LE STATUE DI DRACULA? SONO ITALIANE!

Intervista a Fabio Varesi

Incredibile, ma vero: sono italiani gli artefici di un omaggio straordinario e di imminente uscita a Dracula (Dracula il vampiro, 1958), il film della Hammer con Christopher Lee e Peter Cushing. I due attori saranno trasformati in due statue a metà strada tra action figure e bambole “horror”, in scala 1 a 6 (alte circa 30 cm.), rigorosamente fedeli fin nei minimi dettagli a quanto appare nel celebre film di Terence Fisher.

Questi (costosi) pezzi da collezione toccano il culmine nella versione Exclusive, 200 esemplari numerati che comprendono Dracula, Van Helsing e la bara del vampiro. Le due statue hanno entrambe corpi con articolazioni, 3 diverse teste, 4 paia di mani, vestiti in stoffa. Come oggetti: candelabri, croce, paletto e martello, ma soprattutto una bara bianca identica a quella che compare nel film. “Vampyrismus” non poteva che rivolgere qualche domanda a Fabio Varesi, direttore di produzione e fondatore di Kaustic Plastik, la ditta che realizza le statue di Dracula.

Le due statue della Kaustic Plastik

Innanzitutto come e quando nasce l’idea di fondare in Italia un’azienda dedicata a statue e collectibles soprattutto di cinema e fumetto?

In realtà la nostra è una storia di “lunga data”. La Kaustic Plastik nasce nel 2010 dalle ceneri della Twisting Toys che fu una delle prime ditte europee a occuparsi di Action Figures 1/6. Nel 2020 siamo entrati in contatto con Infinite Statue, altra realtà italiana storica specializzata invece nella produzione di Statue in Resina. Da quel momento è nato un matrimonio artistico e produttivo tra Kaustic Plastik e Infinite Statue, abbiamo organizzato un gruppo di artisti condivisi tra le nostre due realtà ed in qualche modo pur mantenendo una nostra indipendenza, abbiamo creato una sorta di fusione. Non a caso tutti i nostri prodotti escono proprio con doppio logo, Kaustic Plastik e Infinite Statue. Originalmente la Kaustic Plastik era molto più improntata nella realizzazione di Action Figures basate sull’antica Roma e sul tema antico e storico in generale. E’ proprio con il matrimonio artistico con Infinite Statue che abbiamo cominciato a lavorare su tematiche legate al cinema. Fin da subito abbiamo capito che aveva molti gusti in comune, soprattutto per i grandi classici del cinema, in particolar modo per il Western e appunto l’Horror. Abbiamo unito quindi le forze per trovare delle licenze che potessero adattarsi a questo nostro progetto, l’amore in particolare per il cinema horror classico è molto forte in tutti noi e credo infatti che proprio su questi tema che stiamo dando il meglio di noi. “Bela Lugosi as Dracula” è stato un grandissimo successo sia commerciale che mediatico, abbiamo ricevuto recensioni e feedback pazzeschi praticamente in tutto il mondo. Nosferatu, uscito pochi mesi fa è stato un altro nostro omaggio al cinema classico, ed è stata considerata da quasi tutti i siti specializzati e forum di collectibles come una delle migliori uscite del 2023! Quindi ancora una volta un ottimo successo di vendite e di feedback generali. Speriamo di fare anche meglio con la linea Horror of Dracula! Non solo, come saprai abbiamo recentemente firmato un contratto con la famiglia Chaney e ci apprestiamo a presentare nei prossimi mesi le action figures (e anche statue in resina) di “Phantom of the Opera” e “London After Midnight”.

Ti farò una confidenza. Sono un amante dei tatuaggi, e proprio uno dei miei tatuaggi è dedicato a Christopher Lee in Dracula! Questo ti farà capire l’amore che ho per un certo tipo di cinema horror e per certi personaggi che di fatto hanno “costruito” il mio background culturale e popolato le mie fantasie e passioni dell’infanzia. Lee è stato a mio modesto parere uno dei più grandi attori di sempre, la sua presenza scenica, la sua voce, ma anche la sua cultura generale erano “imponenti”. Peter Cushing fu per tutti i film dedicati a Dracula la sua eterna “nemesi”. Quando si concretizzò il contratto con la Hammer Movie, la nostra scelta fu quasi automatica! Dovevamo fare Horror of Dracula del 1958! Il film dal quale iniziò la saga di Lee che lo portò ad interpretare il conte immortale per moltissimi anni!

La bara bianca “modellino” e a destra un fotogramma del film

Sono state realizzate in 3 differenti versioni, Regular, Deluxe e Exclusive. Quindi si parte da un set base, e via via ogni set avrà più opzioni. Ad esempio cominciando dal set base della versione standard con una sola testa, si passa a due teste con differenti espressioni intercambiabili per la versione Deluxe per finire a ben 3 differenti teste con 3 differenti espressioni naturalmente per la versione Exclusive. La scelta degli accessori e outfit è rigorosamente legata al primo film del 1958, quindi avremo Dracula con il mantello foderato di nero (ricordiamo che solo più avanti nei film successivi il mantello diventa foderato di rosso!) i tipici candelabri che vengono mostrati nel combattimento finale, e ovviamente la bara bianca che è un po’ il “trademark” del Dracula del 1958! Anzi ti dirò una piccola storia riguardo la bara. Originalmente contattammo la Hammer chiedendo di poter fare proprio Horror of Dracula, purtroppo la prima risposta fu negativa. Dopo che uscì il nostro Bela Lugosi (anche lui nella sua versione “Deluxe” era provvisto di bara “movie accurate”), fu la Hammer stessa a contattarci perché era rimasta molto colpita dal nostro lavoro su Bela. E la prima cosa che ci disse fu: Vi diamo la licenza ma anche noi vogliamo il Dracula della Hammer con la sua bara bianca! 😊

Normalmente quando si lavora con le licenze cinematografiche, è la stessa casa di produzione cinematografica che fornisce quello che si chiamo la “style guide”. Un documento che raccoglie foto di scena in alta risoluzione a volte anche inedite e altro materiale inerente il film del quale si ha la licenza. Proprio partendo da questa “guida” che si comincia a lavorare su delle idee che poi vanno ovviamente proposte alla cinematografica per l’approvazione.

Abbiamo un team piuttosto affiatato di artisti, alcuni dei quali molto conosciuti nel mondo dei collezionabili e molto attivi nei social. Sono un gruppo di collaboratori che ormai lavorano con noi da anni, quindi estremamente affidabili e dei quali andiamo molto orgogliosi (e anche gelosi a dirla tutta). Sicuramente oltre alle direzione artistica e direzione di produzione, curata da me (Fabio Varesi) e Fabio Berruti (Infinite Statue), abbiamo una discreta scelta di selezione del team che si occuperà dello sviluppo del 3d (parte essenziale nel nostro tipo di lavoro). I nostri scultori 3d sono Inigo Gil (Spagna), Sean Dabbs (Inglese naturalizzato Francese), Daniele Angelozzi (Italia) e Rocco Tartamella (USA), in realtà ho citato solo alcuni di quelli che collaborano più spesso con noi. Alla colorazione dei prototipi abbiamo Dario Barbera (Italia). Abbiamo poi un nostro service interno per la stampa in 3d e per la prototipazione dei vestiti in stoffa. Tutta la fase concettuale e di prototipazione viene svolta essenzialmente in Italia/Europa. Creato il prototipo e approvato dalla cinematografica si passa alla produzione vera e propria. Lì entrano in gioco una serie di nostri collaboratori e di fabbriche in Cina con le quali collaboriamo da anni e che si occupano sotto la supervisione dei nostri ingegneri della realizzazione del prodotto vero e proprio.

Come dicevo entrare in contatto non era stato particolarmente difficile, ma è stato grazie al nostro Bela Lugosi che si son convinti della qualità della nostra proposta. Dal punto di vista di controllo del progetto, assolutamente sì, abbiamo ricevuto diversi input e talvolta richieste di correzioni su espressioni, materiali, colori o semplicemente artwork. Quindi un lavoro sicuramente influenzato dalle scelte della Hammer. 

In alto, la bara di Dracula (1958) e sotto la pubblicità della versione in scala

In genere tra la fase di design/prototipazione al prodotto finito almeno un anno. Per alcuni progetti anche un anno e mezzo.

Prevalentemente Europei e Americani. Ma abbiamo anche un buon gruppo di appassionati italiani che ci supportano da sempre.

Per fortuna siamo quasi in dirittura di arrivo! Salvo grandi ritardi logistici contiamo di avere tutto in stock per Marzo 2024! Quindi l’attesa è quasi finita!

LA VAMPIRA DI MARRAKESH

Questa è la storia di un bizzarro cortometraggio “di vampiri” e del suo ancor più bizzarro regista, entrambi poco noti anche agli appassionati del genere. Il cortometraggio si intitola Quest of the Perfect Woman: The Vampire of Marrakesh, diretto e interpretato da Tom Terriss nel 1934. Per capire quanto sia curioso l’autore di quel corto basti anticipare, come vedremo tra poco, che Terris ha conosciuto di persona Bram Stoker, ha intervistato Bela Lugosi, ha lanciato la “danza dei vampiri”, portandola a teatro e sullo schermo, e sosteneva di aver presenziato all’apertura della tomba di Tutankhamen.

Tom Terriss

Prima di arrivare a The Vampire of Marrakesh è quindi utile fare la conoscenza con Tom Terris, per decenni famosissimo soprattutto in America e oggi dimenticato.

