VAMPIRI A SMOLENSK

Quanti sanno che la serie tv più amata e popolare in Russia negli ultimi anni (tra pandemia e guerra) è una serie sui vampiri? Si intitola Vampiry sredney polosy, traducibile come “Vampiri dei territori centrali”: i “territori centrali” sono quelli di Smolensk e dintorni, dove si ambienta la serie.

Commedia horror unita a dramma, a storie d’amore e a meccanismi del poliziesco, Vampiry sredney polosy si incentra su una “famiglia” di vampiri, guidata da un anziano. Ibrido tra What We Do in the Shadows e La famiglia Addams (con suggestioni anche dalle saghe occidentali sui supereroi: ogni vampiro ha un suo personale superpotere), è stata veicolata dall’azienda russa di streaming Start dal marzo 2021 e poi dalla rete TNT.

Nell’episodio d’apertura della prima stagione, diretta da Anton Maslov, facciamo subito la conoscenza con il giovanissimo Zhenya (Gleb Kalyuzhny), diventato vampiro da poco tempo, che si dedica a dissanguare umani senza arrivare a ucciderli, portando fiale piene di sangue alla sua “famiglia”.

Il protagonista principale è Svyatoslav Vernidubovich (Yuri Stojanov), detto Nonno Slava, vampiro dalla notte dei tempi con un suo precipuo superpotere: può volare, anche se con difficoltà data l’età avanzata, e si trasforma in mostruoso pipistrello. È lui il capofamiglia: nel corso dei secoli ha reso vampiri tre persone che si trovavano in pericolo di morte e poi le ha riunite per creare una “famiglia”. Oltre a Zhenya, vivono con lui Jean (Artem Tkachenko) e Anna (interpretata da Ekaterina Kuznetsova nella prima stagione, Anastasiya Stezhko nella seconda).

Jean è un francese, medico in epoca napoleonica quando venne reso vampiro da Slava. Oggi lavora in un ospedale di Smolensk, sempre pronto a sedurre giovani infermiere. Grazie al suo lavoro fornisce alla “famiglia” sacche di sangue. Come superpotere, assaggiando il sangue può sapere tutto sul donatore.

Anna è stata vampirizzata da Slava nell’immediato dopoguerra, quando era agente della milizia sovietica. Anche ai giorni nostri fa la poliziotta, rivelando un carattere duro e femminista. Proprio a lei è affidata l’indagine che coinvolge i vampiri e quindi i suoi “familiari”. Grazie al suo superpotere può leggere i pensieri di una persona toccandola.

Zhenya gestisce un blog sui vampiri e organizza feste vampiresche. Ignora quale sia il suo superpotere, ma scopre la telecinesi e l’incredibile capacità di rigenerazione del suo corpo (Nonno Slava gli trafigge una mano con un coltello e la ferita si rimargina immediatamente).

I succhiasangue di Vampiry sredney polosy non temono la luce del sole e si riflettono negli specchi. Nonno Slava è l’unico che vuole dormire in una bara, per rispetto di antiche tradizioni. Questa piccola comunità vive come una tranquilla famiglia di provincia, cibandosi di sangue senza uccidere nessuno per seguire le precise regole della comunità vampirica, controllata da severi Guardiani, che vietano di togliere la vita agli umani così da non suscitare ostilità.

La famiglia dei vampiri di Smolensk: dall’alto Jean, Anna e Zhenya

La vita della famiglia di vampiri è turbata quando la polizia trova vari cadaveri senza sangue in un boschetto di betulle vicino a Smolensk. Tutti i vampiri della zona sono in pericolo, perché la loro esistenza può essere rivelata, e la famiglia di Nonno Slava deve allontanare ogni sospetto e scoprire i veri responsabili.

La seconda stagione ripete alcuni cliché della prima, con altri omicidi, un altro capo dei Guardiani e alcune novità: una misteriosa bambina testimone di delitti che viene ospitata dalla famiglia dei vampiri, l’arrivo in città di una violenta banda di vampiri e la prigionia di Olga, catturata dai Guardiani perché aspetta un figlio da un umano.

Vampiry sredney polosy è un prodotto per tanti versi di grande raffinatezza, sia nella cura delle immagini (il cinema e la tv della Russia si avvalgono di ottimi professionisti) che nei sottotesti, come le riflessioni sull’umanità in contrapposizione al vampirismo (“essere umani è difficile” dice Nonno Slava). La serie, tra l’altro, non è indirizzata a un pubblico esclusivamente giovanile, sia perché il protagonista principale è un anziano, sia perché evita di concentrarsi (al contrario delle saghe di Buffy l’Ammazzavampiri o di Twilight) su personaggi teenager, ma privilegia gli adulti se si esclude il blogger Zhenya.

