ALLE FONTI DEL VAMPIRO MODERNO / 2

La vampira di Kipling

Per un trentennio il mondo anglosassone, e non solo, fu attraversato da quella che si definì “vampire craze”, una vera e propria “mania per i vampiri” (o meglio per le vampire), avviata nel 1897 con il quadro e la poesia The Vampire per poi passare il testimone, nel 1927, alla passione per Dracula grazie a Bela Lugosi.

Come abbiamo visto nell’articolo precedente, l’inizio della saga di The Vampire (imperniata su una donna che porta sventura e distruzione ai maschi, preferibilmente benestanti e sposati) è avvenuto con il quadro di Philip Burne-Jones. Ma quella vampira vittoriana dipinta forse non avrebbe avuto successo per decenni se non fosse stata accompagnata dalla poesia scritta per l’occasione dall’autore del Libro della giungla, Rudyard Kipling. È uno dei primi esempi di vampiro multimediale che attraversa differenti mezzi di comunicazione e di espressione: un quadro, una poesia, poi un testo teatrale, un romanzo, diversi film, balletti.

Le loro madri erano sorelle, quindi Kipling e Burne-Jones si erano frequentati fin da bambini e per un periodo, in età adulta, furono legati da stretta amicizia. Ci si è chiesti se per The Vampire Burne-Jones si sia ispirato alla poesia di Kipling o viceversa. Stando alle sue dichiarazioni, in occasione dell’intervista che rilasciò a “The Argus” nel 1898, il pittore aveva avuto in mente il soggetto di The Vampire per molti anni e pare ormai certo che Kipling scrisse la poesia solo dopo aver visto il quadro del cugino, per aiutarlo a lanciare la sua opera.

Due cartoline postali con la riproduzione del quadro di Burne Jones e la poesia di Kipling

La prima apparizione in forma stampata della poesia è perciò affidata alla pagina 8 nel catalogo per la mostra della New Gallery, dove il quadro era esposto come opera n. 15. Il padre di Philip, il pittore Edward Burne-Jones, sapeva che Kipling, su richiesta del cugino, aveva scritto una poesia per quel catalogo. Andrew Lycett (in Rudyard Kipling, Weidenfeld & Nicolson, London 1999) cita un ricordo dell’assistente personale dell’artista, Thomas Rooke, che il 19 aprile 1897 discusse del quadro e della poesia The Vampire con il grande pittore preraffaellita. Secondo Edward Burne-Jones, “la poesia di Ruddy sul quadro di Phil” era talmente lunga che il catalogo sarebbe stato occupato quasi tutto da quel testo. In realtà la poesia era piuttosto breve, ma di certo focalizzò l’attenzione di pubblico e critica su quell’unico quadro, a detrimento delle altre opere esposte compresi dipinti di John Singer Sargent e dello stesso Edward Burne-Jones.

Questo il testo di The Vampire, in una traduzione rielaborata da Vampirismus. Gotico e fantastico nel mito del vampiro (Alfamedia, Roma 1986):

C’era un folle e diceva le preghiere
(proprio come te e me!)
per uno straccio, un osso e una matassa di capelli
(la chiamavamo la donna che di nulla si cura)
ma il folle la chiamava la sua bella signora
(proprio come te e me!)

Oh, gli anni sprecati e le lacrime sprecate
e il lavoro della nostra mente e della nostra mano
appartengono alla donna che non sapeva
(e ora sappiamo che non avrebbe mai potuto sapere )
e che non capiva.

C’era un folle e spese i suoi beni
(proprio come te e me!)
l’onore e l’onestà e un vero ardore
(e non era quello che la signora voleva)
ma un folle deve seguire la sua inclinazione naturale
(proprio come te e me!)

Oh, le energie che abbiamo perso e i guadagni che abbiamo perso
e le grandi cose che progettavamo
appartengono alla donna che non sapeva perché
(e ora sappiamo che non avrebbe mai saputo perché)
e non capiva!

Il folle fu spogliato sino all’osso
(proprio come te e me!)
e lei poteva accorgersene quando lo gettò via
(ma non risulta che la signora abbia provato ad accorgersene)
al punto che un poco di lui visse, ma il più di lui morì
(proprio come te e me!)

E non è la vergogna e non è la colpa
che morde come un tizzone incandescente.
Ma venire a sapere che lei mai seppe perché
(vedendo, alla fine, che lei mai avrebbe potuto sapere perché)
e mai avrebbe capito.

Un’edizione americana di The Vampire del 1898

La coincidenza temporale tra la poesia di Kipling e la pubblicazione del romanzo Dracula di Bram Stoker (il 17 aprile 1897 la prima, il 26 maggio il secondo) avviò un interesse inusitato per i vampiri alla fine del secolo e per i decenni successivi. Ma in quel periodo a influenzare il senso comune e persino il linguaggio non fu Dracula, ma The Vampire. Un decennio dopo, la parola “vampire” era associata correntemente solo al vampirismo parassitario indicato da Kipling e Burne-Jones e agli esotici pipistrelli mostrati nelle fiere che si diceva succhiassero il sangue, tanto che “The New York Times” (5 marzo 1899) scriveva: “La gente oggi usa con noncuranza la parola ‘vampiro’ come termine più forte e un po’ più spregevole di ‘parassita’… Probabilmente poche persone sanno cos’è un vero vampiro”. E il quotidiano si sentiva in dovere di spiegare che i vampiri risalgono alle credenze popolari sui morti che tornano dalla tomba e si cibano del sangue dei viventi (sostenendo del tutto fantasiosamente che “questa superstizione era prevalente nel sud Italia mezzo secolo fa”). Dracula quindi non aveva lasciato il segno sui lettori di quegli anni con il suo vampiro soprannaturale, ed erano momentaneamente dimenticati The Vampyre di John Polidori (1819) e Carmilla di Joseph Sheridan Le Fanu (1872): a conclusione del secolo era The Vampire a imporre la concezione realistica del vampirismo, un vampirismo “psicologico”, “spirituale” e soprattutto femminile, solo metaforicamente associato alle antiche credenze sui nonmorti.

È significativo che nel 1914 Ernst Havekost, in una sua pionieristica dissertazione di dottorato sulla leggenda dei vampiri in Inghilterra (Die Vampirsage in England, Facoltà di filosofia dell’Università di Halle-Wittenberg), citi Dracula solo come titolo, in un elenco di “opere minori” sul vampirismo, a testimonianza della inferiore notorietà del libro di Stoker, nei primi due decenni del Novecento, rispetto alla poesia di Kipling, riportata integralmente nella dissertazione.

Resta comunque importante e singolare che le due opere, Dracula e The Vampire, avessero fatto la loro comparsa a poche settimana di distanza l’una dall’altra. Entrambi accesi sostenitori dell’imperialismo britannico, Kipling e Stoker si conoscevano bene e si frequentavano almeno dal 1889, dato che il Lyceum Theatre di Irving era un crocevia per incontri tra intellettuali.

Il 3 febbraio 1892, Rudyard Kipling prende un treno con la moglie Caroline per recarsi a Liverpool e iniziare un viaggio di nozze negli Stati Uniti. Alla stazione, scrittori ed editori li salutano. C’era Henry James, ma c’era anche Bram Stoker. Secondo Jimmie E. Cain l’episodio dimostrerebbe “gli stretti rapporti tra Stoker e Kipling” (Bram Stoker, Geopolitics, and War in Bram Stoker and the Late Victorian World, a cura di Matthew Gibson e Sabine Lenore Müller, Clemson University Press, Clemson 2018).

Comunque, nella primavera del 1897 mentre Stoker era ancora intento a correggere le bozze di Dracula, Kipling aveva già scritto The Vampire. Charles Carrington (Rudyard Kipling: His Life and Work, Macmillan, London 1978) sostiene che Kipling non aveva preso sul serio quella poesia, non vi aveva messo nulla di se stesso e la considerava “un pezzo occasionale, un favore per il cugino Phil: niente di più”. Ciò sarebbe confermato dal fatto che Kipling non tutelò la proprietà del suo testo consentendo, come vedremo, il diffondersi incontrollato della poesia The Vampire su giornali e pubblicazioni “pirata”.