La sua vita è quanto meno romanzesca. Nato a Londra nel 1872, era figlio di William Terriss, celebre attore scespiriano che ha fatto parte della compagnia di Henry Irving al londinese Lyceum Theatre. Sì, si tratta proprio della compagnia per la quale lavorava come manager Bram Stoker, l’autore di Dracula.

La sua fantasiosa biografia vuole che Tom da giovanissimo abbia studiato a Oxford, sia stato apprendista marinaio, allevatore di pecore in Australia, minatore nel Colorado, rimanendo intrappolato in una tormenta sulle Montagne Rocciose dove i riflessi della neve gli danneggiarono permanentemente la vista, e impiegato alla Borsa di Londra (così si legge, ad esempio, in John Parker, The New Dramatic List. Who’s Who in the Theatre, Small, Maynard and Company, Boston 1914). Seguendo le orme del padre, nel 1890 fa il suo esordio teatrale nella parte di Osric in Amleto, al Globe Theatre di Londra, poi per tre anni recita al Theatre Royal. Nel 1897, però, nella sua vita irrompe una tragedia: il padre è ucciso a coltellate da un pazzo, in un episodio che colpì molto l’opinione pubblica. Per decenni, dopo il delitto, si è vociferato che il fantasma di William Terriss apparisse nella stazione della metropolitana di Covent Garden e all’Adelphi Theatre.

L’amico di Bram Stoker

Il padre di Tom Terriss è un personaggio molto interessante. Dopo aver cercato fortuna alle isole Falkland come allevatore si era dedicato al teatro, diventando uno degli attori principali che lavoravano con Irving e di fatto il “numero due” del Lyceum. William Terriss era forse l’unico che si poteva permettere di dare consigli a Irving, uomo notoriamente dal carattere molto forte. Irving aveva tale stima di Terriss che gli consegnò un reperto storico in suo possesso, la spada impugnata dal grande attore inglese Edmund Kean nella messa in scena del Riccardo III nel 1814, a lui tramandata. Irving e Terriss insieme furono ricevuti dalla Regina. Una volta, Stoker chiese a Terriss di sostituire per il Re Lear il grande Irving in persona, a letto con l’influenza, ma William rifiutò quel compito troppo impegnativo. Terriss suscitò anche l’interesse della figlia di Karl Marx, Eleanor. Nei suoi articoli sul teatro per la rivista “Time” si leggono molte parole di apprezzamento di Eleanor Marx per Terriss (e si scopre anche un accenno a Bram Stoker, da lei definito “il principe dei manager teatrali”).

William Terriss dichiarava di possedere misteriosi poteri ipnotici che mise alla prova in presenza di Stoker, inscenando una fittizia seduta di ipnosi con la complicità della giovane attrice Jessie Millward, sua partner a teatro e nella vita privata.

Lasciato il Lyceum, Terriss divenne l’attore di punta dell’Adelphi Theatre di Covent Garden, continuando una prestigiosa carriera. Ed è proprio uscendo dall’Adelphi che troverà la morte, il 16 dicembre 1897: un uomo lo colpisce al cuore e alla schiena con un coltello da macellaio. A ucciderlo è un altro attore, Richard Archer Prince, convinto che Terriss ostacolasse la sua sfortunata attività sui palcoscenici. Prince aveva recitato in piccoli ruoli sulle scene britanniche, ma si trovava in miseria ed era noto nell’ambiente teatrale come “Mad Archer” per il suo comportamento folle, tra accessi di rabbia, dedizione all’alcol e dichiarazioni deliranti (sosteneva spesso di essere Gesù Cristo). È curioso che quel personaggio inquietante, ben conosciuto sicuramente da Stoker, si chiamasse Archer, cognome molto simile all’Harker protagonista del romanzo Dracula.

L’assassino fu catturato subito e sfuggì al linciaggio. Irving e Stoker si recarono a porgere personalmente le loro condoglianze sia alla vedova che all’amante del defunto, Jessie.

L’assassinio di William Terriss in un’illustrazione dell’epoca

Il delitto fece molto scalpore e il figlio della vittima, il nostro Tom Terriss (con il vero nome Thomas Lewin), sarà chiamato a testimoniare al processo. Per Archer si aprirono le porte del manicomio criminale, dove durante la detenzione allestiva spettacoli teatrali e musicali.

Della vicenda Stoker tornò a occuparsi un paio d’anni dopo, perché l’assassino inviò dal manicomio una lettera a Irving che secondo i giornali conteneva minacce di morte (giurava che, appena rilasciato, per prima cosa avrebbe ucciso Irving). Stoker precisò al quotidiano scozzese “The Dundee Courier” (6 aprile 1899), interessato alla vicenda perché l’assassino era nato proprio a Dundee, che la lettera era piena di accuse al mondo teatrale, senza però contenere minacce di morte nei confronti di Irving.

I nomi di William Terriss e Bram Stoker erano quindi strettamente legati, in quella fine del secolo. L’anno dopo la morte di Terriss, inoltre, una sua biografia fu pubblicata dallo stesso editore del Dracula di Stoker, Constable. I due erano considerati “amici”, ma le poche citazioni del nome di Terriss nei libri scritti da Stoker non sono tutte lusinghiere (sui rapporti tra i due, vedi tra l’altro David J. Skal, Something in the Blood, Liveright, New York 2016). Nella corrispondenza di Stoker conservata alla Brotherton Library dell’Università di Leeds ci sono lettere del 1893 dove Terriss lamenta di essere stato sottopagato per un tour in America, accusando poi Stoker di averne messo al corrente Irving. L’attrice Jessie Millward nelle sue memorie (Myself and Others, Hutchinson, London 1923) ricorda che proprio durante quel tour furono Terriss e Stoker a convincere la polizia di New York al rilascio di un membro della compagnia, arrestato per offese a pubblici ufficiali.

Il nesso tra Terriss e Stoker è stato anche preso a pretesto, nel 2004, per uno spettacolo dell’Equity Theatre di Tampa, in Florida: Sherlock and Shaw: The Adventure of the Missing Vampire Diaries di Aubrey Hampton. Nel testo teatrale si immagina che il corpo di Terriss fosse stato prosciugato dal sangue e che Bram Stoker avesse consegnato all’attore una copia del suo presunto manoscritto Vampire Diaries, sparito misteriosamente dopo il delitto.

La danza della vampira

Usufruendo dell’eredità ricevuta alla morte del padre, molto ricco grazie ai successi teatrali, Tom Terriss si dedica alla sua passione per i viaggi, scrivendo reportage, ma prosegue il lavoro di attore diventando noto per le messe in scena dei racconti e romanzi di Charles Dickens (era tra l’altro nipote del prestigioso storico George Grote che conosceva Dickens di persona), in particolare legandosi al personaggio di Ebenezer Scrooge dal racconto di fantasmi A Christmas Carol.

Nel 1909 Tom conosce una giovane ballerina e la sposa. Nata in America nel 1884, era stata una delle ragazze dei primi spettacoli di vaudeville Ziegfeld Follies. Per liberarsi del suo vero cognome, un troppo banale Smith, aveva scelto uno pseudonimo con almeno quattro varianti: Mildred De Vere, Devere, Deveres, Deverez.

Con quest’ultimo pseudonimo, Deverez, insieme al marito si appassiona a un tema molto in voga all’inizio del nuovo secolo: i vampiri, o meglio “la” vampira, intesa come donna fatale che porta alla distruzione il maschio, depredandolo di beni ed energia. Non tanto i vampiri soprannaturali del Dracula di Stoker, ma creature femminili portatrici di disastro che avevano ottenuto grande popolarità grazie a un quadro e a una poesia.

Il quadro era The Vampire di Philip Burne-Jones (figlio del più noto pittore preraffaellita Edward Burne-Jones) in mostra, proprio mentre usciva Dracula nelle librerie, durante la primavera 1897 alla New Gallery di Londra: una donna in sottoveste bianca, i lunghi capelli scuri sciolti, si erge predatrice su un uomo coricato, esanime (il dipinto è perduto, ma ne sopravvivono riproduzioni dell’epoca in bianco e nero). Nel catalogo della mostra era contenuta una poesia con lo stesso titolo del quadro, scritta dal cugino dell’artista, Rudyard Kipling: è il lamento misogino di un uomo che si sente devastato da una donna spietata. Quadro e poesia avevano poi dato origine nel 1906 a un testo teatrale di Porter Emerson Browne intitolato con le stesse parole con cui iniziava la poesia di Kipling, A Fool There Was, e dall’autore trasposto in forma di romanzo nel 1909. Browne immagina la storia che fa da premessa al quadro, narrando di un diplomatico portato alla rovina da una donna senza scrupoli (A Fool There Was, trasformato in film, nel 1915 lancerà la figura della “vamp” grazie all’interpretazione di Theda Bara).

Nel 1909 lo spettacolo teatrale di Browne ebbe il massimo successo e anche la “danza della vampira” era diventata popolare in quell’anno, grazie a un breve balletto ispirato al quadro di Burne-Jones, intitolato The Vampire e rappresentato nel luglio 1909 a New York da Alice Eis e Bert French (della “Vampire Dance” nell’immaginario durante il passaggio tra Ottocento e Novecento ci occuperemo specificamente in un successivo articolo).

