante descrizione della lenta morte di un uomo, inizialmente convinto di avere solo una bronchite e a poco a poco consapevole che la sua bellissima moglie lo sta uccidendo, per impadronirsi dell’eredità. Ogni bacio che la donna gli concede lo porta verso la morte. L’uomo, in scenari tropicali, si immagina “sdraiato sull’erba, morente, mentre un vampiro succhia il sangue”.

Il film Zhenshchina vampir proponeva la stessa situazione del racconto, con il protagonista Victor (Nikolaj Rimskij) che è progressivamente indebolito dai baci e dalle attrattive sessuali di Alla (Vera Charova). Leggendo una recensione, recuperata da Gary D. Rhodes e apparsa su “Sine-Fono” (n. 1-2, 1918), pare che nel film comparisse anche il quadro di una “donna vampiro” che Victor ammira e che prende vita confondendosi con l’immagine di Alla. Il film è perduto, quindi non è dato sapere quali fossero le caratteristiche del ritratto, ma possiamo fantasticare su un’ipotesi: poteva trattarsi di una riproduzione del dipinto The Vampire di Burne-Jones?

Avendo lo stesso titolo (Zhenshchina vampir) del film con Olga Baclanova del 1915, l’opera di Azagarov è spesso confusa con la pellicola anteriore. Quel titolo, in ogni caso, è rimasto a lungo nella memoria russa, come dimostra una citazione nel film sovietico del 1968 Sluzhili dva tovarishcha (Servivano due compagni, 1968) di Yevgeni Karelov. Nella prima parte, ambientata nel 1920, un comandante dell’Esercito rosso tesse le lodi del cinema a un soldato, per convincerlo della necessità di girare un film sugli eroi della Rivoluzione: “Il cinema è una gran cosa! Cinema! Hai visto Zhenshchina vampir? Resti lì seduto, sconvolto dall’orrore”.

Non sappiamo a quale delle due “donne-vampiro” del cinema russo si riferisse quella citazione, ma indubbiamente si evince che almeno una di quelle pellicole fosse popolare ed evocativa. La figura della Vampira aveva conquistato anche la Russia.

Zhenshchina vampir, 1917 (dal forum del sito kino-teatr.ru)