L’edizione Mansfield (1898) e Street & Smith (1899), entrambe di New York

Appena la poesia di Kipling compare sul catalogo per la mostra alla New Gallery è immediatamente pubblicata integralmente dai giornali. Parte il “Daily Mail”, contemporaneamente all’apertura della mostra, seguito da svariati quotidiani e riviste. Anche la stampa americana veicola la poesia (“New York Tribune” il 9 maggio 1897, “Buffalo Evening News” il 10 maggio, poi molti altri).

The Vampire visse poi un grande ritorno di popolarità tra il 1902 e il 1903, in coincidenza del tour americano di Philip Burne-Jones e della relativa esposizione del quadro The Vampire nelle gallerie degli Stati Uniti. Nel soggiorno americano del pittore i giornali parlarono spesso di lui e immancabilmente della poesia di Kipling, ristampata più volte. In quel contesto la poesia subì anche una piccola modifica: sul “Record-Herald” cambiarono nella prima strofa il termine “hank” (matassa), che sembrava poco appropriato riferito ai capelli, in “hunk”, dal significato simile, ma più spesso usato per definire un ammasso di capelli.

Tre citazioni dalla poesia di Kipling diventarono luogo comune, innumerevoli volte riproposte. Si tratta dell’incipit “A fool there was” (C’era un folle), della descrizione della donna-vampiro come “a rag and a bone and a hank of hair” (uno straccio, un osso e una matassa di capelli) e “the woman who did not care” (la donna che di nulla si curava), di “But the fool he called her his lady fair” (Ma il folle la chiamava la sua bella signora), oltre al ritornello “Even as you and I” (Proprio come te e me).

La poesia di Kipling affascinò i lettori perché vedevano rappresentata una paura e un’inquietudine molto diffusa alla fine del secolo: la donna non più passiva e sottomessa, ma capace di minacciare salute e beni dell’uomo.

Nella letteratura anglosassone la donna fatale aveva una lunga tradizione, che risale almeno alla belle dame sans merci di John Keats, in bilico tra soprannaturale e naturale. Nella versione di Kipling, ancor più che nel quadro di Burne-Jones (dove la ferita sul petto dell’uomo potrebbe indicare il morso di una creatura fantastica succhiasangue), la “vampira” è ricondotta al realismo, a una vera donna senza nulla di soprannaturale, anzi diffusa e nota all’epoca quanto meno nelle fantasie maschili. “The Marion Enterprise” (10 luglio 1897) citava un articolo del “Louisville Courier-Journal” per spiegare il successo della poesia di Kipling: “Non si tratta di meriti letterari eccezionali. Semplicemente si tratta del coraggio di Kipling nel dare espressione a ciò che gli altri pensano, ma non osano dire. Quel tipo di donna è comune, sia se si voglia credere che esista davvero o che esista soltanto nell’immaginazione degli uomini”.

In The Vampire gli uomini sono ingannati dall’apparenza (a loro pareva una bellissima dama, ma era solo “uno straccio, un osso e una matassa di capelli”), si rovinano per lei (spendendo “energie” e “guadagni”), fin quasi a morirne, per poi scoprire che era una donna sventata e incapace di capire qualsiasi cosa. L’uomo della poesia prova quindi vergogna di se stesso e soffre della propria stupidità. Per quanto chiaramente dettata da una mentalità che oggi si definirebbe semplicisticamente “patriarcale”, la poesia di Kipling non è certo lusinghiera verso il maschio vittoriano, ridotto a uno stupido che cade nella trappola di una donna tanto fatale quanto superficiale (due interessanti analisi su questi aspetti sono in Anne Morey, Claudia Nelson, Phallus and Void in Kipling’s “The Vampire” and Its Progeny, “Frame”, novembre 2011; Janet Staiger, Bad Women: Regulating Sexuality in Early American Cinema, University of Minnesota Press, 1995).

Quando Kipling scrisse The Vampire, il suo matrimonio con la moglie americana Caroline era in crisi e il testo evidenzia un risentimento personale dell’autore verso il sesso femminile (lo scrittore, tra l’altro, aveva una predilezione per le donne dal carattere mascolino). Secondo alcuni, la misoginia di Kipling era dovuta all’infelice infatuazione adolescenziale per Florence Garrard, che lo respinse (Angus Wilson, The Strange Ride of Rudyard Kipling: His Life and Works, Secker & Warburg, London 1977), secondo altri alla presunta relazione segreta con l’attrice americana di vaudeville Lulu Glazer, nelle cui carte è stata trovata la poesia The Vampire con testi scritti a mano da Kipling stesso (J. Lawrence Mitchell, Rudyard Kipling, The Vampire, and the Actress, “English Literature in Transition 1880–1920”, n. 3, 2012).

Le opinioni di Kipling sulle donne, come anticipate da The Vampire, vennero poi rielaborate e confermate dalla sua poesia The Female of the Species (1911), rimasta celebre per le parole ripetute più volte “The female of the species is more deadly than the male” (La femmina di ogni specie è più letale del maschio).

Disegno ispirato al quadro di Burne-Jones dall’edizione Mansfield di The Vampire (1898)

The Vampire tornò sulle prime pagine dei giornali il 28 novembre 1911, in occasione di un infuocato processo per uxoricidio a Denver. Sul banco degli imputati c’era Gertrude Gibson Patterson, donna dalla “vita licenziosa”. Aveva sposato il giovane Charles Patterson, ma presto lui la sorprese in viaggio con l’amante, il ricco e anziano imprenditore Emil W. Strouss. Ne seguirono molte liti tra i coniugi, fino a che Charles fu ucciso da due colpi di pistola alla schiena. Gertrude prima disse che il marito si era suicidato, poi ammise il delitto affermando di essere stata picchiata e maltrattata. Al processo l’avvocato dell’accusa, Horace Benson, descrisse Gertrude come una donna avida, spietata e recitò in aula la prima strofa di The Vampire, aggiungendo dopo il verso “ma il folle la chiamava la sua bella signora” un drammatico “E lei gli sparò nella schiena” (And she shot him in the back). Nonostante l’oratoria dell’avvocato e la citazione di Kipling, la donna fu assolta grazie alla dubbia testimonianza di un passante che dichiarò di aver visto Charles picchiare la moglie in strada.

La popolarità di The Vampire prosegue per molti anni, rinvigorita dalle trasposizioni teatrali e cinematografiche. Ancora nel 1916 Francis Scott Fitzgerald, nel testo per una delle canzoni del musical Safety First!, cita la poesia di Kipling. La canzone lamenta che le ragazze della vita reale non assomiglino alle vamp del cinema e Fitzgerald scrive: “Perché non ne incontro qualcuna che non sia dolce, ma / si comporti piuttosto come le signore di Kipling?”. E per il pubblico americano il quadro e la poesia The Vampire continuarono a essere evocativi per molti anni, come dimostrano tra i tanti esempi due lunghi articoli sui vampiri di “American Weekly” nel 1927 (Mystery of the Vampire’s Bite) e del “Detroit Evening Times” il 19 ottobre 1941 (New Reason Why People Still Believe There Are“Vampires”) entrambi illustrati da una riproduzione del quadro di Burne-Jones e con riferimento alla poesia di Kipling.

Due edizioni newyorchesi: Grosset & Company (1898) e Dodge Publishing Co (1900)

Le parodie

Il successo popolare di The Vampire fu tale che quasi subito si pubblicarono parodie, con gran divertimento dei giornali, dove la poesia era riscritta in chiave umoristica o polemica. Ovviamente le prime reazioni satiriche furono da parte di donne, giustamente irritate dal ritratto della vampira mangiauomini e rovinafamiglie. Ne uscirono diverse soprattutto in America, sia scritte da uomini che da donne, caratterizzate dall’imitazione dello stile e dei versi di The Vampire, aperte spesso dalla scritta “Con scuse a Mr. Kipling” (With apologies to Mr. Kipling).