Tom Terriss e Mildred Deverez decisero di replicare quel successo con un loro balletto per il vaudeville ispirato a sua volta alla figura della donna vampiro. Il 29 novembre 1909, così, si verifica a Londra una sfida tra due “danze di vampiri”. Quel giorno esordiscono contemporaneamente sulle scene londinesi la “Vampire Dance”di Eis e French, all’Hippodrome, e quella di Mildred Deverez e Tom Terriss al Tivoli.

Una pagina di “The Sketch” dedicato alla danza vampiresca di Terriss-Deverez

Il ballo di Deverez e Terriss può essere immaginato in base alle descrizioni della stampa di allora (ad esempio su “Auckland Star”, 5 febbraio 1910, e “Wairarapa Daily Times”, 4 maggio 1910). All’alzarsi del sipario si vede una donna (Deverez) appoggiata a una colonna, il corpo avvolto in un velo rosso semi-trasparente. Lentamente si toglie il velo, mentre una voce melodiosa declama la poesia di Rudyard Kipling. Tolto il velo si scopre una donna bellissima dai lunghi capelli rossi, in abito quattrocentesco. Inizia a danzare, sensuale, quando entra in scena un giovane pittore (Terriss) che si siede meditando su una sua opera. La vampira lo vede e corre silenziosa lungo il palcoscenico “come una pantera verso la sua vittima”. Il ballo tentatore affascina l’uomo che però tenta di distrarsi ricominciando a lavorare sui suoi schizzi. Lei lo attrae nuovamente a sé con i suoi poteri ipnotici e lui resiste, poi lentamente torna da lei. Con la sua danza che si fa più selvaggia lei lo soggioga, l’artista tenta di allontanarsi, ma poi bacia la donna sulle labbra e cade inerme ai pedi della vampira che lo morde alla gola. Il giovane rotola lungo una scala, morto. Lei ride e balla, in attesa di un’altra vittima. Il momento del morso fatale era illuminato da una luce verde, proprio come accadrà un ventennio dopo con le rappresentazioni teatrali di Dracula interpretate da Bela Lugosi.

Il duplice balletto sulle vampire di quel novembre 1909 fece scalpore e Mildred Deverez da allora continuò a proporre delle variazioni sulla sua “Vampire Dance” sia in America che in Europa, prima di ritirarsi dalle scene negli anni Venti. In The Poison Kiss, pantomima ambientata in una Venezia del Cinquecento e rappresentata nel 1911, la Deverez è Lucrezia, decisa a vendicare la morte della sorella, causata dallo spregiudicato Giovanni, mettendosi del veleno sulle labbra e scoccando un bacio micidiale. Un anno dopo la Deverez è ancora una femme fatale in The Love Dream, dove un ufficiale della marina è sedotto alle Hawaii dalle danze di una donna del luogo. Sta per rinunciare a tornare sulla sua nave, poi riesce a trovare la forza di liberarsi dall’incanto della donna. In questo caso, come in Madama Butterfly, è la donna a morire, piantandosi un coltello nel cuore.

Dopo aver lanciato la “danza della vampira” nelle sale britanniche, Tom Terriss decide di lasciare l’Inghilterra e porta in America e Canada i suoi spettacoli ispirati a Dickens. Con l’avvento del cinema si trasferisce a New York e diventa regista, dirigendo The Chimes (1914), ancora tratto da Dickens, e poi oltre 40 film d’avventura, romantici e drammatici (in alcune delle sue prime pellicole fece recitare anche la figlia di quattro anni Millie). Nel 1915 progetta una sua casa produttrice, due anni dopo ottiene la cittadinanza americana. Come attore appare tra l’altro accanto a Charles Chaplin in Sunnyside (Charlot in campagna, 1919). La “danza della vampira” rimarrà un dato caratterizzante dell’attività di Terriss, anche al cinema. Nel 1915, infatti, unisce l’esotismo al vampirismo femminile, dirigendo il film Flame of Passion, ambientato in Giamaica: una donna fatale del luogo porta al disastro un ricco americano. Una foto superstite del film evoca chiaramente il quadro di Burne-Jones all’origine della “Vampire Dance”. Nella parte della vampira, tra l’altro, Terriss fa recitare sua sorella Ellaline, come lui famosa attrice di teatro e moglie di Seymour Hicks, autore teatrale e produttore.

Ellaline Terriss in Flame of Passion (1915)

Tom Terriss e Tutankhamen

Nel novembre 1922, secondo le sue dichiarazioni, Terriss vive un’esperienza eccezionale: assiste all’apertura della tomba di Tutankhamen con la squadra di Lord Carnarvon. Terriss era in Egitto in quei giorni, impegnato a preparare il film di produzione britannica Fires of Fate (uscirà nel 1923 e un anno dopo negli USA con il titolo The Desert Sheik), tratto dal romanzo di Arthur Conan Doyle La tragedia del Korosko (The Tragedy of the Korosko, 1898) che racconta le vicissitudini di alcuni turisti in viaggio sul Nilo presi prigionieri dai dervisci. Terriss ha sostenuto in differenti circostanze di essere stato invitato a quell’evento straordinario oppure di essersi “infiltrato” spacciandosi per giornalista (espediente strano, dato che c’era una rigida esclusiva a “The Times”), unendosi alle 15 persone, o 24 secondo alcune fonti, che presenziarono all’apertura della tomba (molti dettagli su Terriss e Tutankhamen si trovano in Matthew Coniam, Egyptomania Goes to the Movies, McFarland & Company, Jefferson 2017).

In un’intervista rilasciata alla regina del gossip cinematografico Louella Parsons (“Morning Telegraph”, 23 settembre 1923), Terriss raccontava le sue sensazioni: “Lo scavo della tomba è stata l’esperienza più emozionante che io abbia mai avuto. Il battere dei martelli sulle mura era una sorta di rumore soprannaturale che risuonava con forza nella silenziosa stanza dove non si diceva una parola. Eravamo in una grande camera che portava proprio al luogo di sepoltura di Re Tutankhamen. Ci aspettavamo di trovare un’altra stanza enorme. Al contrario il sarcofago era appoggiato in verticale al muro. Il freddo getto d’aria che seguì l’apertura del muro è stata l’esperienza più strana che io abbia mai vissuto. Era esattamente come se qualcuno ci avesse colpito la spina dorsale con un getto di acqua gelata”.

Non c’è nessuna conferma che il racconto sia vero, ma Terriss ha continuato a ripeterlo (fornendo varie versioni dell’episodio) per tutta la vita. Mancano riscontri, nessuno dei testimoni di quel giorno ha mai fatto il suo nome né esiste documentazione a riguardo. In un’occasione Terriss lasciò intendere che girò delle immagini dell’apertura della tomba, ma non ne esiste traccia.

Ovviamente anche Terriss doveva fare i conti con la cosiddetta “maledizione di Tutankhamen”. Si disse che era uno dei pochi sopravvissuti alla maledizione e lui stesso alludeva a una grave malattia che avrebbe contratto subito dopo aver partecipato all’apertura della tomba del re egizio. Sui giornali si arrivò a scrivere che Terriss era uno dei soli quattro superstiti, sfuggiti alla vendetta del faraone. Per sfruttare queste voci, nel 1934 Terriss tentò, senza esito, di realizzare un film sulla maledizione di Tutankhamen.

L’albo a fumetti Famous Funnies (1953) ricostruisce la storia di Terriss e Tutankhamen

La fatale marocchina

Arriviamo infine al cortometraggio The Vampire of Marrakesh che discende direttamente dall’attrazione per l’orientalismo e l’esotico maturata da Tom Terriss con l’esperienza egiziana. La vera popolarità Terriss la ottiene all’inizio degli anni Trenta, quando si specializza in “travelogue”, diari di viaggio filmati e conditi di fiction, girati con la sua troupe dotata di cinepresa e microfoni per immortalare le voci del nativi e le loro musiche. Dal 1927 aveva raccontato i suoi viaggi in giro per il mondo alla stazione radio KFI di Los Angeles e due anni dopo porta sugli schermi la stessa idea di fondo. Terriss da attore e regista del cinema muto si trasforma in esploratore, realizzando un’infinita serie di corti della durata di circa 10 minuti (una bobina), caratterizzati da una miscela di avventura esotica, commedia e accenni di nudo.

Noti come Vagabond Adventures, i filmati erano inizialmente prodotti e distribuiti con il sostegno della Pathé, e poi RKO, da Alfred T. Mannon e Amedee Van Beuren, pionieristico produttore di film, cortometraggi e cartoni animati (vedi Hal Erickson, A Van Beuren Production, McFarland & Company, Jefferson 2020). La formula era semplice: riprese di luoghi insoliti, inserti drammatizzati, una voce fuori campo. A volte Terriss appariva di persona, più spesso era la voce narrante. I corti uscivano ogni due settimane e in seguito una volta al mese. Alcune scene di pura fiction erano girate in California con attori professionisti da Elmer Clifton, già assistente alla regia di D.W. Griffith e caduto in disgrazia nel 1923 quando un’attrice era morta bruciata sul set di un suo film.