Nonno Slava si trasforma

Gli ingredienti che hanno permesso alla serie di ottenere un vasto successo in Russia sono molteplici. I personaggi femminili sono tutti delineati come donne forti e indipendenti, ogni vampiro della “famiglia” attrae l’attenzione degli spettatori con la propria vita individuale, appassionando il pubblico che si affeziona alle loro vicissitudini, in gran parte sentimentali. La serie ospita una delle più intense storie d’amore tra vampiri, quella tra il francese Jean e la contessa Olga Vorontsova (Olga Medynich). È una storia d’amore tempestosa, tra reciproci tradimenti. Jean sposò Olga e poi la lasciò 80 anni prima. Ancora innamorato, oggi Jean si reca a prendersi cura della tomba di lei al cimitero, anche se sa che Olga non è lì. Olga, attrice di mestiere, come tutti i vampiri della serie ha un superpotere: ipnotizza con lo sguardo fascinoso.

Altra storia d’amore è quella tra Anna e il tenace investigatore moscovita Ivan Zhalinsky (Michail Gavrilov) che deve indagare sulle strane morti di Smolensk. Scapolo e donnaiolo, Ivan si innamora presto della collega e ne scopre il vampirismo durante un rapporto sessuale. Nella seconda stagione viene fatto subito morire, a sorpresa, gettando Anna nella disperazione.

La vampira Olga

Vampiry sredney polosy sfrutta la possibilità, tipica delle serie dei film sui vampiri, di ambientare flashback in epoche storiche lontane. Grazie alla sua lunga esistenza, Nonno Slava ha conosciuto tutta la storia della Russia e commenta sarcasticamente vari personaggi, da Stalin a Yuri Gagarin. Non mancano le critiche satiriche all’amministrazione pubblica russa. Irina Vitalievna (Tatiana Dogileva) è una funzionaria statale, ma è anche alla guida dei temuti Guardiani, e Nonno Slava farà capire che i funzionari di Stato, in Russia, possono fare più paura dei vampiri. Implicitamente la serie ci dice qualcosa sulla Russia di oggi e sulla sua cultura: quelle creature trasgressive per antonomasia che sono i vampiri qui sono integrati nella società. Insomma, nella Russia odierna anche i vampiri collaborano al bene del paese.

Vampiry sredney polosy attualmente consta di due stagioni (la prima del 2021 e la seconda del 2022) con 8 episodi ciascuna, più uno speciale natalizio che vede la famiglia di vampiri prepararsi al nuovo anno, ed è stata annunciata la produzione di una terza stagione. Nel 2018 era stato girato un episodio pilota, con alcuni interpreti e il regista differenti da quelli della serie definitiva.

Fin dall’inizio il ruolo cruciale di Nonno Slava doveva andare all’attore Yuri Stojanov che però rinunciò per altri impegni. La parte passò a Mikhail Yeframov, rimasto poi coinvolto in un processo che in Russia ha fatto scalpore, per un tragico incidente automobilistico: a quel punto il ruolo tornò a Stojanov. Un’altra sostituzione fu necessaria per la seconda stagione, dato che l’interprete della vampira-poliziotta Anna, Ekaterina Kuznetsova, aveva lasciato la Russia per dissensi politici.

La serie Vampiry sredney polosy può essere visionata nei servizi a pagamento start.ru e sovietmoviesonline.com (con sottotitoli in inglese).

A questo link https://www.facebook.com/ivo.scanner/videos/1116506389503010/ l’inizio del primo episodio, sottotitolato in italiano, con interessante colpo di scena finale.

Immagine dai titoli di testa della serie

UN ALTRO PALETTO “POLITICAMENTE CORRETTO” CONTRO I VAMPIRI

Come preannunciato dalla serie First Kill e dal film The Invitation, un’altra strage di vampiri in nome del politically correct si è realizzata con la serie tv Interview with the Vampire, appena uscita nelle prime due puntate. Solo che questa volta a farne le spese sono i gloriosi vampiri creati da Anne Rice, e celebrati dal film di Neil Jordan del 1994.
In virtù del nuovo corso “inclusivo” della serialità televisiva statunitense (e del cinema di Hollywood) cosa c’era di meglio di una trasformazione in afroamericano di Louis, il personaggio interpretato sul grande schermo da Brad Pitt? E cosa di meglio che inscenare sodomie virtuali, oltre che baci e morsi, tra i due protagonisti principali?

I due attori che incarnano Louis e Lestat sembrano usciti dalla serie tv a tema “vampiri gay” The Lair (2007–2009) o dal film Vampire Boys, che almeno avevano l’alibi dell’ingenuità e del basso budget. Non è per altro nuova la colorazione gay del vampirismo, del resto presente nel mito dei succhiasangue fin dall’Ottocento. Ora però si assiste a una banalizzazione senza precedenti, che rende palese quello che era insinuato o ambiguo. Si cerca il consenso di un settore specifico di pubblico, utilizzando spregiudicatamente vari luoghi comuni.
La bellezza formale di alcune scene (comunque ormai consueta nelle serie tv d’oltreoceano che possono disporre di finanziamenti adeguati) si scontra con l’inefficacia della sceneggiatura. Il primo episodio, della interminabile durata di un’ora e 11 minuti, è infarcito di sequenze inutili, per tratteggiare la vita privata di una famiglia di ricchi afroamericani nei primi anni del Novecento. Con un sol colpo si presume di attrarre il pubblico, appunto, afroamericano e Lgbtq.
Il pezzo forte della prima puntata dovrebbe essere l’iniziazione di Louis, con tanto di nudo integrale e simulazione di una sodomia in assenza di gravità: probabilmente si cercava un espediente “poetico” per unire omosessualità maschile e morsi vampirici, condito da musiche orchestrali da soap opera. Anche la scena iconoclasta in chiesa (chissà cosa ne avrebbe pensato la Rice, fanatica religiosa negli anni precedenti alla scomparsa) non decolla, a parte un divertente momento splatter.