Le parodie iniziarono quasi immediatamente. Già il 27 maggio 1897 sul “Buffalo Evening News” appare una parodia di The Vampire che ironizza sul Kipling scrittore, ripresa dal settimanale “New York Press”, e il 5 agosto lo stesso quotidiano pubblica un dialogo satirico dove una signora rivendica che le donne non sono vampire, ma per la maggior parte “angeli”. Pochi giorni dopo il “San Francisco Examiner” e “The Evening Journal” (18 agosto 1897) stampano una breve parodia anonima che imita lo stile di The Vampire.

Le più popolari erano parodie che rovesciavano il punto di vista, facendo della donna la vittima di uomini spietati e ottusi. È il caso di The Vampire (From a woman’s point of view. With apologies to Rudyard Kipling) di Mary C. Low, apparsa su “The New York Bookman” (27 marzo 1899) e poi dalla rivista “The Academy” che la ristampa accanto all’originale (1 aprile 1899). Tutta virata al femminile, la poesia si apre con un rovesciamento delle parole iniziali di Kipling, trasformate in “A woman there was”, ed è l’uomo che non si prende cura di nulla e non capisce.

Le parodie di The Vampire sono state innumerevoli ed è impossibile citarle tutte. Tre parodie sono riportate da Robert Thurston Hopkins in un suo libro (Rudyard Kipling: ALiterary Appreciation, Simpkin, Marshall, Hamilton, Kent & Co., London 1915). Hopkins segnalava la “vasta circolazione” della parodia scritta da Felicia Blake dove al posto della vampira c’è un uomo egoista e maschilista (i giornali la ristamparono ancora nel 1919), mentre T.W.H. Crosland nel 1899 sostituiva la vampira con “il pubblico che non compra poesie”. Hopkins citava infine i versi di The Vampire riscritti dal poeta James Douglas per polemizzare con Kipling intorno alla presunta “stupidità” dell’uomo di fronte alla donna-vampiro. Per inciso, Robert Thurston Hopkins si intendeva di vampiri: scrittore e “cacciatore di fantasmi”, è stato autore di The Vampire of Woolpit Grange (1938), racconto ispirato alla leggenda di una strega che ritorna dalla tomba.

Le parodie riprendono vigore con l’esposizione americana del quadro di Burne-Jones. Così, “The Brooklyn Daily Eagle” l’11 febbraio 1902 ne pubblica una di Harvey E. Williams, comica riscrittura di The Vampire dedicata al rapporto tra uomini e automobili, con l’aggiunta di un “coro” alle strofe originali. Su “The Sunday Telegraph” del 2 marzo 1902 c’era invece una parodia di The Vampire scritta da John Joseph Beekman, incentrata sul divorzio. Il giornale nei giorni successivi riceve una lettera firmata da un certo R. Blount che risponde alla poesia di Beekman con un’altra parodia, come se si fosse sentito tirato in causa per le sue personali vicende familiari (“The Morning Telegraph”, 7 marzo 1902). Non pago, “The Sunday Telegraph” due giorni dopo dedica un’intera pagina a una vignetta che ironizza sul quadro di Burne-Jones (definito “il dipinto che i versi di Kipling e il press agent di Mrs. Patrick Campbell hanno reso famoso”) e a un’ennesima parodia della poesia di Kipling, questa volta intitolata The Umpire (L’arbitro), accompagnata da un testo satirico.

Parodie e vignette da “The Coolgardie Pioneer” (1898) e “The Sunday Telegraph” (1902)

La moda delle parodie di The Vampire arrivò anche in Australia. Il 18 marzo 1898 “The Euroa Advertiser” pubblica la poesia originale di Kipling e di seguito “The Woman Version”, firmata da Isobel Henderson Floyd. Il 18 ottobre 1902 tocca a “The Western Mail” affidare una parodia a Ethel Howell che inizia la prima strofa con un “A girl there was”. Curiosa la parodia in chiave di satira politica su “The Coolgardie Pioneer” (3 settembre 1898), accompagnata da una vignetta che riproduce stilizzato il quadro di Burne-Jones, dove la donna ha sul vestito la scritta “Westralia” (l’Australia occidentale) e l’uomo esanime “The Toiler” (il lavoratore). Il testo altera la poesia di Kipling trasformandola in una critica a quella parte dell’Australia che, con promesse non mantenute, “vampirizza” il resto del paese. E in questo caso le scuse sono per il pittore e non per il poeta: “With apologies to Burne-Jones”.

Le parodie continueranno per un ventennio. Il 4 marzo 1914 “The Day Book” di Chicago pubblica A Cop There Was di H.M. Cochran, rielaborazione di The Vampire per criticare il malcostume dei poliziotti. La saga delle parodie culmina nel 1920 quando circola a Los Angeles un volantino, firmato Mrs. Stella Gilbert e intitolato The ‘He’ Vampire, dove la poesia di Kipling è riscritta in chiave esplicitamente e marcatamente femminista, invocando l’eguaglianza di diritti per le donne e con questa chiusa: “Alla fine gli uomini sono in fuga… / E noi abbiamo vinto! / (e loro non possono capire)”. È probabile che il volantino sia stato stampato in occasione della conquista del diritto di voto per le donne americane. Lo spirito polemico della parodia era segnalato anche dalla scritta sotto il titolo, che in questo caso sentenziava “Senza scuse a Kipling” (With no apologies to Kipling).

Il volantino femminista del 1920

La poesia di Kipling era tanto nota che i suoi versi potevano essere utilizzati anche come didascalia per vignette satiriche. È il caso di una vignetta apparsa su “Life” il 3 maggio 1917, vent’anni dopo la pubblicazione di The Vampire, e firmata da C.D. Gibson, un illustratore interventista che agiva anche politicamente per spingere l’America a partecipare alla Grande Guerra: “And the fool, he called her his lady fair”, recita la didascalia. Nota anche con il titolo Harlot of War (Prostituta di guerra), la vignetta ritraeva l’imperatore Guglielmo II nel panico alla vista della sua amante, una orribile megera ingioiellata e in vestito elegante, con la scritta “Guerra” sul copricapo, che simboleggia la morte.

Passano altri vent’anni e di nuovo la poesia di Kipling è utilizzata per un’ulteriore vignetta di satira politica, con la didascalia “But the fool he called her his lady fair” (Even as you and I)”. Pubblicata dal “Daily News” di New York il 21 settembre 1937 e il giorno dopo da “Washington Time”, era tipica del razzismo antigiapponese che tornava a crescere in America in concomitanza con i bombardamenti del Giappone sulla Cina. La vignetta raffigura nuovamente una vampira in abiti seducenti, ma con il volto da teschio e la scritta “War” sul torace: davanti a lei, un militare giapponese inginocchiato che porta sulla schiena la scritta “Yellow Race”.

Le vignette di “Life” (1917) e “Daily News” (1937)

Vampoesia per bibliomani

The Vampire è stato un vero e proprio caso editoriale di notevole interesse: per quanto breve, la poesia fu subito stampata in agili fascicoli, senza autorizzazione da parte di Kipling. Sui giornali americani comparve anche una presunta lettera inviata da Kipling a Burne-Jones dove gli cederebbe tutti i diritti della sua poesia: “I versi per The Vampire, che chiameremo vampoesia [vampoetry], sono di tua proprietà. Quindi chiunque voglia portarli sul palcoscenico, farne un’incisione, metterli in musica, dipingerli di celeste, tradurli in gaelico, celtico o ittita, usarli come pubblicità di tintura per capelli o come inno per la Chiesa d’Inghilterra, deve accordarsi con quest’uomo” (vedi “The Daily Republican”, 17 aprile 1902; “The Argonaut”, 3 marzo 1902).