Nei cortometraggi di Terriss sono ricorrenti i riferimenti a leggende macabre, come in Glacier’s Secret (1931), dove si racconta di una donna rimasta intatta nel ghiaccio per quarant’anni, e nell’analogo The Frozen Bride (1946) imperniato su una leggenda svizzera relativa a una donna conservata perfettamente dai ghiacci per mezzo secolo. Gli intrecci tra i documentari di Terriss e l’immaginario nero non finiscono qui. A lui si deve un corto con la sua voce narrante girato per la RKO-Pathé, The Song of the Voodoo (1931), dove si assiste a una cerimonia voodoo nell’isola di Haiti. Secondo gli studiosi di cinema fantastico sarebbe il primo film in assoluto a occuparsi di voodoo, dato che anticipa White Zombie, la pellicola con Bela Lugosi uscita nel 1932. E a proposito dell’attore ungherese, Terriss nel 1931 ha intervistato Lugosi per il cinegiornale “Voice of Hollywood”, chiedendogli quale effetto abbia avuto su di lui recitare il ruolo di Dracula (l’attore rispose che lo considerava una sfida e si diceva molto lieto che si fosse conclusa, evidentemente ancora ignaro del suo imminente destino di identificazione totale con il personaggio). Durante il periodo d’oro della sua notorietà come “regista vagabondo”, Terriss progetta una serie di 13 cortometraggi, lo stesso numero di tante odierne serie tv, con il titolo Quest of the Perfect Woman (Alla ricerca della donna perfetta). Agli inizi del 1934 annunciava il completamento di due episodi, The Vampire of Marrakesh e The Veiled Dancer of El Oued. Del terzo episodio, North of Sahara, non si hanno notizie a parte che era ambientato in Etiopia e di certo la serie non ha poi avuto seguito. I primi due episodi sono tuttora disponibili e The Vampire of Marrakesh è apparso nel 2002 come extra nel DVD del film Doctor Gore della Something Weird.

I titoli di testa di The Vampire of Marrakesh indicavano come produzione la Hammer Pictures Inc. Forse siamo di fronte al primo film di vampiri della famosa casa produttrice britannica che realizzerà molti anni dopo Dracula il vampiro (Dracula, 1958) e una serie di indimenticabili pellicole gotiche? Pare proprio di no: il produttore Arthur Hammer, che si occupava dei cortometraggi avventurosi di Quest of the Perfect Woman, non ha nulla a che fare con l’azienda cinematografica che nasceva in Inghilterra nello stesso periodo. Non si tratta nemmeno di una versione ridotta del già citato Flame of Passion, come sostengono alcuni, dato che contiene sì temi simili, ma si svolge in tutt’altra ambientazione.

Una scritta in apertura di The Vampire of Marrakesh spiega: “Esiste la donna perfetta? Forse una tale rarità la si può trovare non dove la civilizzazione ha creato valori artificiali, ma nei paesi più primitivi dove la semplicità e la natura dominano supreme?”.

Tom Terriss e il suo amico Jimmy nella loro ricerca della donna perfetta si recano a Marrakesch, definita “barbaric city”. Dopo qualche ripresa di panorami marocchini, il giorno successivo all’arrivo Tom si presenta dall’amico con il viso stanco e racconta l’esperienza appena vissuta con quella che descrive come “la creatura del male”, una “vampira”.

Rielaborazione video della scena cruciale di The Vampire of Marrakesh

Un flashback mostra la sua avventura. Per introdursi in un edificio principesco, convinto che nasconda un harem, Tom entra di nascosto nel giardino del palazzo, dove una donna dai lunghi capelli scuri prende il sole nuda accanto a una piscina (il nome dell’attrice è ignoto). Lei lo vede: “I suoi occhi mi tentavano, invitandomi a seguirla”. Tom nel palazzo trova altre donne in succinti abiti orientali che lo osservano senza parlare. In un cortile, la donna che lo aveva attratto è adagiata su un divano e assiste a uno spettacolo di musica e danze. Tom si inginocchia e bacia la mano della donna (“I suoi occhi erano come fuoco opalescente”), che ha i seni scoperti e gli porge un bicchiere. “Dopo che ho bevuto la sua voce è diventata come il distante tintinnio di una campana d’argento”. Tom si risveglia in un’altra stanza e mentre riprende conoscenza la donna si avvicina a lui danzando, le gambe avvolte in un velo trasparente e i seni nudi coperti solo dai capelli corvini: “Ho capito dagli occhi e dai denti aguzzi tra le rosse labbra che ero alla mercé di una vampira”. La donna si china su di lui, coricato, in una sorta di rielaborazione del dipinto di Burne-Jones. Il flashback finisce e Tom racconta di essersi risvegliato in mezzo a una strada.

Una donna araba che porta sventura ritorna nel successivo episodio, The Veiled Dancer of El Oued, dove Terriss accresce lo stile “realistico”, da documentario: Tom e Jimmy parlano agli operatori, seguiti dalle cineprese della troupe. Il corto ripropone una femmina pericolosa, capace di affascinare gli occidentali e portare loro disgrazia, per quanto senza accenni al vampirismo. Tom Terriss e il suo amico Jimmy sono in Algeria. Tom è attratto da una seducente algerina che danza in strada a seno nudo. La fanciulla, però, si rivela anche in questo caso insidiosa, perché indica agli abitanti del luogo la troupe cinematografica così che possano rapinarla. Dopo l’aggressione, Tom e Jimmy finiscono in ospedale, accuditi da una bella infermiera (per altro molto simile alla ballerina di strada) che potrebbe forse essere la vera “donna perfetta”, finalmente individuata.

Concluso l’esperimento precocemente interrotto di Quest of the Perfect Woman, Tom Terriss continuerà la saga delle Vagabond Adventures con altre produzioni, fino alla metà degli anni Quaranta, portando il suo format anche alla radio della NBC e facendo apparizioni sul piccolo schermo all’alba della televisione. I suoi cortometraggi documentaristici in terre esotiche gli avevano portato la celebrità, quasi un anticipatore di odierni programmi come l’italiano Freedom. E si rese talmente noto al pubblico angloamericano appassionato di viaggi e avventure da diventare protagonista dei fumetti, fino agli inizi degli anni Cinquanta, con gli albi Tom Terriss the Vagabond Adventurer, nella collana Famous Funnies: in un episodio (n. 206, 1953) si ricostruisce la sua ipotetica partecipazione all’apertura della tomba di Tutankhamen e la relativa maledizione.

Tom Terriss è morto ultranovantenne nel 1964. Un mese prima era morta sua moglie Mildred, la vampira della danza. 

MARXISTI E VAMPIRI

Nei giorni scorsi è stato disponibile su ARTE, il canale culturale in streaming, il film tedesco Blutsauger (Succhiasangue), che la stessa ARTE ha coprodotto.
Scritto, montato e diretto da Julian Radlmaier, il film è del 2020 ed è stato presentato l’anno dopo alla Berlinale. Le versioni in inglese e in francese portano il sottotitolo Una commedia marxista di vampiri che sintetizza il contenuto del film.

Ambientato in Germania nel 1928, Blutsauger si avvia con le immagini di un “gruppo di lettura” intento a discutere sui brani del Capitale di Marx dove il capitalismo che “succhia lavoro vivo” è paragonato ai vampiri. E se non fosse una metafora e i “padroni” fossero davvero dei vampiri? Su questa domanda si sviluppa la trama, volutamente surreale.
L’attore russo Ljowuschka (Alexandre Koberidze) cerca fortuna in occidente dopo aver interpretato Trotski in Ottobre! di Serghei Eisenstein, per poi constatare che tutte le sue scene erano state tagliate dal film su ordine di Stalin. Fingendosi un barone in fuga dai bolscevichi, Ljowuschka fa la conoscenza della bizzarra intellettuale, e ricca ereditiera, Octavia (Lilith Stangenberg). In realtà è una vampira come gli altri esponenti della sua classe sociale, ma Ljowuschka si innamora di lei e non vuole credere che sia una succhiasangue, anche quando lui stesso è morso al collo. Per aiutare il russo a fare carriera nel cinema, tra l’altro, Octavia realizza un film di vampiri, dove lei in persona recita la parte della vittima di un vampiro cinese. Nonostante tra la popolazione aumentino le morti attribuite ai vampiri, i proletari-rivoluzionari sono incapaci di capire la realtà: decidono che il vero vampiro è l’orientale del film e si accaniscono su capri espiatori, assolvendo così la ricca Octavia e gli altri borghesi-vampiri che restano liberi di continuare le loro attività predatorie.

Il film è costruito su interminabili scene con camera fissa, rese tollerabili dall’ottima fotografia, e su dialoghi da teatro dell’assurdo. La stessa ambientazione storica è paradossale, con abiti odierni accanto a vestiti d’epoca e con espliciti sfasamenti temporali: ad esempio, vediamo Jakob (Alexander Herbst), assistente-maggiordomo vampirizzato da Octavia, bere un’anacronistica lattina di cocacola negli anni Venti del secolo scorso.

Blutsauger è l’ennesima dimostrazione delle infinite suggestioni che il tema vampiresco continua a suscitare, prestandosi agli approcci più svariati. Al di là del giudizio sulla riuscita dell’esperimento, qui il vampirismo è occasione per una satira contemporaneamente dei marxisti “ortodossi” e della borghesia anticomunista.

QUATTRO VAMPIRI A VENEZIA

I soliti becchini-in-anticipo-sulle-esequie da tempo davano per morto il cinema di vampiri (almeno dagli anni Novanta del secolo scorso). Sembra che siano stati frettolosi, a giudicare dalla florida salute del genere vampiresco sugli schermi, nel 2023. Le infinite possibilità metaforiche offerte dalla figura del vampiro sono permanentemente utilizzate da registi di ogni latitudine, come testimonia la Mostra del Cinema di Venezia 2023. Quattro film proiettati a Venezia, infatti, sono indubitabilmente “film di vampiri”.