Il mascellone biondo che interpreta Lestat (l’attore australiano Sam Reid) non si avvicina minimamente per perfidia e fattezze a Tom Cruise nel film di Jordan. Jacob Anderson nella parte di Louis, viceversa, si esibisce in una serie di smorfie ridicole durante la vampirizzazione come mai visto prima nemmeno nei film vampireschi in forma di commedia.
Aggiungiamo, infine, che il furore del politicamente corretto impone anche una Claudia, la bambina vampiro che resta tra le ideazioni immortali della Rice, a sua volta afroamericana (e non bambina, ma adolescente), come preannunciano i preview delle puntate successive. Se qualcuno avesse ancora dei dubbi, confermo: sì, questa è una stroncatura senza appello della prima puntata e delle anticipazioni del prosieguo di Interview with the Vampire versione tv. La follia del politicamente corretto ormai non ha più limiti e tenta di fagocitare ogni espressione della cultura e dell’immaginario, con risultati grotteschi.

Le smorfie di Louis vampirizzato
Lestat e Claudia nella serie tv Interview with the Vampire

VAMPIRI RECLUTATI PER IL POLITICALLY CORRECT

Anche i vampiri, loro malgrado, sono stati reclutati nella campagna ideologica delle major dell’intrattenimento per diventare testimonial del politically correct, in particolare della “inclusività”. Ecco, infatti, arrivare sugli schermi la serie televisiva Netflix dal titolo First Kill, in 8 puntate.

Tratta da un racconto della scrittrice per bambini e adolescenti Victoria Schwab (nell’antologia Vampires Never Get Old: Tales With Fresh Bite, 2020), la serie è stata lanciata puntando sul legame lesbico delle due protagoniste principali, la giovane vampira Juliette (Sarah Catherine Hook) e la cacciatrice di mostri Calliope (Imani Lewis). Nell’immaginaria cittadina degli Stati Uniti dove si ambienta la storia (popolata in passato da mostri) le due ragazzine non fanno scandalo per la propria omosessualità, ma perché appartengono a due famiglie rivali, i vampiri “originari” Fairmont e i cacciatori di mostri Burns.

Tra baci omosessuali a ripetizione, ogni dettaglio è studiato per veicolare una presunta “inclusività”: Juliette è bianca, Calliope nera, il miglior amico di Juliette è un nero gay, i “buoni” nemici dei mostri sono tutti neri e afroamericani, mentre i “cattivi” vampiri sono tutti bianchi e ricchissimi.
I vampiri dell’immaginario non avevano bisogno di First Kill per essere trasgressivi, basti pensare al lesbismo presente già nel lontano 1936 in Dracula’s Daughter. Ma in questa serie del Terzo Millennio non c’è più trasgressione, bensì conformismo nel proporre l’omosessualità come nuova normalità per indottrinare le giovani generazioni ai valori aggiornati della correttezza politica.

Il titolo, First Kill, allude alla prima uccisione (di un umano o di un vampiro) che le due protagoniste non hanno ancora compiuto. Così il tema della “prima volta” che dovrebbe turbare i teenager è spostato dalla sessualità all’omicidio.
A una sceneggiatura che ricorda gli autori cialtroni inventati dalla serie nostrana Boris (o che pare a volte una parodia di Beautiful) si aggiungono effetti speciali in CGI quanto meno rozzi (tra ghoul, zombi e mostri giganti vari), una sigla iniziale tra le più brutte nella storia delle serie tv, allusioni a Shakespeare paradossali e il tema dell’amore impossibile tra vampiri e cacciatori di vampiri stravisto.
Inevitabile il riferimento a Buffy l’ammazzavampiri, una serie che First Kill tenta di saccheggiare con l’ambientazione in una cittadina infestata da mostri e nella messa in scena di problematiche adolescenziali. Ma il confronto è impietoso e fa rilucere Buffy oltre ogni lode già espressa. Così come capolavori a confronto di First Kill appaiono le serie gemelle The Vampire Diaries e The Originals.

Tuttavia, come sempre avviene quando si tratta di vampiri, qualche elemento interessante non manca, dall’algida vampira borghese madre di Juliette interpretata da Elizabeth Mitchell (specialista di presenze in serie tv, compresa Lost) alla reiterata bevuta di sangue a tre (due vampiri che succhiano contemporaneamente dalle braccia di una sola vittima). E ci sono situazioni talmente grottesche da risultare spassose, come la scena in cui il padre di Juliette divora letteralmente in un boccone la suocera arcivampira.