Vera o meno che sia quella lettera, di certo Kipling non tutelò in nessun modo il suo testo, consentendo così un’ampia diffusione “pirata” della poesia. Kipling non inserì The Vampire nelle sue opere ufficiali fino al 1919, ma dal 1898 la poesia appare comunque in varie collezioni di testi di Kipling, per varie case editrici, tanto che lo scrittore fece causa a un editore che aveva pubblicato la sua poesia vampiresca assieme ad altre.

Il fenomeno più straordinario è però il diffondersi di “libricini”, sia in Inghilterra sia in America, che in edizioni “non autorizzate” riproponevano The Vampire ai lettori come singolo volumetto. In genere erano fascicoli di poche pagine, in carta color crema, con ornamenti e disegni spesso di colore rosso, a volte rilegati con un nastrino di seta, in molti casi con la riproduzione all’interno del quadro di Philip Burne-Jones. La sopravvivenza fino ai giorni nostri di molte copie di quei libretti conferma che ebbero una consistente diffusione, complessivamente in migliaia di copie.

Una delle prime edizioni è pubblicata a Boston nel 1898 in due versioni. Il frontespizio indica che il volumetto è “Privately Printed”, senza nome dell’editore (si è ipotizzato che si tratti della Cornhill Press). Sulla copertina svettano pipistrelli in rosso, su un cielo dove si staglia una falce di luna, disegnati da E. J. Clark e ripetuti in ogni pagina, su carta color crema, una strofa per pagina. Un’altra versione ha un frontespizio con il disegno in rosso di una donna, tra le tombe di un cimitero, che gioca con un pipistrello (lo stesso disegno si ripete come cornice di ogni strofa della poesia). Va segnalato che diverse edizioni di The Vampire sovrapponevano nell’iconografia il vampirismo leggendario associato al notturno pipistrello e la donna in carne e ossa.

Due versioni dell’edizione di Boston

Nello stesso 1898 The Vampire è stampato anche a Washington da Woodward & Lothrop, in 20 pagine su carta lucida, e a marzo e giugno di quell’anno in due varianti con carta diversa per M.F. Mansfield di New York. Quest’ultima edizione aveva copertina rossa con scritte in oro ed era illustrata da un pipistrello stilizzato in copertina e all’interno, opera di Blanche McManus (moglie dell’editore Mansfield). Stampata in 650 copie, ospitava un disegno che riproduce parzialmente il quadro di Burne-Jones. Un’altra edizione in sole 4 pagine è stampata per il giorni di San Valentino 1898 da Adirondack Press, di Gouverneur, nello stato di New York

Tra le tante edizioni, si segnala quella di Grosset & Co., New York (1898), con in copertina una testa di donna con ali da pipistrello su inserti in rosso e all’interno la riproduzione fotografica del quadro di Burne-Jones. La casa editrice Doxey di San Francisco stampa The Vampire nel 1899 con illustrazioni di Florence Lundborg e poi nel 1901 con illustrazioni di Lander Phelps. Tra il 1898 e il 1899 The Vampire compare anche su un solo foglio di grande formato.

Una certa fortuna ebbero infine i minilibri di piccolissima dimensione con la ristampa di The Vampire, quasi sempre assieme ad altre poesie di Kipling, ma con il titolo di copertina dedicato esclusivamente al testo vampiresco.

Copertine di vari volumi in piccolo formato

LE STATUE DI DRACULA? SONO ITALIANE!

Intervista a Fabio Varesi

Incredibile, ma vero: sono italiani gli artefici di un omaggio straordinario e di imminente uscita a Dracula (Dracula il vampiro, 1958), il film della Hammer con Christopher Lee e Peter Cushing. I due attori saranno trasformati in due statue a metà strada tra action figure e bambole “horror”, in scala 1 a 6 (alte circa 30 cm.), rigorosamente fedeli fin nei minimi dettagli a quanto appare nel celebre film di Terence Fisher.

Questi (costosi) pezzi da collezione toccano il culmine nella versione Exclusive, 200 esemplari numerati che comprendono Dracula, Van Helsing e la bara del vampiro. Le due statue hanno entrambe corpi con articolazioni, 3 diverse teste, 4 paia di mani, vestiti in stoffa. Come oggetti: candelabri, croce, paletto e martello, ma soprattutto una bara bianca identica a quella che compare nel film. “Vampyrismus” non poteva che rivolgere qualche domanda a Fabio Varesi, direttore di produzione e fondatore di Kaustic Plastik, la ditta che realizza le statue di Dracula.

Le due statue della Kaustic Plastik

Innanzitutto come e quando nasce l’idea di fondare in Italia un’azienda dedicata a statue e collectibles soprattutto di cinema e fumetto?

In realtà la nostra è una storia di “lunga data”. La Kaustic Plastik nasce nel 2010 dalle ceneri della Twisting Toys che fu una delle prime ditte europee a occuparsi di Action Figures 1/6. Nel 2020 siamo entrati in contatto con Infinite Statue, altra realtà italiana storica specializzata invece nella produzione di Statue in Resina. Da quel momento è nato un matrimonio artistico e produttivo tra Kaustic Plastik e Infinite Statue, abbiamo organizzato un gruppo di artisti condivisi tra le nostre due realtà ed in qualche modo pur mantenendo una nostra indipendenza, abbiamo creato una sorta di fusione. Non a caso tutti i nostri prodotti escono proprio con doppio logo, Kaustic Plastik e Infinite Statue. Originalmente la Kaustic Plastik era molto più improntata nella realizzazione di Action Figures basate sull’antica Roma e sul tema antico e storico in generale. E’ proprio con il matrimonio artistico con Infinite Statue che abbiamo cominciato a lavorare su tematiche legate al cinema. Fin da subito abbiamo capito che aveva molti gusti in comune, soprattutto per i grandi classici del cinema, in particolar modo per il Western e appunto l’Horror. Abbiamo unito quindi le forze per trovare delle licenze che potessero adattarsi a questo nostro progetto, l’amore in particolare per il cinema horror classico è molto forte in tutti noi e credo infatti che proprio su questi tema che stiamo dando il meglio di noi. “Bela Lugosi as Dracula” è stato un grandissimo successo sia commerciale che mediatico, abbiamo ricevuto recensioni e feedback pazzeschi praticamente in tutto il mondo. Nosferatu, uscito pochi mesi fa è stato un altro nostro omaggio al cinema classico, ed è stata considerata da quasi tutti i siti specializzati e forum di collectibles come una delle migliori uscite del 2023! Quindi ancora una volta un ottimo successo di vendite e di feedback generali. Speriamo di fare anche meglio con la linea Horror of Dracula! Non solo, come saprai abbiamo recentemente firmato un contratto con la famiglia Chaney e ci apprestiamo a presentare nei prossimi mesi le action figures (e anche statue in resina) di “Phantom of the Opera” e “London After Midnight”.

Ti farò una confidenza. Sono un amante dei tatuaggi, e proprio uno dei miei tatuaggi è dedicato a Christopher Lee in Dracula! Questo ti farà capire l’amore che ho per un certo tipo di cinema horror e per certi personaggi che di fatto hanno “costruito” il mio background culturale e popolato le mie fantasie e passioni dell’infanzia. Lee è stato a mio modesto parere uno dei più grandi attori di sempre, la sua presenza scenica, la sua voce, ma anche la sua cultura generale erano “imponenti”. Peter Cushing fu per tutti i film dedicati a Dracula la sua eterna “nemesi”. Quando si concretizzò il contratto con la Hammer Movie, la nostra scelta fu quasi automatica! Dovevamo fare Horror of Dracula del 1958! Il film dal quale iniziò la saga di Lee che lo portò ad interpretare il conte immortale per moltissimi anni!