El Conde

In concorso, innanzitutto, a Venezia c’è El Conde di Pablo Larraìn, film cileno per Netflix. E la storia delconte Pinoche (Jaime Vadell), vampiro sfuggito alla Rivoluzione Francese che dopo la Seconda guerra mondiale si rifugia in Cile, assume il nome di Augusto Pinochet e con un golpe nel 1973 sgomina gli odiati comunisti. Resta dittatore per anni, poi finge la sua morte e si nasconde, stanco della sua lunga esistenza e annoiato. Vuole lasciarsi morire, ma i suoi familiari intendono spartirsi al più presto l’eredità e usano la suora Carmen (Paula Luchsinger) per circuire il vecchio vampiro. Girato in bianco e nero, El Conde non è solo satira politica, ma arricchisce di molti altri rimandi e suggestioni la vecchia metafora sociale del vampirismo che “succhia il sangue del popolo”.

Le vourdalak

Presentato alla Settimana della Critica è invece Le vourdalak del francese Adrien Beau, girato in 16mm e ispirato a un noto racconto di Aleksej K. Tolstoj. Un nobile francese (Kacey Mottet Klein) per sfuggire ai banditi nei Balcani chiede ospitalità a una famiglia. Il ritorno del capofamiglia Gorka si rivela catastrofico, dato che l’anziano è diventato un vampiro (interpretato non da un attore, ma da un burattino con la voce del regista). Il vecchio aveva chiesto di essere ucciso se fosse tornato dopo più di sei giorni, ma i figli si rifiutano di esaudire il suo desiderio. Intanto, il francese è affascinato da Zdenka (Ariane Labed), figlia di Gorka.
Il racconto di Tolstoj aveva già ispirato due film italiani: un episodio di I tre volti della paura (1963), diretto da Mario Bava, con Boris Karloff nella parte del vampiro, e La notte dei diavoli (1973) di Giorgio Ferroni. Da segnalare anche tre film prodotti in Urss e poi in Russia, Semia vourdalakov (La famiglia del vurdalak, 1990) di Gennadiy Klimov e Igor Shavlak, Papa, oumer Ded Moroz (Papà, Nonno Gelo è morto, 1991) di Evgueni Youfit, Vourdalaki (I vurdalak, 2017) di Sergei Ginzburg.

En attendant la nuit

Vampiri adolescenti sono al centro di altri due film proiettati a Venezia. Il primo, En attendant la nuit, diretto da Céline Rouzet che viene dal cinema d’inchiesta, è un film franco-belga in concorso nella sezione Orizzonti. Negli anni Ottanta, in un villaggio francese di montagna abita in completo isolamento sociale il giovane vampiro Philémon (Mathias Legoût-Hammond), che non può esporsi al sole e sopravvive grazie alle sacche di sangue rubate dalla madre in un centro per le trasfusioni. La famiglia deve spostarsi di città in città per proteggere il figlio dal pregiudizio e dall’ostilità. Philémon si innamora della coetanea Camila (Céleste Brunnquell), ma la sua diversità lo farà oggetto della violenza che cova nella piccola comunità apparentemente equilibrata e serena.

Vampire humaniste cherche suicidaire consentant

Il disagio adolescenziale torna in Vampire humaniste cherche suicidaire consentant, debutto della regista canadese Ariane Louis-Seize, proiettato a Venezia per le Giornate degli Autori. In una cittadina di provincia risiede Sasha (Sara Montpetit), giovane vampira che si rifiuta di uccidere e beve con la cannuccia dalle sacche per la trasfusione del sangue. Anche in questo caso c’è l’incontro con un coetaneo, Paul Fèlix (Antoine-Bènard), che ha difficoltà scolastiche e vari tentativi di suicidio al suo attivo. Il rapporto tra la ragazza che non vuole uccidere e il ragazzo che vuole morire finirà con il “dono” del vampirismo.

GLI ALTRI VIAGGI DEL “DEMETER”

E’ appena arrivato nelle sale il film Demeter – Il risveglio di Dracula di André Øvredal. Nel recente passato, però, non sono mancati gli omaggi alla traversata della nave Demeter verso l’Inghilterra, come descritta in Dracula di Bram Stoker. A parte le sequenze di vari film su Dracula in cui si assiste al viaggio navale del vampiro (per primi Nosferatu di F.W. Murnau e Dracula di Tod Browning), una specifica attenzione è stata dedicata a quella parte del romanzo. Un esempio interessante è Demeter (Edicions de Ponent, Alicante 2007), con testi e disegni di Ana Juan. Il volume illustrato riproduce parti del registro di bordo “da Varna a Whitby” accompagnato da grandi immagini a tutta pagina. Il volume, tra l’altro, contiene un breve saggio di Felipe Hernandez Cava sul rapporto tra Stoker e il mare. Curiosamente, il vampiro per quanto stilizzato ha le stesse caratteristiche animalesche simili a un pipistrello che si ritrovano nel film Demeter – Il risveglio di Dracula.

La copertina e un’illustrazione di Demeter.
Una doppia pagina da Demeter.

Un fumetto pubblicato nel 2010 dalla IDW in quattro albi aveva addirittura un sottotitolo identico al film di Øvredal, che in originale è The Last Voyage of the Demeter. Si tratta di Death Ship – The Last Voyage of the Demeter, scritto da Gary Gerani e illustrato da Stuart Sayger. Con suggestivi disegni a colori si ripercorrono le allucinazioni della ciurma, decimata dal vampiro, fino a che resta solo il capitano (non manca un bambino a bordo). Anche in questo caso il vampiro sulla nave ha l’aspetto mostruoso delle illustrazioni di Ana Juan e del film di Øvredal.

La copertina del n. 4 di Death Ship e una tavola del fumetto.
Un’altra immagine da Death Ship.

Nel 2012 è stato girato un cortometraggio ispirato alle stesse pagine del romanzo di Stoker, The Final Voyage of the Good Ship Demeter, diretto da Bryan Enk. E’ un monologo in cui si raccontano gli orribili eventi sulla nave, con il protagonista inquadrato continuamente in primo piano. Enk è un filmmaker dell’Ohio che ha la passione (o l’ossessione) per Dracula di Stoker. Ha dedicato una lunga serie di sue opere al celebre personaggio. Innanzitutto la trilogia Dracula (1993), Dracula Returns (1994) e Blood Daughter (2022). Poi il corto Mina Seward (2001) e il monologo The Curious Case of R.M. Renfield (2006). ​In lavorazione dal 2007, è annunciato per il 2023 The Heartless Cruelty of Lucy Westenra, altro monologo ispirato a Stoker. I film di Enk sono visibili su Vimeo.

The Final Voyage of the Good Ship Demeter, diretto da Bryan Enk.

Da segnalare, infine, lo spettacolo teatrale Nosferatu del Proper Job Theatre, in tour per la Gran Bretagna nel 2015. Riportiamo dal libro Nosferatu – Il capolavoro di F. W. Murnau un secolo dopo: “Su un testo scritto dal poeta inglese Ian McMillan e con musiche di Rod Beale, si svolge interamente a bordo della nave che trasporta il conte Orlok (da Varna a Whitby, come nel romanzo). La scena è quasi buia, con effetti speciali creati da un illusionista, tre soli attori e una cantante. Orlok di fatto non si vede, ma ‘possiede’ il corpo del capitano della nave. Dopo essere stato vampirizzato, il capitano si toglie il lungo soprabito e rivela la militaresca giacca con i bottoni di Orlok, protendendo le mani ad artiglio”.

Nosferatu del Proper Job Theatre.

VAMPIRI ADOLESCENTI SUPEREROI

Si è appena conclusa con il sesto albo la serie a fumetti “Night Club”, dove dei giovani vampiri diventano una sorta di supereroi giustizieri.
La genesi di “Night Club” ci indica che alcuni meccanismi dei media e dell’intrattenimento stanno cambiando. Un tempo capitava che film e serie tv fossero tratti da fumetti di successo, o viceversa che un fumetto si ispirasse a film e serie di successo. Ora il fumetto diventa invece un laboratorio per esperimenti, da usare prima di produrre una serie.

Nel 2020 lo scozzese Mark Millar, in passato autore di punta per la DC e la Marvel, è stato incaricato da Netflix di preparare un progetto per una serie tv su teenager vampiri. Prima di passare alla concretizzazione della serie, Millar ha deciso di sperimentare il soggetto della serie in forma di comic. Inizialmente commissiona delle copertine di prova a Greg Capullo, Ben Oliver e Ben Templesmith, poi passa a realizzare il fumetto con i disegni di Juanan Ramirez, 6 albi per la Image Comics.
C’è anche un po’ di Italia, tra l’altro, nel fumetto della Image: Giovanna Niro e Fabiana Mascolo si occupano dei colori, mentre Matteo Scalera firma un paio di copertine.

La trama di “Night Club” può essere spoilerata in poche righe.
Danny, uno youtuber diciassettenne, precipita da un palazzo durante una ripresa e, in ospedale, è vampirizzato da uno strano personaggio con tesserino della polizia: il detective Laskaras. Sotto la sorveglianza del poliziotto, Danny acquisisce così i (super) poteri di un vampiro: domina i topi e i pipistrelli, è incredibilmente forte e con sensi acuiti, si può trasformare in nebbia e nugoli di pipistrelli, ha abilità ipnotiche. Ma il sole, nella miglior tradizione vampiresca, lo può distruggere.
Indossando una maschera che evoca quelle dei lottatori messicani, Danny morde e trasforma i suoi amici Amy e Sam. Orgogliosi dei poteri acquisiti come vampiri, i tre si dedicano a vincere partite di pallacanestro e ad agire come vigilantes contro i criminali, postando poi sui social le loro imprese. Peccato che una banda di motociclisti vampiri capeggiati da Gunner Joe, gigantesco ex soldato della guerra civile di 160 anni, non gradisca tanta pubblicità che può smascherare l’esistenza dei nonmorti. Con la banda c’è sorprendentemente anche Laskaras: era un poliziotto sotto copertura nei bassifondi, prima di essere morso e rapito dai motociclisti di Gunner Joe. Ora medita nascostamente vendetta e vuole distruggerli, per questo recluta nuovi vampiri “dalla parte del bene”.
Catturati dalla banda, i tre ragazzi sono nei guai. Laskaras, scoperto, viene decapitato con una spada e a loro per restare vivi è ordinato di uccidere i genitori. I tre si rifiutano di accettare quel ricatto terribile e fanno saltare in aria il covo dei vampiri, mentre Danny lotta con Gunner Joe fino a farlo disintegrare al sole. I tre ragazzi vampiri tornano a scuola, con il volto coperto per evitare il sole: spiegano agli insegnanti che dopo il covid soffrono di fotofobia. Ma anche se riprendono una vita apparentemente normale, i tre vogliono ancora sfruttare i loro poteri vampirici. Creano una loro sede ribattezzata “Night Club” e diventano ricchi come youtubers riprendendo le loro imprese. L’ultima tavola di quello che viene annunciato come “volume one” fa presagire un seguito dove i tre ragazzi vampiri non andranno più d’accordo. Sam, infatti, è geloso della storia d’amore tra Danny e Amy e recluta i bulli del quartiere per creare una sua gang personale.

La storia non brilla per originalità, anche sul piano vampiresco, dato che non sono mancati esempi di vampiri “supereroi” o giustizieri (ma almeno il fumetto non tenta le ennesime innovazioni sulle caratteristiche dei vampiri: questi sono classici succhiasangue, “come quelli del cinema” si specifica). Curiosa l’idea di una vecchia vampira incartapecorita, Bloody Mary, dalle origini misteriose e che parla una lingua sconosciuta, conservata dalla banda di motociclisti immersa nel liquido di una vasca.

Ci sarà un “volume two” del fumetto e soprattutto ci sarà la serie tv Netflix?
Nel fumetto tutti i personaggi più interessanti (in particolare i vampiri Laskaras, Gunner Joe e Bloody Mary) sono stati eliminati, quindi per un seguito restano solo i ben poco originali ragazzini supervampiri.
Della serie, attendiamo notizie. Certo il fumetto ci risparmia eccessi politically correct (solo Sam è di colore e non ci sono personaggi fluidi, omo, trans, ecc.). Se ci sarà la serie tv siamo sicuri che le cose rimarranno così, visti gli algoritmi preferiti da Netflix? Si accettano scommesse.

“DRACULA IL VAMPIRO” (1958) A FUMETTI

“Nel 1965, sul numero 32 della celebre rivista ‘Famous Monsters of Filmland’ (nata sette anni prima proprio sull’onda del successo del film Dracula il vampiro‘) è pubblicato il fumetto Horror of Dracula, scritto da Russ Jones e disegnato da Joe Orlando, che riassumeva il film in 7 pagine, basandosi sulle foto più note di Tom Edwards e sui fotogrammi originali. Così si apre il fumetto: ‘Un uomo che da otto secoli brama vendetta. Un uomo dominato da una cieca follia per il sangue! Temuto per anni dai viventi… padrone dei morti… Questo era… l’orrore di Dracula’” (dal libro Dracula il vampiro – Il capolavoro della Hammer 65 anni dopo).

Per chi segue “Vampyrismus” ecco in PDF il fumetto completo.

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DRACULA SENZA CONFINI: IL MANGA #DRCL

Dracula, il romanzo di Bram Stoker, a distanza di quasi 130 anni resta una fonte inesuribile di suggestioni e idee per l’immaginario contemporaneo. I personaggi di quel testo sono stati e sono rimaneggiati, riscritti, modificati in infinite varianti. Sorprende per fedeltà al romanzo e nello stesso tempo per innovazione radicale un manga recente, #DRCL. Uscito a puntate dal 2020 su una rivista giapponese di manga e poi riunito in volumi, è appena giunto in Giappone al terzo volume. Il primo volume è atteso in italiano per le Edizioni BD a settembre 2023.

Le copertine dei primi tre volumi.

I raffinati disegni ci accompagnano in una riscrittura apparentemente figlia del politically correct, con l’inserimento nella classica storia stokeriana di tematiche omosessuali, transessuali ed etniche. In realtà non è la solita presenza obbligata di temi e figure che gli “algoritmi” odierni impongono a sceneggiatori e scrittori (abbiamo già parlato su “Vampyrismus” di esempi a loro modo grotteschi in questo senso). In #DRCL, al contrario, tutto è estremizzato e stravolto, pur rimanendo incredibilmente aderente al testo e allo spirito del romanzo di Stoker. La scelta di proporre personaggi adolescenti come protagonisti, uniti dalla frequentazione di una scuola, è già stata utilizzata da manga e anime diverse volte, ma mai con l’estremismo dissacratore di #DRCL (con tanto di atti blasfemi in una chiesa, per esempio). Le diversità di genere non sono proposte con il mieloso perbenismo di tante serie tv americane, ma con fantasiosa crudezza, al punto da renderle mostruose.

Una tavola dal primo volume.

La vicenda è fatta di continui omaggi al libro di Stoker, anche alla lettera. L’inizio vede il tradizionale arrivo sulle coste inglesi della nave russa Demeter, con il suo carico di casse dal contenuto inquietante. Questo permette a #DRCL di incentrare l’ambientazione ottocentesca in una scuola esclusiva di Whitby, la città costiera che Stoker aveva scelto per l’approdo del vampiro. I personaggi hanno gli stessi nomi del romanzo, ma sono tutti adolescenti o giovani.

I personaggi principali

Mina Murray, con due lunghe trecce di capelli rossi, è un’esperta lottatrice di catch wrestling, goffa e sgraziata, con la passione per la scrittura. La sua amica Lucy Westenra è in realtà il maschio Luke che per uno sdoppiamento di personalità diventa donna di notte: è la prima vittima di Dracula che con i suoi morsi la fa avvizzire. Non mancano Arthur Holmwood, studente aristocratico e vigliacco, e Quincey Morris che qui è un ricco ragazzo afroamericano del Texas dedito a bullizzare Mina. Joe Suwa è il John Seward del romanzo di Stoker, qui trasformato in un giovane fotografo giapponese che vuole fare il medico. Renfield è una suora diventata devota adoratrice di Dracula e tenuta sotto contrallo da Suwa nella sua abitazione. Van Helsing, giovanotto tatuato e sfregiato, fa l’insegnante alla scuola di Whitby. E poi c’è Dracula che ha una caratteristica straordinaria e inedita: ha il controllo del mondo vegetale, oltre a quello animale ben noto. Non solo, in virtù della sua appartenenza all’Ordine del Drago ha la capacità di apparire sotto forma di drago volante (ma alle sue vittime si presenta anche come giovane ballerino dai lunghi capelli corvini).

Il morso di Dracula.

A scrivere e disegnare #DRCL è Shinichi Sakamoto, artista cinquantenne già autore tra l’altro del breve manga Dorachuu (2020), storia del vampiresco amore omosessuale tra due bambini di 10 anni. In Transilvania il giovanissimo Bloody, figlio di Dracula, fa amicizia con l’orfanello Quincey, cieco da un occhio. Bloody è perseguitato dal padre che lo considera un figlio degenere perché si ciba di frutta e beve solo il proprio sangue. Per dare energia all’amico vampiro così che possa sfuggire all’ira di Dracula, Quincey chiede di farsi vampirizzare. L’uno a disagio nel mondo dei vampiri, l’altro a disagio nel mondo degli umani, Bloody e Quincey da allora passeranno 400 anni insieme. Dorachuu, quindi, si presenta come un’anticipazione delle vicende deliranti che Sakamoto propone in #DRCL.

Il figlio di Dracula in Dorachuu.

IL VAMPIRO CON LA SCIMITARRA / 2

Le avventure di Andrej Delãny, il “vampyr” creato nel 1999 dallo scrittore tedesco Wolfgang Hohlbein, continuano dopo i primi sei volumi e si arricchiscono di numerosi episodi fino al 2017. Proseguiamo quindi il censimento della saga Die Chronik der Unsterblichen (Le cronache degli immortali), dopo la prima parte.

Andrej, Abu Dun e Frederic

I TITOLI DELLA SAGA / seconda parte

Der Gejagte (La preda, 2004)
Nel 1565 Andrej e Abu Dun da tre anni vivono a Malta, il primo è Cavaliere dell’Ordine di Malta, il secondo convive con una giovane vedova. Quando giunge notizia di un prossimo attacco turco all’isola, Jean de la Valette, Gran Maestro dei Cavalieri Ospitalieri dell’Ordine di Malta, invia Andrej e Abu Dun a Costantinopoli come spie. I due devono affrontare un potentissimo vampiro e scoprono che i turchi hanno grandi forze militari a disposizione. Tornati a Malta, dopo la morte della compagna di Abu Dun i due guerrieri lasciano l’isola alla ricerca di un rifugio più sicuro.