La bara bianca “modellino” e a destra un fotogramma del film

Sono state realizzate in 3 differenti versioni, Regular, Deluxe e Exclusive. Quindi si parte da un set base, e via via ogni set avrà più opzioni. Ad esempio cominciando dal set base della versione standard con una sola testa, si passa a due teste con differenti espressioni intercambiabili per la versione Deluxe per finire a ben 3 differenti teste con 3 differenti espressioni naturalmente per la versione Exclusive. La scelta degli accessori e outfit è rigorosamente legata al primo film del 1958, quindi avremo Dracula con il mantello foderato di nero (ricordiamo che solo più avanti nei film successivi il mantello diventa foderato di rosso!) i tipici candelabri che vengono mostrati nel combattimento finale, e ovviamente la bara bianca che è un po’ il “trademark” del Dracula del 1958! Anzi ti dirò una piccola storia riguardo la bara. Originalmente contattammo la Hammer chiedendo di poter fare proprio Horror of Dracula, purtroppo la prima risposta fu negativa. Dopo che uscì il nostro Bela Lugosi (anche lui nella sua versione “Deluxe” era provvisto di bara “movie accurate”), fu la Hammer stessa a contattarci perché era rimasta molto colpita dal nostro lavoro su Bela. E la prima cosa che ci disse fu: Vi diamo la licenza ma anche noi vogliamo il Dracula della Hammer con la sua bara bianca! 😊

Normalmente quando si lavora con le licenze cinematografiche, è la stessa casa di produzione cinematografica che fornisce quello che si chiamo la “style guide”. Un documento che raccoglie foto di scena in alta risoluzione a volte anche inedite e altro materiale inerente il film del quale si ha la licenza. Proprio partendo da questa “guida” che si comincia a lavorare su delle idee che poi vanno ovviamente proposte alla cinematografica per l’approvazione.

Abbiamo un team piuttosto affiatato di artisti, alcuni dei quali molto conosciuti nel mondo dei collezionabili e molto attivi nei social. Sono un gruppo di collaboratori che ormai lavorano con noi da anni, quindi estremamente affidabili e dei quali andiamo molto orgogliosi (e anche gelosi a dirla tutta). Sicuramente oltre alle direzione artistica e direzione di produzione, curata da me (Fabio Varesi) e Fabio Berruti (Infinite Statue), abbiamo una discreta scelta di selezione del team che si occuperà dello sviluppo del 3d (parte essenziale nel nostro tipo di lavoro). I nostri scultori 3d sono Inigo Gil (Spagna), Sean Dabbs (Inglese naturalizzato Francese), Daniele Angelozzi (Italia) e Rocco Tartamella (USA), in realtà ho citato solo alcuni di quelli che collaborano più spesso con noi. Alla colorazione dei prototipi abbiamo Dario Barbera (Italia). Abbiamo poi un nostro service interno per la stampa in 3d e per la prototipazione dei vestiti in stoffa. Tutta la fase concettuale e di prototipazione viene svolta essenzialmente in Italia/Europa. Creato il prototipo e approvato dalla cinematografica si passa alla produzione vera e propria. Lì entrano in gioco una serie di nostri collaboratori e di fabbriche in Cina con le quali collaboriamo da anni e che si occupano sotto la supervisione dei nostri ingegneri della realizzazione del prodotto vero e proprio.

Come dicevo entrare in contatto non era stato particolarmente difficile, ma è stato grazie al nostro Bela Lugosi che si son convinti della qualità della nostra proposta. Dal punto di vista di controllo del progetto, assolutamente sì, abbiamo ricevuto diversi input e talvolta richieste di correzioni su espressioni, materiali, colori o semplicemente artwork. Quindi un lavoro sicuramente influenzato dalle scelte della Hammer. 

In alto, la bara di Dracula (1958) e sotto la pubblicità della versione in scala

In genere tra la fase di design/prototipazione al prodotto finito almeno un anno. Per alcuni progetti anche un anno e mezzo.

Prevalentemente Europei e Americani. Ma abbiamo anche un buon gruppo di appassionati italiani che ci supportano da sempre.

Per fortuna siamo quasi in dirittura di arrivo! Salvo grandi ritardi logistici contiamo di avere tutto in stock per Marzo 2024! Quindi l’attesa è quasi finita!

GLI ALTRI VIAGGI DEL “DEMETER”

E’ appena arrivato nelle sale il film Demeter – Il risveglio di Dracula di André Øvredal. Nel recente passato, però, non sono mancati gli omaggi alla traversata della nave Demeter verso l’Inghilterra, come descritta in Dracula di Bram Stoker. A parte le sequenze di vari film su Dracula in cui si assiste al viaggio navale del vampiro (per primi Nosferatu di F.W. Murnau e Dracula di Tod Browning), una specifica attenzione è stata dedicata a quella parte del romanzo. Un esempio interessante è Demeter (Edicions de Ponent, Alicante 2007), con testi e disegni di Ana Juan. Il volume illustrato riproduce parti del registro di bordo “da Varna a Whitby” accompagnato da grandi immagini a tutta pagina. Il volume, tra l’altro, contiene un breve saggio di Felipe Hernandez Cava sul rapporto tra Stoker e il mare. Curiosamente, il vampiro per quanto stilizzato ha le stesse caratteristiche animalesche simili a un pipistrello che si ritrovano nel film Demeter – Il risveglio di Dracula.

La copertina e un’illustrazione di Demeter.
Una doppia pagina da Demeter.

Un fumetto pubblicato nel 2010 dalla IDW in quattro albi aveva addirittura un sottotitolo identico al film di Øvredal, che in originale è The Last Voyage of the Demeter. Si tratta di Death Ship – The Last Voyage of the Demeter, scritto da Gary Gerani e illustrato da Stuart Sayger. Con suggestivi disegni a colori si ripercorrono le allucinazioni della ciurma, decimata dal vampiro, fino a che resta solo il capitano (non manca un bambino a bordo). Anche in questo caso il vampiro sulla nave ha l’aspetto mostruoso delle illustrazioni di Ana Juan e del film di Øvredal.

La copertina del n. 4 di Death Ship e una tavola del fumetto.
Un’altra immagine da Death Ship.

Nel 2012 è stato girato un cortometraggio ispirato alle stesse pagine del romanzo di Stoker, The Final Voyage of the Good Ship Demeter, diretto da Bryan Enk. E’ un monologo in cui si raccontano gli orribili eventi sulla nave, con il protagonista inquadrato continuamente in primo piano. Enk è un filmmaker dell’Ohio che ha la passione (o l’ossessione) per Dracula di Stoker. Ha dedicato una lunga serie di sue opere al celebre personaggio. Innanzitutto la trilogia Dracula (1993), Dracula Returns (1994) e Blood Daughter (2022). Poi il corto Mina Seward (2001) e il monologo The Curious Case of R.M. Renfield (2006). ​In lavorazione dal 2007, è annunciato per il 2023 The Heartless Cruelty of Lucy Westenra, altro monologo ispirato a Stoker. I film di Enk sono visibili su Vimeo.

The Final Voyage of the Good Ship Demeter, diretto da Bryan Enk.

Da segnalare, infine, lo spettacolo teatrale Nosferatu del Proper Job Theatre, in tour per la Gran Bretagna nel 2015. Riportiamo dal libro Nosferatu – Il capolavoro di F. W. Murnau un secolo dopo: “Su un testo scritto dal poeta inglese Ian McMillan e con musiche di Rod Beale, si svolge interamente a bordo della nave che trasporta il conte Orlok (da Varna a Whitby, come nel romanzo). La scena è quasi buia, con effetti speciali creati da un illusionista, tre soli attori e una cantante. Orlok di fatto non si vede, ma ‘possiede’ il corpo del capitano della nave. Dopo essere stato vampirizzato, il capitano si toglie il lungo soprabito e rivela la militaresca giacca con i bottoni di Orlok, protendendo le mani ad artiglio”.

Nosferatu del Proper Job Theatre.