Die Verfluchten (La maledetta, 2005)
Andrej e Abu Dun si trovano nel deserto della Libia quando vengono rapiti da mercanti di schiavi. Tra i prigionieri fanno la conoscenza della nubiana Meruhe che in realtà da millenni è una immortale come loro ed è una dea dell’antico Egitto. Andrej si innamora di Meruhe, sconfigge i mercanti di schiavi e, nella conclusione che si svolge nella Valle dei Re, ottiene anche un ricco patrimonio.

Blutkrieg (Guerra di sangue, 2007)
Si tratta di un volume “speciale” diviso in cinque episodi. Andrej e Abu Dun sono a caccia di un lupo mannaro quando incontrano una ragazza e la accompagnano nel suo villaggio sulla costa. La popolazione è in pericolo per gli attacchi dei licantropici guerrieri Dauga che viaggiano sulla nave “Schiuma nera”. Sconfitti i Dauga, Andrej vuole riportare nella loro patria i cadaveri dei guerrieri uccisi, ma sulla nave due misteriosi corvi fanno risorgere i morti. Andrej e Abu Dun riescono a raggiungere un’isola che appare come un deserto di ghiaccio. In una caverna fanno la conoscenza del giovanissimo Lief e di sua sorella Liftrasil. Andrej è sedotto dalla ragazza, che però si rivela un ragno gigantesco. Nel combattimento, Abu Dun rimane gravemente ferito e rischia di morire. Per salvarlo Andrej chiede l’aiuto della potente strega mutaforma Gryla. Dopo aver passato una notte con Andrej e aver risanato Abu Dun, la strega spiega loro come lasciare l’isola. I due guerrieri si imbarcano su una nave vichinga e scoprono che l’equipaggio è formato da lupi mannari.

Das Dämonenschiff (La nave dei demoni, 2007)
Andrej e Abu Dun sono catturati da un gruppo di norvegesi e portati nel loro villaggio, dove assistono all’assalto da parte di feroci creature. Thure, il capo del villaggio, chiede ad Andrej di aiutare il suo popolo contro gli attacchi di Odino, il dio corvo. Andrej, che nel frattempo si è innamorato di Urd, la sorella di Thure, accetta la richiesta e con i vichinghi combatte una nave di esseri mostruosi e Sleipnir, il cavallo di Odino che è una sorta di ragno a otto zampe. Infine con una spada fatata deve affrontare Loki, il dio norreno degli inganni.

Göttersterben (La morte degli dei, 2008)
Siamo nel 1588. Nel porto di Cadice, mentre l’Armada spagnola sta per dare battaglia agli inglesi, Andrej e Abu Dun proseguono la lotta contro il dio mutaforma Loki. Indebolito da un proiettile avvelenato nella testa, Andrej deve fronteggiare i tranelli di Loki, fino a uno scontro apparentemente decisivo a bordo di una nave diretta in America.

Glut und Asche (Braci e ceneri, 2009)
Nel 1666 Andrej e Abu Dun sono a Londra a caccia di Loki che è sopravvissuto. Incontrano la dea Meruhe e un gruppo di bambini vagabondi, il cui leader dodicenne si chiama Frederic, ma non assomiglia all’omonimo partner di Andrej. Il ragazzino uccide una ragazza e fa incolpare Andrej che viene imprigionato e torturato: il suo aguzzino, Marcus, sostiene di essere un discendente di padre Domenicus. Mentre Londra è in fiamme per il celebre incendio della città, Andrej viene liberato da Abu Dun e Meruhe. Frederic è proprio l’omonimo ragazzo in un nuovo corpo, ma ormai crudele dopo l’incontro con Dracula. Andrej con l’aiuto di Abu Dun e Meruhe affronta i vampiri di Frederic che riesce a scappare. Per accrescere la sua potenza, Andrej mescola il proprio sangue con quello di Meruhe e può così affrontare Loki. In uno scontro sul London Bridge, Meruhe salva Andrej ferendo il cuore di Loki. Andrej scopre che Frederic è in realtà il suo defunto figlio Marius e nel corso della storia si apprende anche che Maria è morta e che il responsabile è Dracula.
Le avventure di questo libro sono state arricchite qualche anno dopo dal racconto lungo Seelenraub (Furto di anime, 2013) ambientato ancora a Londra nel 1666, dove Andrej e Abu Dun devono combattere i Djin e si fa riferimento anche alla spada Excalibur. Il racconto è stato pubblicato per lanciare un successivo volume, Pestmond.

Der schwarze Tod (La morte nera, 2010)
Andrej e Abu Dun sono alla ricerca di Marius/Frederic. Il ragazzo è richiuso in un manicomio su un’isola, con un fedele topo gigante. Marius non solo può possedere le persone, ma comanda i topi che usa per compiere la sua vendetta contro Andrej. Nel frattempo il cavaliere ha una storia d’amore con la bella Corinne e incontra nuovamente Meruhe. Abu Dun, dopo il morso di un topo di Marius, cerca di uccidere Andrej. Nel finale, Meruhe elimina Marius e cade in una fornace.

Der Machdi (Il Machdi, 2011)
Andrej e Abu Dun sono a Costantinopoli dove gli uomini del sultano combattono contro i seguaci del misterioso Machdi, capo di una setta che assume una potente droga per ottenere forza straordinaria. Abu Dun prova quella droga e ne diventa dipendente. Andrej e Abu Dun partono per l’Egitto con Sharif, capo dell’esercito, per eliminare il Machdi e liberare Murida, la figlia del sultano. Nel classico colpo di scena che non manca mai nei volumi della saga, Sharif si rivela il padre di Murida. Lo scopo del sultano era di utilizzare i due immortali per le sue mire di conquista. Nel corso delle avventure, Abu Dun perde una mano e Murida è ferita a morte: per salvarla, Andrej la rende una immortale. Mentre Murida diventata vampira semina vittime, Andrej e Abu Dun riescono a fuggire.

Pestmond (Pestilenza, 2013)

E’ il 1669. Abu Dun è morto per la droga del Machdi e Andrej accetta la proposta di un misterioso personaggio, Hasan as Sabah: l’uomo riporterà in vita Abu Dun se Andrej in cambio uccide Papa Clemente IX. Abu Dun risorge e con Andrej, Hasan e la figlia Ayla partono per Roma. A Jaffa, però, sono attaccati da morti viventi che mordono Andrej, contaminandone il sangue. Dopo innumerevoli vicissitudini in mare e su un’isoletta, scoprono che Hasan as Sabah è in realtà il Papa.

Nekropole (Necropoli, 2013)
Tornati a Roma, Andrej e Abu Dun (che ha sostituito la mano perduta con una protesi di ferro) trovano la città assediata dai morti viventi. Il Papa, alias Hasan, è stato rapito con Ayla e i due immortali si mettono alla sua ricerca. Raggiunta la necropoli sotto il Vaticano, combattono gli zombi che si rivelano creati da Ayla: Andrej e Abu Dun devono eliminare la ragazza.

Dunkle Tage (Giorni bui, 2017)
A Roma, Andrej e Abu Dun sono aggrediti in un’imboscata, ma gli uomini del cardinale Altieri li salvano. Come ricompensa, il cardinale vuole che i due immortali vadano in missione segreta nella città di Hamblen, dove infuria la peste. In città, Andrej e Abu Dun devono affrontare cavalieri misteriosi e creature mostruose che rapiscono i bambini. Hamblen (che ovviamente allude a Hamelin, la città del pifferaio magico secondo la fiaba) è infestata da topi aggressivi contro i quali devono battersi i due guerrieri immortali. Attualmente è l’ultimo libro della saga, senza però che contenga una conclusione. Non è escluso un seguito.

GLI IMMORTALI MULTIMEDIALI

Quasi tutti i romanzi della saga Cronache degli immortali sono stati trasformati in audiolibri (in lingua tedesca) da Egmont, Bastei Lübbe e Audible Studios.

Copertine di due edizioni degli audiolibri per Der Vampyr

I primi tre romanzi della saga hanno avuto una trasposizione a fumetti, elegante e di successo. I testi erano di Benjamin von Eckartsberg, fedele alle storie originali quasi alla lettera. Il primo episodio aveva disegni di Thomas von Kummant, mentre i due seguenti di Chaiko, con un accurato uso del colore. Le tre avventure a fumetti sono state pubblicate anche in Italia, nel 2015, da Editoriale Cosmo in tre albi: L’abisso, Il vampiro, Il colpo di grazia.

Tavole dai fumetti ispirati alle Cronache degli immortali

I personaggi delle Cronache degli immortali sono stati rielaborati per un’opera rock, Blutnacht, che ha debuttato nel gennaio 2012 al Pfalztheater di Kaiserslautern. Il gruppo progressive metal Vanden Plas, del quale Wolfgang Hohlbein è un fan, ha scritto per la messa in scena 19 canzoni. La Frontiers Records ha poi pubblicato due album con i brani dei Vanden Plas, Chronicles of the Immortals – Netherworld (Path 1) nel 2014 e Chronicles of the Immortals – Netherworld (Path 2) nel 2015.
Il libretto dell’opera rock era scritto dal cantante dei Vanden Plas, Andy Kuntz, insieme a Hohlbein e a Dieter Winkler. Lo spettacolo riproponeva vicende e personaggi delle Cronache degli immortali, mettendo in scena anche molti combattimenti con la scimitarra.