“DRACULA IL VAMPIRO” (1958) A FUMETTI

“Nel 1965, sul numero 32 della celebre rivista ‘Famous Monsters of Filmland’ (nata sette anni prima proprio sull’onda del successo del film Dracula il vampiro‘) è pubblicato il fumetto Horror of Dracula, scritto da Russ Jones e disegnato da Joe Orlando, che riassumeva il film in 7 pagine, basandosi sulle foto più note di Tom Edwards e sui fotogrammi originali. Così si apre il fumetto: ‘Un uomo che da otto secoli brama vendetta. Un uomo dominato da una cieca follia per il sangue! Temuto per anni dai viventi… padrone dei morti… Questo era… l’orrore di Dracula’” (dal libro Dracula il vampiro – Il capolavoro della Hammer 65 anni dopo).

Per chi segue “Vampyrismus” ecco in PDF il fumetto completo.

CLICCA QUI

DRACULA SENZA CONFINI: IL MANGA #DRCL

Dracula, il romanzo di Bram Stoker, a distanza di quasi 130 anni resta una fonte inesuribile di suggestioni e idee per l’immaginario contemporaneo. I personaggi di quel testo sono stati e sono rimaneggiati, riscritti, modificati in infinite varianti. Sorprende per fedeltà al romanzo e nello stesso tempo per innovazione radicale un manga recente, #DRCL. Uscito a puntate dal 2020 su una rivista giapponese di manga e poi riunito in volumi, è appena giunto in Giappone al terzo volume. Il primo volume è atteso in italiano per le Edizioni BD a settembre 2023.

Le copertine dei primi tre volumi.

I raffinati disegni ci accompagnano in una riscrittura apparentemente figlia del politically correct, con l’inserimento nella classica storia stokeriana di tematiche omosessuali, transessuali ed etniche. In realtà non è la solita presenza obbligata di temi e figure che gli “algoritmi” odierni impongono a sceneggiatori e scrittori (abbiamo già parlato su “Vampyrismus” di esempi a loro modo grotteschi in questo senso). In #DRCL, al contrario, tutto è estremizzato e stravolto, pur rimanendo incredibilmente aderente al testo e allo spirito del romanzo di Stoker. La scelta di proporre personaggi adolescenti come protagonisti, uniti dalla frequentazione di una scuola, è già stata utilizzata da manga e anime diverse volte, ma mai con l’estremismo dissacratore di #DRCL (con tanto di atti blasfemi in una chiesa, per esempio). Le diversità di genere non sono proposte con il mieloso perbenismo di tante serie tv americane, ma con fantasiosa crudezza, al punto da renderle mostruose.

Una tavola dal primo volume.

La vicenda è fatta di continui omaggi al libro di Stoker, anche alla lettera. L’inizio vede il tradizionale arrivo sulle coste inglesi della nave russa Demeter, con il suo carico di casse dal contenuto inquietante. Questo permette a #DRCL di incentrare l’ambientazione ottocentesca in una scuola esclusiva di Whitby, la città costiera che Stoker aveva scelto per l’approdo del vampiro. I personaggi hanno gli stessi nomi del romanzo, ma sono tutti adolescenti o giovani.

I personaggi principali

Mina Murray, con due lunghe trecce di capelli rossi, è un’esperta lottatrice di catch wrestling, goffa e sgraziata, con la passione per la scrittura. La sua amica Lucy Westenra è in realtà il maschio Luke che per uno sdoppiamento di personalità diventa donna di notte: è la prima vittima di Dracula che con i suoi morsi la fa avvizzire. Non mancano Arthur Holmwood, studente aristocratico e vigliacco, e Quincey Morris che qui è un ricco ragazzo afroamericano del Texas dedito a bullizzare Mina. Joe Suwa è il John Seward del romanzo di Stoker, qui trasformato in un giovane fotografo giapponese che vuole fare il medico. Renfield è una suora diventata devota adoratrice di Dracula e tenuta sotto contrallo da Suwa nella sua abitazione. Van Helsing, giovanotto tatuato e sfregiato, fa l’insegnante alla scuola di Whitby. E poi c’è Dracula che ha una caratteristica straordinaria e inedita: ha il controllo del mondo vegetale, oltre a quello animale ben noto. Non solo, in virtù della sua appartenenza all’Ordine del Drago ha la capacità di apparire sotto forma di drago volante (ma alle sue vittime si presenta anche come giovane ballerino dai lunghi capelli corvini).

Il morso di Dracula.

A scrivere e disegnare #DRCL è Shinichi Sakamoto, artista cinquantenne già autore tra l’altro del breve manga Dorachuu (2020), storia del vampiresco amore omosessuale tra due bambini di 10 anni. In Transilvania il giovanissimo Bloody, figlio di Dracula, fa amicizia con l’orfanello Quincey, cieco da un occhio. Bloody è perseguitato dal padre che lo considera un figlio degenere perché si ciba di frutta e beve solo il proprio sangue. Per dare energia all’amico vampiro così che possa sfuggire all’ira di Dracula, Quincey chiede di farsi vampirizzare. L’uno a disagio nel mondo dei vampiri, l’altro a disagio nel mondo degli umani, Bloody e Quincey da allora passeranno 400 anni insieme. Dorachuu, quindi, si presenta come un’anticipazione delle vicende deliranti che Sakamoto propone in #DRCL.

Il figlio di Dracula in Dorachuu.

50 SFUMATURE DI DRACULA

Il politically correct continua a far strage di vampiri. Dopo First Kill, ecco The Invitation diretto da Jessica M. Thompson, con Nathalie Emmanuel e Thomas Doherty nei due ruoli principali, appena uscito in Blu-ray e Dvd dopo una rapida ma lucrosa uscita sui grandi schermi (non in Italia).

Il best seller 50 sfumature di grigio ha imposto un cliché: la bella ragazza di modeste condizioni economiche che si innamora di un seducente e ricchissimo giovanotto, per poi scoprirne il lato oscuro. Ecco che il cliché viene utilizzato per una moderna vicenda in cui Dracula (ribattezzato stokerianamente De Ville, uno pseudonimo del vampiro nel romanzo) si trova al posto di Mister Grey.

The Invitation poteva essere un gioiello del gotico vampiresco, grazie alle sontuose atmosfere stile Hammer nel maniero dove si ambienta la vicenda, grazie alla violenza di alcune immagini e alle famiglie di umani al servizio dei vampiri che cenano celati da maschere evocando The Kiss of the Vampire (Il mistero del castello, 1963). Non mancano le citazioni da Bram Stoker (due anziani Jonathan Harker e Mina Murray, le tre spose di Dracula, Carfax, ecc.) e si assiste anche a una singolare vampirizzazione alla caviglia…


Spicca poi il Dracula dell’occasione, l’attore scozzese Thomas Doherty. Già interprete del vampiro Sebastian in 10 episodi della serie The Legacies (oltre a una piccola apparizione nella serie tv Dracula del 2013), ha qualcosa che a tratti ricorda l’indimenticabile Udo Kier in Dracula cerca sangue di vergine… (1974). La sua fisionomia particolare batte quella di Claes Bang nella miniserie Dracula del 2020.

Thomas Doherty vampiro in “The Legacies” e “The Invitation”

Questo potenziale gioiello è rovinato irreparabilmente dall’imposizione delle nuove regole ispirate al politicamente corretto. 50 sfumature di grigio era persino più audace, inscenando una complicità tra la donna vittima e l’uomo perverso. Qui invece la protagonista (che ovviamente non è “bianca”) non ha mai un cedimento alle “perversioni” di Dracula e la regista (australiana e bianchissima) aggiunge un frettoloso finale pseudofemminista con due donne, nere, amicissime ed entrambe disgustate dai maschi, che agiscono insieme come novelle ammazzavampiri. Il piatto politically correct è servito.

Il matrimonio di Dracula in “The Invitation”


DRACULA: non solo libro

Il romanzo Dracula di Bram Stoker vanta ormai innumerevoli ristampe, complice l’assenza di diritti d’autore e il richiamo sempre vivo (paradossalmente) del celebre non-morto. Ora non bastano più nuove edizioni, magari ampiamente annotate, per i cultori di quel testo: serve qualcosa di più. E un segmento di editoria ha deciso di puntare recentemente su esperienze multiformi da accompagnare al libro cartaceo. Sono così fiorite le edizioni in carta pregiata (vedi un nostro precedente post), elegantemente illustrate e con custodie immaginifiche. Ma ora si sta andando ancora oltre.

Beehive Books: varie edizioni “immersive” di Dracula

Se avete 1600 dollari da spendere (circa 1362 euro), ecco un’iniziativa nata su Kickstarter, con una raccolta di fondi. Si chiedevano almeno 85.000 dollari per concretizzare il progetto, attualmente si sono superati di gran lunga i 170.000, con un versamento medio di circa 270 dollari a sottoscrittore. Cosa offre il progetto “Dracula: The Evidence” per quella cifra? Non solo il romanzo, in un contenitore di pelle con targa in metallo, ma anche una mappa della Londra vittoriana, immaginarie repliche delle lettere tra i personaggi di Dracula, telegrammi, articoli di giornale e foto, due dischi con le registrazioni al fonografo del dottor Seward, stampe con illustrazioni in tema. Chi sottoscrive almeno 1600 dollari ha diritto a tutto questo, in un’edizione di soli 26 esemplari, firmata dai curatori. Con meno spesa (minimo 100 dollari) si ottiene la semplice versione cartacea con sontuosa copertina rigida e solo alcuni dei gadget creati per l’occasione.

La Beehive Books aveva già sperimentato edizioni “prestigiose” di Dracula a tiratura limitata, una custodita in una valigetta ottocentesca (300 euro) e una seconda racchiusa in un cofanetto di legno simile a una bara. Tra gli artefici del progetto c’è l’immancabile Dacre Stoker, discendente dello scrittore irlandese, che sta capitalizzando i suoi dati anagrafici con una miriade di iniziative commerciali su Dracula.

Abeditore: il “Drac-Pack”

Anche in Italia sono arrivati libri vampireschi “immersivi”, grazie alla casa editrice Abeditore: il loro DraculeaRacconti e documenti di veri o presunti atti di Vampirismo accompagna un libro cartaceo, che offre estratti da noti testi sui vampiri, a una lettera su pergamena vergata “Dracula” con sigillo di ceralacca, la foto di un vampiro, il poster con l’illustrazione della copertina del libro creata da Marco Calvi, un segnalibro a forma di bara e un finto articolo di giornale. Il costo è minimo, rispetto all’esperimento della Beehive: solo 20 euro (allo stato attuale il “Drac-Pack” con i gadget risulta esaurito).

L’edizione italiana del testo teatrale di Dracula, scritto da Bram Stoker

Siamo quindi di fronte a un fenomeno crescente, che si ispira ai giochi di ruolo dove già si erano proposti cofanetti con oggettistica varia. E di “giochi” o “giocattoli” si tratta, in fondo, per intenditori e appassionati. Noi di “Vampyrismus” preferiamo comunque i contenuti letterari e critici, pur ammirando le pregevoli edizioni vampiriche odierne. Si può fare un libro a tema draculesco esteticamente soddisfacente, ma nello stesso tempo che offre un testo inedito e un apparato critico, come il nostro Dracula: ovvero il Non-Morto.

DRACULA ovvero: il Non-Morto

Il testo teatrale di Bram Stoker, tradotto e curato da Fabio Giovannini

Il 18 maggio 1897 faceva la sua prima apparizione pubblica un personaggio dell’immaginario destinato a diventare immortale: Dracula. Quel giorno, infatti, per la prima volta in assoluto viene tenuto a battesimo il conte vampiro della Transilvania, grazie a uno spettacolo teatrale intitolato Dracula: or The Un-Dead (Dracula, ovvero: il Non-Morto) e presentato al Lyceum Theatre di Londra. L’autore era Bram Stoker, che pochi giorni dopo pubblicherà il romanzo Dracula. Il manoscritto di quel testo teatrale, a lungo sconosciuto, è oggi custodito alla British Library.

DRACULA ovvero: il Non-Morto consente per la prima volta al lettore italiano di scoprire un testo raro, pubblicato solo una volta in lingua originale nel 1997. Questo testo teatrale permette un’esperienza nuova anche all’appassionato o allo studioso che già conosce Stoker e il suo Dracula.

Con una prefazione di oltre 50 pagine firmata da Fabio Giovannini, curatore e traduttore di questa introvabile opera sconosciuta di Bram Stoker. Un volume fuori commercio, arricchito da numerose illustrazioni d’epoca: 336 pagine, in un’edizione a tiratura limitata di sole 100 copie numerate.

Per ricevere il libro vai qui e premi il pulsante a fondo pagina.

Per scaricare l’indice e le prime pagine della Prefazione clicca qui sotto:

Dracula per collezionisti estremi

Di recente si sono moltiplicate le edizioni ultralimitate e speciali del Dracula di Bram Stoker. I più accaniti collezionisti sono stati attratti da volumi in “limited edition”, con una maniacale attenzione a dettagli e innovazioni tipografiche. Qui di seguito gli esempi più eclatanti.

Un video sul Dracula della Folio Society

The Folio Society, casa editrice londinese specializzata in pubblicazioni “lussuose”, nel 2019 ha realizzato un Dracula con introduzione di John Banville, edizione limitata a 750 copie numerate a mano e firmate dall’illustratrice Angela Barrett. Rilegato in pelle color rosso sangue, stampato su carta Abbey Pure Rough, il volume contiene 15 tavole a colori su carta Natural Evolution Ivory e numerosi disegni in bianco e nero che rappresentano luoghi e situazioni del romanzo (lupi, pipistrelli, ragni con ragnatele, alberi, navi, le rovine dell’abbazia di Whitby, edifici di Londra), più 9 disegni ricorrenti (un pipistrello, un crocifisso, lupi che circondano i cavalli, ecc.). Inoltre il libro è dotato di un nastro nero come segnalibro e di custodia ricoperta di tessuto. Prezzo: 260 euro. Il libro è esaurito.

Il contenitore del Dracula in sole 5 copie della Lone Oak Press

Una precedente edizione di Dracula, uscita sempre per The Folio Society nel 2008, aveva invece illustrazioni di Abigail Rorer. Quell’edizione (più economica e non a tiratura limitata) nel 2019 è stata riproposta in una versione speciale di sole 5 copie da The Lone Oak Press (Petersham, Massachusetts), la tipografia dell’illlustratrice. Un contenitore foderato di seta ospita oltre al libro, con frontespizio colorato a mano, un portfolio con nove incisioni firmate da Rorer. Prezzo: 550 euro. Anche questa edizione è esaurita.

Il Dracula della Lone Oak Press

Incredibilmente, è esaurita anche un’altra edizione di Dracula, venduta al prezzo di ben 749 euro. Realizzata nel 2019 dall’editore croato Amaranthine Books, con sede a Zagabria, questa Limited Edition ha una caratteristica unica e inquietante: il titolo del libro è scritto a mano con vero sangue, donato dall’illustratore Vedran Klemens e dal direttore creativo della casa editrice Marko Matijašević (il sangue è stato sigillato con isolante e quindi non mette a rischio il lettore).

Un video sul Dracula scritto con il sangue della Amaranthine Books

Questa edizione di Dracula della Amaranthine, definita “Scholomance Edition”, è limitata a sole 50 copie numerate. La scelta di produrre solo 50 esemplari è un omaggio alle 50 casse piene di terra che, nel romanzo, Dracula porta dalla Transilvania a Londra. Il libro è accompagnato da una scatola in legno che contiene vero terriccio della Transilvania, prelevato nei dintorni del castello di Bran in Romania. Il terriccio, con certificato di autenticità, è stato sterilizzato ed è collocato nella scatola protetto da una lastra di plexiglass. Come se non bastasse, per il libro è stato utilizzato un inchiostro fosforescente sensibile alla luce: la copertina, la costa e 16 illustrazioni a colori all’interno, infatti, sono fosforescenti al buio. Stampato in carta Pergraphica® Natural Rough, con il bordo delle pagine dipinte di nero, rilegato in tessuto rosso similvelluto, il volume è arricchito da diverse piccole illustrazioni di Klemens diffuse tra le pagine e ha un segnalibro a forma di paletto. Per chi si è perso l’ormai esaurita “Scholomance Edition”, però, è ancora disponibile la “Transylvania Edition”, a “soli” 299 euro, in edizione limitata di 666 copie numerate. Stesse caratteristiche del libro deluxe, stessa carta, stesse illustrazioni fosforescenti, ma senza la scritta eseguita con il sangue e senza terriccio della Transilvania (in questo caso il contenitore del libro non è in legno, ma in poliuretano che imita il legno).