L’opera rock Blutnacht


In occasione dell’omonima opera rock, Hohlbein ha scritto con Dieter Winkler un romanzo, Blutnacht (Notte di sangue, 2012), che permette di capire i rimaneggiamenti della storia per la messa in scena a teatro. Le avventure comparse in diversi volumi della saga sono sintetizzati e modificati. Andrej Delany e Abu Dun si separano: il primo va in Transilvania sulla tomba del figlio Marius, mentre il secondo è in viaggio per Londra alla ricerca di Frederic che è diventato il capo dei bambini di strada agli ordini del dio Loki. Andrej è attaccato da un misterioso cavaliere nero ed è ferito gravemente. Compaiono la sua amata Maria e suo fratello Domenicus, l’inquisitore. Domenicus salva Andrej con un elisir, che però perde l’immortalità. La dea Meruhe propone ad Andrej di diventare un dio, ma in cambio deve rinunciare alla sua umanità e a Maria. Quando Andrei sta per accettare il patto, Abu Dun lo ferma.

Andrej e Maria in Blutnacht

IL VAMPIRO CON LA SCIMITARRA

Wolfgang Hohlbein, nato a Weimar nel 1953, è uno degli autori tedeschi di fantasy e fantastico più noti in patria, ma che vanta anche innumerevoli traduzioni in tutto il mondo (dichiara di aver venduto più di 40 milioni di copie). A lui si deve una lunga saga incentrata sul guerriero transilvano Andrej Delãny, immortale vampiro. Una ventina di titoli, per migliaia di pagine (molti volumi si aggirano tra le 500 e le 700 pagine), che si sono estesi ad altri media: l’audiolibro, il fumetto, il teatro.

Illustrazione di Peter Popken ispirata al vampiro Andrej

I vampiri sono ricorrenti nella infinita produzione di Hohlbein. Probabilmente il primo riferimento al vampirismo compare all’interno di una lunga saga, nota in Italia come “Il ciclo dello stregone”, arrivata a una sessantina di episodi, ambientata nell’universo di H.P. Lovecraft e firmata inizialmente con lo pseudonimo collettivo Robert Craven. Tra gli innumerevoli volumi della serie, infatti, c’è Die Chrono-Vampire (I cronovampiri, 1985; trad.it. All’ombra della bestia in W. Hohlbein, L’orma dello stregone, Armenia, 2008), mentre un altro romanzo in tema, singolo, è Dunkel (Buio, 1999), dove Vlad Tepes Dracula, vampiro, miete vittime nella Germania di oggi: il personaggio, però, non ha riferimento con il Draculea che comparirà nelle Cronache degli immortali. L’argomento vampiresco è anche al centro di Unheil (Malvagità, 2007; trad. it. I seguaci del vampiro, Newton Compton, 2009), con uno psicopatico serial killer definito “Il Vampiro del Reno” e un misterioso Vlad che contatta la polizia vestito da Dracula.
Nel 1999 si avvia la saga Die Chronik der Unsterblichen (Le cronache degli immortali), dove si raccontano le avventure di Andrej Delãny. Nel primo romanzo della saga non compare mai la parola “vampiro” per descrivere la condizione di Andrej e i suoi strani poteri. Solo con il secondo episodio si afferma che Andrej è un “vampyr” e il termine sarà utilizzato correntemente in tutti i libri successivi.
I vampiri delle Cronache hanno caratteristiche precise: bere sangue di altri vampiri dà loro una forza straordinaria; con i loro sensi acuti possono percepire la presenza di altri vampiri; possono assorbire energia dalle loro vittime anche senza morso.
La saga presenta “luoghi comuni” ripetuti sostanzialmente in ogni libro: un continuo susseguirsi di descrizioni dei combattimenti tra i due eroi della serie e i loro avversari; un momento quasi immancabile in cui Andrej è catturato e torturato; la lotta dello stesso Andrej contro i suoi istinti vampireschi e la sua ostinazione nel negare sempre l’esistenza dei vampiri; infine un cliffhanger in chiusura dei volumi per preannunciare il libro successivo.

Solo i primi tre volumi della saga sono stati tradotti in italiano.

Dal fumetto Il vampiro

I TITOLI DELLA SAGA / prima parte

Am Abgrund (Nell’abisso, 1999; trad. it. Nell’abisso, Editrice Nord, 2005, poi ristampato per Tea con il titolo Il sangue del cavaliere)
XV secolo. Andrej Delãny dopo un lungo esilio torna a Borsã, il suo villaggio della Transilvania. Gli abitanti sono stati sterminati o deportati dall’esercito dell’inquisitore Domenicus e tra le vittime c’è anche Marius, il giovanissimo figlio di Andrej. L’unico scampato è Frederic, un ragazzino amico di Marius. Con lui Andrej parte nella speranza di salvare i prigionieri, e giunge nella città portuale di Costanza. Nel corso del viaggio i due sono aggrediti, ma Andrej guarisce quasi istantaneamente da ogni ferita o ustione. A poco a poco sarà evidente che si tratta di un immortale, con capacità straordinarie sin dall’infanzia: proprio quelle sue inquietanti stranezze avevano provocato il suo allontanamento da Borsã. In città Andrej si innamora di una ragazza misteriosa, Maria, ma scopre che è la sorella dell’inquisitore Domenicus. Durante uno scontro con gli uomini dell’inquisitore, Frederic ferisce gravemente Domenicus, provocando la disperazione di Maria. Dopo un tentativo di fuga, Andrej è catturato dal duca di Costanza. Mentre Andrej è prigioniero, il cavaliere Malthus gli dice di essere un immortale come lui. Dopo che gli ha spiegato come si può uccidere uno di loro, Malthus affronta Andrej in un duello violento, vinto da quest’ultimo. Bevendo il sangue della sua vittima Andrej si rinvigorisce e fugge. Il duca è ucciso da Frederic, che si rivela a sua volta un immortale. Andrej ha appreso che i superstiti di Borsã sono prigionieri sulla nave del mercante di schiavi africano, il gigantesco Abu Dun: con il ragazzino, Andrej decide di inseguire lo schiavista.

Der Vampyr (Il vampiro, 2000; trad. it. Il principe Vlad, Editrice Nord 2006)
Andrej e Frederic giungono a bordo della nave di Abu Dun che sta risalendo il Danubio. Un vascello nero, comandato da un cavaliere che indossa un’armatura rosso sangue irta di punte, dà alle fiamme la nave: soltanto Andrej, Frederic e Abu Dun riescono a salvarsi. A terra, si trovano coinvolti nella guerra tra i soldati turchi e gli uomini del cavaliere rosso, il principe Vlad Tepes, detto Dracula. Catturati dal principe, apprendono che Domenicus e Maria sono suoi ospiti e chiedono che Andrej sia consegnato a loro. Per lasciarli scappare, il principe chiede ad Andrej e Abu Dun di uccidere il sultano. I due accettano, aiutati da Vlad, una guardia del principe. Ma Vlad propone ai due guerrieri di eliminare il principe, a suo parere diventato un mostro. E’ una trappola: Vlad in realtà è proprio il principe Dracula che ha come scopo di ottenere l’immortalità dai vampiri. Dracula fa decapitare Domenicus, sevizia Maria, ma è ucciso dai turchi. Il suo spirito si impadronisce di Frederic che ora è spietato e assetato di sangue: “Cos’avevano creato?” è la domanda che chiude il libro.

Copertine dell’edizione francese e di quella italiana per Der Vampyr

Der Todesstoß (Il colpo di grazia, 2001; trad. it. Il rogo dell’inquisitore, Editrice Nord 2006)
Dieci anni dopo la precedente avventura, Andrej sta attraversando l’Europa con Abu Dun per ritrovare Maria. In un villaggio della Baviera salvano una ragazza dal rogo degli inquisitori e Andrej capisce che è come lui, una vampira. La ragazza, però, soffre di una grave febbre e muore, dopo aver rivelato che la Puuri Dan, un’anziana donna cieca, conosce il segreto degli Immortali. Andrej scopre così che i vampiri possono essere uccisi da una malattia. Andrej e Abu Dun giungono al villaggio di Trentklamm, dove sgominano i lupi mannari che infestano il paese.

Der Untergang (La caduta, 2002)
Un anno dopo, Andrej e Abu Dun stanno ancora cercando la Puuri Dan. La trovano nella Germania centrale, ma non ha nulla da rivelare. Sua figlia, Elena, è a capo di una covata diabolica e viene uccisa da Andrej. Abu Dun è trasformato in vampiro e continua il viaggio con Andrej.

Die Wiederkehr (Il ritorno, 2003)
Vienna, 1529. Sono passati molti anni dall’ultima avventura. Andrej e Abu Dun arrivano nella città per trovare una spiegazione alla loro condizione di vampiri, ma si trovano coinvolti nell’assedio da parte dei turchi. Difendono Vienna e apprendono che altri vampiri stanno mietendo vittime. I due si scontrano con i turchi e i vampiri, tra i quali trovano Frederic, sempre posseduto dallo spirito di Dracula, ma Andrej non ha la forza di ucciderlo.

Die Blutgräfin (La Contessa Sanguinaria, 2004)
Ancora nel 1529. Alla ricerca della scomparsa Maria e di notizie sull’origine dei vampiri, Andrej e Abu Dun giungono in un piccolo villaggio ungherese, dove avvengono orribili omicidi. Si dice che la responsabile sia una donna misteriosa, chiamata “La Contessa Sanguinaria”. Un incantesimo fa credere ad Andrej che la contessa sia la sua amata Maria, ma è solo un’illusione.

(continua)