La prima traduzione russa di Dracula

Ma chi vuole investire in costosissime edizioni di Dracula ha a disposizione un’altra opportunità, questa volta nell’antiquariato. Al momento attuale risulta ancora invenduta dalla Bernett Penka Books, al prezzo di 2500 dollari, una copia di Vampir, supplemento della rivista mensile di San Pietroburgo “Sinii zhurnal”: si tratta della prima traduzione russa del Dracula di Stoker, apparsa nel 1912. In realtà il fascicolo contiene solo la prima parte del romanzo e la parte seguente apparve l’anno dopo sempre come supplemento del “Sinii zhurnal”. Certamente suggestiva la copertina dell’illustratore satirico Aleksandr Iunger. Chi non è riuscito ad appropriarsi delle moderne “edizioni limitate” di Dracula, e ha 2500 dollari da investire, è avvisato.

Freddy Ruthven, ovvero il Dracula della BBC

In rete si moltiplicano i commenti alla miniserie tv Dracula della BBC/Netflix. Non si può che constatare una grande rivitalizzazione dell’interesse per il principe dei vampiri, all’alba del nuovo decennio, ed esserne lieti. I commenti in genere si dividono tra entusiasti della serie e detrattori delusi, con una quasi unanime denigrazione del terzo episodio, quello in cui Dracula è portato ai giorni nostri. Tutti si interrogano sulla dose di fedeltà o sul tradimento rispetto al romanzo di Bram Stoker. Io riassumo la mia opinione cambiando nome al protagonista della serie, ribattezzandolo Freddy Ruthven. Perché?

Claes Bang in Dracula (2020)

Partiamo dal cognome. Il Dracula della BBC assomiglia nei comportamenti e nell’aspetto molto più al lord Ruthven del racconto Il vampiro di John Polidori che al Dracula di Stoker. Il suo rapporto con Jonathan Harker è simile a quello di Ruthven con Aubrey, il giovane narratore di Il vampiro: lo irride, lo seduce, lo porta alla perdizione, quindi si dedica alla donna amata dal suo amico-vittima. Il look byroniano del Dracula targato BBC ne è una conferma. Ed è satanico, come Ruthven, privo di sentimenti umani, selvaggio nell’abbeverarsi. Il Dracula di Stoker era un antico e orgoglioso guerriero diventato immortale, lontano anni luce dall’immagine del dandy.

Dracula con Jonathan

Passiamo al nome, Freddy. Il Dracula BBC si caratterizza per le sue battute umoristiche, sardoniche, ciniche, in particolare di fronte alle sue vittime e prima di commettere atti efferati. Nello stesso modo si comportava Freddy Krueger, il serial killer dei sogni molto popolare negli anni Ottanta con i film della saga Nightmare. Il cliché è identico. Gli sceneggiatori devono aver pensato, anche senza riferirsi consapevolmente all’orrido Freddy, che questo stile del vampiro aumentava la complicità da parte dello spettatore odierno, cattivo abbastanza da godere se un mostro deride le vittime e fa battute alla Oscar Wilde prima di uccidere. La più bella, e trasgressiva, avviene quando Dracula spiega che la sua paura della croce è dovuta all’aver ingerito il sangue di tanti popolani timorati di Dio, dai quali ha assorbito anche i terrori cristiani: “Non vedo l’ora di poter mangiare degli atei”, commenta diabolico (con la voce profonda e cadenzata dell’attore Claes Bang, ben diversa da quella del doppiaggio italiano). Insopportabile, invece, quando per ben due volte Dracula ripete l’ormai logora battuta lugosiana per ricordarci che “non bevo mai… vino”.

Dracula al cellulare

Per quanto riguarda la diffamata terza puntata, non sono così severo, fermo restando le altre riserve sulla serie. Anche il Dracula di Stoker, in fondo, arrivava da una quasi medioevale Transilvania alla popolosa e avveniristica Londra vittoriana. Vederlo confrontarsi con i ritrovati moderni è in fondo divertente, senza dimenticare che i suoi avversari nel libro di Stoker utilizzavano ritrovati allora modernissimi o anticipatori come il telegrafo.

Harker nella sala da pranzo del castello in Dracula (1958) e nella serie della BBC

Grazie a Mark Gatiss alla sceneggiatura (archeologo del gotico cinematografico: interessante il suo documentario messo in rete in occasione della miniserie, In Search of Dracula), ci sono citazioni a raffica, per lo più nascoste a uso dei più astuti fan del genere (ritratti alle pareti con Christopher Lee e Peter Cushing, riproposta di celebri situazioni dal Dracula di Terence Fisher o allusioni a Bela Lugosi, ecc.).

Dracula vecchio

Due parole sull’interprete principale. Per quanto Claes Bang abbia mietuto molti commenti positivi, il suo aspetto non si avvicina nemmeno lontanamente all’impatto di altri grandi Dracula dello Schermo: Lugosi, Lee, Carradine, Langella, Kinski, Schreck, solo per fare qualche nome. Ho delle profonde riserve, poi, sull’acconciatura con la riga… Se si guarda la scena del terzo episodio dove Dracula emerge dalle acque del mare, con i capelli bagnati e lucidi, si capisce quanto sarebbe stata adeguata un’altra pettinatura al volto dell’attore. A questo proposito va detto che proprio la conformazione del viso di Bang non si presta nemmeno al trucco da vecchio delle sue prime apparizioni. Non si capisce perché il make up abbia fatto tanti passi indietro, anche in film e telefilm a grosso budget. Il mascherone da ottuagenario applicato a Bang fa il paio con quello ancor più improbabile visto in Nos4a2: non siamo nemmeno all’altezza dell’invecchiamento di David Bowie in Miriam si sveglia a mezzanotte, quasi quarant’anni fa. Ma una delle responsabilità sta proprio nelle caratteristiche del viso di Bang, troppo tondo e solido per prestarsi a un credibile “effetto vecchiaia”.

Il castello di Orava in Dracula (2020)

Delusione, infine per un’occasione perduta nella prima puntata. E’ stata girata nel vero castello che fu scenario per Nosferatu (1922) di F. W. Murnau, il castello di Orava in Slovacchia (vedi il post https://vampyrismus.altervista.org/dracula-e-tornato-a-casa), ma l’impressionante maniero si vede poco e lo si sfrutta male, facendo rimpiangere le immagini di un secolo orsono che valorizzavano, ad esempio, la fallica torre del castello. Anche Whitby, la cittadina inglese dove approda Dracula nel romanzo, fa solo brevemente da sfondo nella terza puntata.

Il poster “cangiante” di Dracula (2020)

In conclusione, un Dracula da era dei social, in una commistione di allusioni colte e cinefile, banalità assolute, demitizzazioni fuori tempo massimo, innovazioni ardite e concessioni quasi ironiche al politically correct (Van Helsing suora, personaggi gay e di colore). Avevo a suo tempo tessuto le lodi del ruolo di Twilight (con tutto il male che se ne può dire) nel diffondere tra i giovanissimi una rinnovata passione per i vampiri, non posso che rallegrarmi se il Dracula BBC (ancora, con tutto il male che se ne può dire) riaccende nel 2020 la popolarità del vampiro e l’interesse per il suo mito.